Erano solamente sette i primi ospiti accolti per l’ora di pranzo, da “Immensa – Mensa dei poveri di Sondrio”. Quel mezzodì del 3 novembre 2016, giorno di inaugurazione, è nata una nuova struttura che, nel tempo, ha saputo rispondere al bisogno sia materiale che spirituale di migliaia di persone del nostro territorio. Ci sono due motivazioni che stanno all’origine di questo progetto e padre Lorenzo Salinetti, ideatore, le illustra così: “Ho partecipato a diverse riunioni dei Servizi Sociali Territoriali da cui uscita il problema della mancanza di un luogo in cui poter offrire un pasto caldo a chi ne aveva necessità, oltre al fatto che la mensa sociale del Comune di Sondrio avrebbe chiuso di lì a poco. Questa rappresenta la motivazione pratica. Dall’altro lato, esiste anche una motivazione spirituale: l’esigenza di un polo di attrazione per la gente che vuole fare del bene, un luogo in cui si parli di gratuità e che funga da annuncio della carità dentro la città”.
Così ha preso vita la mensa intestata dell’Associazione Amici di vita nuova e organizzata dai volontari dell’Operazione Mato Grosso che accoglie, ogni settimana, una media di 300 persone e vede una quarantina di volontari che provengono da diversi paesi della valle: dalla Valgerola alla Valmalenco. “Qui tutti sono volontari: dai cuochi ai camerieri. C’è tanta domanda anche da parte di chi ha voglia di regalare del tempo – spiega Lucia Allegrucci, responsabile della mensa – e fare qualcosa per chi ha bisogno”. Tra i tavoli del locale di via privata Moroni, affollata da circa 130 ospiti ogni lunedì, mercoledì, venerdì, si possono scorgere eterogenei tipi di povertà e fragilità. In alcuni casi, si tratta di solitudini e situazioni di abbandono, tossicità, alcolismo, fragilità psichiche; tutti aspetti che caratterizzano la povertà italiana, che colpisce soprattutto soggetti che hanno un’età superiore ai 40 anni. Si assiste, infatti, secondo gli operatori, a un aumento della povertà materiale legato soprattutto alle separazioni coniugali ed alla perdita del lavoro. Non bisogna però dimenticare l’impoverimento culturale, causa di dipendenze – quali il gioco d’azzardo, l’alcool, la droga -, che portano al depauperamento dei propri averi. Dall’altra parte, esiste invece la povertà straniera, fatta principalmente di giovani. “La povertà sta aumentando perché i bisogni indotti dalla nostra società sono sempre maggiori, perciò non si sa più vivere semplicemente – racconta padre Lorenzo, basandosi anche sulla sua esperienza peruviana -. Qui i poveri sono tutti più ricchi, a livello materiale, di quelli che ho conosciuto sulle Ande, dove però avevano una povertà più bisognosa. Noi abbiamo molti bisogni indotti, il mantenimento del nostro benessere costa tantissimo”.
La mensa rappresenta dunque un luogo di incontro aperto a chiunque, al fine di conoscere le difficoltà di tutti coloro che vi si recano e far sì che si creino delle relazioni umane, oltre al semplice pasto. Come dice padre Lorenzo: “Se venisse il Papa o il direttore di un’azienda valtellinese per un proprio bisogno spirituale, sarebbe il benvenuto”. L’opera dei volontari è resa possibile dalle offerte di una comunità che dà il proprio contributo in maniera differente: ci sono i grandi centri, come l’Iperal cittadino e il Banco alimentare, che donano quantità di cibo ogni mese; ci sono le macellerie di privati che regalano la propria carne; ci sono i singoli o le famiglie che portano i viveri che avanzano, i prodotti per la pulizia, oppure fanno elemosina; ci sono i gruppi parrocchiali che regalano i prodotti delle raccolte viveri; ci sono fondazioni e comuni che danno il proprio contributo per spese specifiche.
Gli organizzatori hanno inoltre dato il via a una serie di cene, tenute in mensa, che ospitano persone che vogliono conoscere la realtà della mensa, per poi lasciare un’offerta che verrà utilizzata per le utenze della struttura. Un contributo viene poi dalla Rete di contrasto alla povertà del territorio, composta dagli altri enti, che permette uno scambio concreto di prodotti e situazioni, in modo tale da offrire l’aiuto migliore possibile.
di Martina Bricalli, per Il Settimanale (21 marzo 2019)