Da quest’anno sono stato chiamato, con mia grande sorpresa, ad essere rettore del nostro seminario diocesano. Non senza fatiche ho lasciato la mia cara parrocchia di Bormio e, in spirito di umiltà e con la libertà del cuore, ho intrapreso il nuovo ministero che il Signore mi sta offrendo a questo punto della vita. Sono quindi “ritornato” in seminario e mi sono rimesso in cammino! Ho già un po’ conosciuto, in questi primi mesi, i seminaristi e lodo davvero il Signore per il dono della loro presenza, del loro entusiasmo e della loro generosità. Ringrazio Dio anche per don Enzo Ravelli (vicerettore), don Giuseppe Romanò e don Alberto Erba (padri spirituali), don Stefano Cadenazzi (prefetto degli studi), don Tullio Salvetti (economo) e tutti gli altri preti, professori e educatori che mi hanno bene accolto e con cui condivido, in un clima di fraternità, la gioia e anche il peso di questo lavoro educativo molto prezioso e delicato. Guidati dal nostro vescovo Oscar, mi sento poi pienamente unito a tutto il presbiterio diocesano e penso che siamo tutti un po’ responsabili del nostro seminario, certi anche che la prima pastorale vocazionale parte dal nostro essere preti, nel camminare con le nostre comunità e nello stare con tutte le persone che ci sono affidate. Il costoso sacrificio e l’esempio evangelico di don Roberto Malgesini, unito a tante altre limpide testimonianze di vita di nostri preti diocesani ci sono di grande consolazione e incoraggiamento.«Il Seminario si presenta sì come un tempo e uno spazio ma è soprattutto una comunità educativa in cammino promossa dal Vescovo per offrire a chi è chiamato dal Signore a servire come gli apostoli la possibilità di rivivere l’esperienza formativa che Gesù ha riservato ai Dodici. (…) Il seminario è, in se stesso, un’esperienza originale della vita della Chiesa … e già sotto il profilo umano deve tendere a diventare una comunità compaginata da una profonda amicizia e carità così da poter essere considerata una vera famiglia che vive nella gioia» (Pastores dabo Vobis n.60)Credo molto in queste belle parole, ancora fresche e attuali, dell’Esortazione Apostolica (a. 1992) di San Giovanni Paolo II e sono certo che tutta la nostra Diocesi ha a cuore il suo seminario. I tempi non sono sicuramente facili e il calo vertiginoso di vocazioni sacerdotali potrebbe farci scoraggiare; ci deve invece spronare ad un rinnovato slancio di fede, di testimonianza di vita evangelica e di proposta vocazionale. A confronto di tante altre Chiese locali del nostro Paese penso poi che Como debba ringraziare Dio per i seminaristi che continua a donarci! In questi primi passi da rettore, girando un po’ per l’enorme struttura del seminario e in vari momenti della vita comunitaria, mi sono più volte rivisto seminarista e ho pensato ai quattordici anni che, in un tempo ancora non troppo lontano, passai anch’io sulla collina di Muggiò.Mi rivedo ragazzino, quando entrai alle scuole medie, un po’ timido e spaesato ma subito ben voluto da tutti. Mi rivedo nelle fatiche della disciplina comunitaria ma anche a correre per i corridoi e negli indimenticabili momenti di gioco, a scorrazzare in giro per il bosco (e allora c’erano anche le pecore vere!). Rivedo il volto dei miei bravi professori e educatori, tanti dei quali già in Paradiso e ripenso ai tanti amici e compagni incontrati e al grande dono dell’amicizia e della vita insieme che ho avuto la grazia di vivere fin da ragazzo. Poi mi rivedo, ai tempi del ginnasio e liceo, indaffarato con la scuola e i libri e in tante esperienze belle condivise con i miei compagni: i teatri, i recital, le memorabili partite a pallone anche con gli oratori vicini, le prime uscite nelle parrocchie la domenica. In questo periodo mi rivedo a volte anche un po’ ribelle e giustamente adolescente mettendo alla prova i pazienti e saggi superiori. Ricordo la bellezza di tanti impagabili momenti di confronto, di condivisione e il gustare sempre più la preghiera e il rapporto con Gesù, fino alla decisione riflettuta a lungo di “entrare in teologia”.E allora eccomi al seminario maggiore, al II e al III piano, che dal minore ci pareva un altro mondo! Sono stati anni formidabili questi di teologia per il mio cammino di preparazione al sacerdozio e sempre ho ringraziato Dio per quel periodo della mia vita, per l’educazione ricevuta, per il dono di amicizie vere e soprattutto per la possibilità di conoscere e amare sempre più Gesù e la Chiesa. Guardando ai nostri seminaristi di oggi, anche se i tempi sono molto cambiati, rivivo davvero con gioia vari momenti del mio percorso. Mi rivedo a pregare in chiesa nella preghiera comunitaria e, magari con la testa tra le mani, in tanti momenti di preghiera personale e di “lotta spirituale”. Mi rivedo nella mia stanza alle prese con lo studio, il silenzio e l’organizzazione del mio tempo. Mi rivedo pieno di entusiasmo in tante accese discussioni e in varie esperienze che mi fu dato la grazia di vivere con i miei compagni e tante persone nelle uscite pastorali. Ricordo la bellezza dello studio della teologia e il confronto acceso su svariati temi culturali, pastorali, missionari, politici, sportivi. Mi rivedo in tanti passaggi decisivi di quel periodo, con un po’ di paure e titubanze, ma sempre con tanta libertà e serenità nel cuore. Mi rivedo ancora, chiaramente, la notte prima di essere ordinato prete in cappella davanti al Tabernacolo a ringraziare Gesù per il cammino che, se da una parte concludeva il seminario, dall’altra mi avviava con fiducia e tanta generosità al ministero tra la gente.In questa lunga e disordinata carrellata di ricordi e di immagini, una in particolare mi si è più volte ripresentata e tengo cara nel cuore: mi rivedo al balcone del terzo piano e molte volte su in collina davanti alla amata Madonnina, all’alba e spesso anche al tramonto, a guardare l’orizzonte e il cielo e “a sognare ad occhi aperti” immaginando ciò che mi poteva attendere un giorno nella vita da prete. Quanti sogni e aspettative guardando lontano… “fino agli estremi confini della terra”! Ringrazio Dio perché molti di quei sogni, di certo grazie anche alla formazione ricevuta in seminario e all’esperienza di amicizia con Gesù e con tanti fratelli in quegli anni, sono diventati realtà concreta e disincantata nella mia vita di prete e nell’incontro con tante persone nei diversi ambiti e servizi che nel tempo mi sono stati richiesti e che la Provvidenza mi ha preparato. Posso davvero affermare, dopo 18 anni di ministero, di essere stato un prete fortunato e felice. E spero che anche questo nuovo servizio di rettore possa confermarmi in questa direzione.È mio vivo desiderio che anche i seminaristi di oggi vivano in seminario un’esperienza di vera e gioiosa fraternità, fatta anche di sacrifici, al passo con i tempi e soprattutto ancorata al Signore Gesù e in comunione piena con la Chiesa guidata oggi dall’impegnativo e luminoso magistero di Papa Francesco. È da questo seminario che – ne sono certo – anche loro scrutano orizzonti lontani e sognano un mondo nuovo che a loro tempo sarà realtà vissuta anche nella loro vita. Allora mi viene da esclamare, pensando al mio seminario di ieri e anche a quello di oggi, ancora con tanto stupore: Benedetto seminario!Anche in questo tempo difficile a causa della pandemia mi auguro che la “Giornata del Seminario” possa essere ben vissuta da tutti con gratitudine e fiducia in Gesù che non si stanca di chiamare ancora giovani a seguirlo e a testimoniarlo nel Sacramento dell’Ordine. Guardiamo davvero al seminario come “al cuore della nostra Chiesa locale” e come tale mettiamolo al centro della preghiera, della sollecitudine e della solidarietà anche economica delle nostre comunità pastorali e parrocchiali. Grazie di cuore e … “Benedetto seminario”!
Don AlessAndro Alberti
Rettore del Seminario diocesano
Da “Il Settimanale” #46