Giorno di splendida luce e di intima gioia è questo.
Dopo averlo a lungo atteso e desiderato, nel tempo di Avvento, il Signore Gesù, Dio fatto uomo, è oggi tra noi. Si è rivestito della nostra carne, cammina con noi, entra nella storia degli uomini come nostro fratello e compagno di viaggio.
Dio si è fatto vicino ad ogni uomo che lo cerca.
Lo sapremo accogliere? Lo vorremo riconoscere? Lo sapremo amare e quindi seguire, condividendo le sue scelte, felici di essere stati scelti come suoi amici e discepoli?
Egli si offre a noi nella semplicità di un umile bambino, lui che è “irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza, lui che tutto sostiene con la sua parola potente”, come ce lo ha presentato la lettera agli Ebrei che abbiamo appena ascoltato. Eppure non ha disdegnato di assumere la nostra umanità. Il Verbo si è fatto carne, cioè fragilità e debolezza, come ciascuno di noi.
Per incontrare Dio, basta avere l’umiltà di chinarsi sul Bambino di Betlemme, la più piccola delle città di Giuda, ma luogo già predetto dai profeti per la manifestazione del l’atteso Messia.
Solo i piccoli e gli umili sanno riconoscere nel bambino Gesù il Dio fatto uomo, perché egli usa il linguaggio dell’amore, si lascia riconoscere dentro un alfabeto conosciuto solo da quanti, in tutta semplicità, conoscono questi segni così semplici e immediati, ma tanto densi di significato.
Che ne sa il mondo del linguaggio dell’amore?
E’ avvezzo ad altri linguaggi, molto diversi e tanto difformi dalle scelte di Dio: quello della esclusione, della prevalenza del più forte, del più potente, della violenza, della difesa dei diritti individuali e via di seguito.
Esiste in verità un altro linguaggio, quello del cuore, di chi si china, come Gesù, sul piccolo e sul povero, sul debole e sull’emarginato, di chi si impegna accanto ai bisognosi, ai falliti della vita, agli ultimi.
Il linguaggio di chi non si rifugia nel privato, ma si apre agli altri, di chi stabilisce relazioni amicali con tutti, di chi sa donare tempo e competenze da offrire generosamente agli altri. Il linguaggio della fedeltà che conferma le promesse fatte anche nei momenti dell’ incomprensione.
Il linguaggio dell’amore supera ogni barriera, utilizza ogni occasione, crea nuovi spazi per parlare al cuore di ogni persona, che ha tanta fame di incontro, di essere ascoltata e accolta, incoraggiata e riconosciuta nella sua irripetibile bellezza, a volte tanto soffocata e repressa, così da apparine esteriormente priva.
Far rifiorire sul volto degli altri la gioia di essere vivi, di essere preziosi, desiderati e accolti perché amati dall’unico Dio che è venuto nella nostra carne e si identifica con i più deboli. È’ con questi nostri fratelli che Dio si lascia riconoscere. E attraverso di essi che noi comprendiamo la misericordia di Dio. Egli ci raggiunge tutti, fino gli ultimi tra gli ultimi e per ciascuno ha parole di consolazione e di perdono.
E’ lì che Dio si lascia trovare, perché ad essi rivela la sua gloria.