Cominciamo dalla fine. Ossia dal fatto che questa convocazione del Consiglio Pastorale Diocesano è stata anche l’ultima. Da momento che tutti i consiglieri confluiranno come membri di diritto nei lavori del prossimo Sinodo, e quindi la normale attività del Consiglio viene così sospesa. L’ultima sessione si è tenuta in Seminario. Sono state 24 ore di lavori intensi, dal sabato alla domenica pomeriggio (9-10 febbraio), alla presenza del Vescovo. E qui è doveroso un ringraziamento, soprattutto per quei fedeli laici e famiglie che, pur oberati dagli impegni consueti della vita (familiari e professionali), liberano del tempo (e denaro) da dedicare alla Diocesi e ai suoi organismi di partecipazione. Tra l’altro con un impegno , con una generosità e con una cordialità che sono di lezione anche per molti preti, religiosi e consacrati (che lo fanno “di mestiere”…).
L’altro nota di merito va sicuramente indirizzata al vicario episcopale per la pastorale, don Fabio Fornera, che ha assolto il non facile compito di guidare i lavori così prolungati e intensi del Consiglio. Don Fabio ha saputo congegnare una metodologia di lavoro “sinodale” molto efficace e coinvolgente (evidentemente non improvvisata, ma attinta dalle moderne discipline del management). Alternando il lavoro in piccoli gruppi con le “planetarie”, dove, con l’ausilio dei moderni mezzi informatici, era possibile per tutti intervenire, modificare e approvare le singole proposizioni che venivano via via esaminate. Il tema del Consiglio Pastorale è stato infatti piuttosto ambizioso: mettere a fuoco la realtà delle “comunità pastorali” esistenti in Diocesi, con l’obiettivo di arrivare poi a definire una sorta di “vademecum diocesano” per le comunità pastorali stesse, costituende o già da tempo in essere. Sappiamo che per “comunità pastorale” si intende l’aggregazione stabile di due o più parrocchie limitrofe, sotto la guida di un solo parroco (con l’ausilio di qualche sacerdote collaboratore), in modo tale da avviare forme di collaborazione pastorale che, pur mantenendo l’identità e l’originalità delle singole parrocchie, favoriscano un’azione pastorale maggiormente integrata. L’avvio delle prime “comunità pastorali” risale ormai a più di dieci anni fa. Una scelta quasi obbligata, in ragione dell’evidente calo numerico dei preti, che rende ormai impossibile realizzare l’assioma tridentino “un campanile, un parroco”. Una scelta spesso difficile, in qualche caso anche traumatica (soprattutto laddove non è stata ben preparata e accompagnata), gravida però anche di imprevedibili sviluppi positivi (il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei fedeli laici). Attualmente in Diocesi le parrocchie costituite in “comunità pastorale” sono 260 su un totale di 338 e i numero è destinato ovviamente ad aumentare. Già nel 2013 si era tenuta un’Assemblea diocesana di verifica sulla costituzione e sull’avviamento delle “comunità pastorali”. Quello di sabato e domenica scorsa è stato quindi un secondo , importante, momento di verifica, in attesa del prossimo Sinodo.
Le “comunità pastorali” sono state analizzate sotto differenti aspetti: la ministerialità, i soggetti e i ruoli, la dimensione liturgico/celebrativa, la dimensione dell’evangelizzazione, la dimensione caritativa e la dimensione socio/culturale. Per ciascuna di queste sei aree tematiche, partendo da una sorta di “instrumentum laboris” sono state delineate e discusse una serie di “tesi” (circa 60). Indicazioni preziose perché attinte dall’esperienza diretta di realtà molto varie e diversificate della nostra Diocesi. Le tesi verranno rielaborate da un gruppo ristretto di lavoro, in base agli spunti emersi, per una stesura finale, e, come detto, confluiranno poi in una sorta di “vademecum diocesano per le comunità pastorali”.