Iniziamo questo nuovo anno nella festa della Madre di Dio. Ricorriamo a Lei perché consapevoli di essere suoi figli amati, che non nascondono la loro fragilità e vulnerabilità, anzi le riconoscono come una componente ordinaria della comune umanità.
Maria ci rimanda, come sempre, a Gesù, suo figlio, e non si stanca di ripeterci: “Fate quello che vi dirà“, ci suggerisce di percorrere il cammino che il Signore ci indica nel vangelo.
Cosa ci dice il Signore?
Il Signore rivolge a noi il suo volto e ci concede pace “. Come frutto della sua passione e morte in croce, Gesù ci chiama a costruire, assieme a Lui, una comunità di fratelli, essendo Egli nato, morto e risorto perché noi ricevessimo l’adozione a figli e potessimo come Lui gridare: “Abba”, Padre!
Proprio perché figli di un unico Padre, e quindi fratelli tra di noi, ci sentiamo tutti coinvolti nell’edificare “un nuovo orizzonte di amore e di pace, di fraternità e di solidarietà, di sostegno vicendevole e di accoglienza reciproca”.
È un compito ineludibile, a cui ci richiama oggi papa Francesco, nel suo messaggio per questa giornata mondiale della pace.
La pace è sì il grande dono che Dio ci offre, ma noi uomini siamo stimolati a costruirla insieme quotidianamente, dovunque noi siamo e qualunque compito noi svolgiamo all’interno della società.
La pace sarebbe subito compromessa se cedessimo alla tentazione di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli; se con grande facilità, quasi automaticamente, voltassimo lo sguardo dai bisognosi, che sempre più frequentemente incontriamo anche nei nostri ambienti di vita; se non ci impegnassimo in modo sistematico a “formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri“.
Un pericolo sempre in agguato è il divenire indifferenti a tutto ciò che ci circonda, senza lasciarci toccare dalla fragilità, dalle malattie, dalla morte di quanti ci sono vicini, facendo scivolare le diverse immagini di richiesta di aiuto in veloce scorrimento, quali quelle che vediamo alla televisione, “passando oltre”, senza nemmeno lasciarci commuovere.
Come fratelli amati, tutti eguali in dignità, siamo chiamati a prenderci cura gli uni degli altri, costruendo così una società fondata su rapporti di fratellanza, dal momento che “ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme“, come ebbe a dire papa Francesco in quel drammatico pomeriggio del 27 marzo 2020, in una piazza s. Pietro completamente vuota.
La pace si costruisce se ci assumiamo “la responsabilità di accogliere e soccorrere i poveri, i malati, gli emarginati, ogni nostro prossimo vicino o lontano nel tempo e nello spazio“.
Abbiamo tutti inciso nella memoria del cuore il nostro d. Roberto Malgesini, che con la sua presenza “mite e gentile” girava nella città di Como, giorno e notte, per portare generi di conforto ai diseredati, chiunque fossero. Possiamo certamente annoverarlo tra quei “profeti e testimoni della cultura della cura”, che papa Francesco, nel suo messaggio, auspica che noi tutti diventiamo, una volta convertito il cuore e cambiata la nostra mentalità, così da costruire veramente la pace nella solidarietà e nella fraternità.
Chiediamo di diventare anche noi artigiani di pace, sull’esempio del nostro conterraneo d. Roberto, che con il suo sacrificio ha commosso l’intera Italia e oltre, “disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia“.