Il nostro don Alfredo si è addormentato nel Signore nella festa della Madre di Dio. Mi piace pensare che Ella lo abbia accompagnato nel santo viaggio e condotto a Gesù, suo figlio, che gli sia venuto incontro e lo abbia sùbito riconosciuto come un suo fedele discepolo, chiamandolo per nome, con il volto sorridente.
Penso alla gioia intensa e alla commozione di don Alfredo per aver finalmente incontrato Colui per il quale ha dato la sua vita, insegnando agli altri a conoscerlo, ad amarlo e a seguirlo.
È bello ritrovare nel brano evangelico, previsto dalla liturgia della Parola proprio per questa giornata, un testo in cui è facile identificarci, perché ciascuno di noi, come per don Alfredo, rivive nella sua storia personale questa esperienza di fede dei primi discepoli nel loro incontro con il Signore Gesù.
La fede in Cristo è come un’umile fiammella che viene accesa e comunicata da persona a persona.
Una comunità di credenti, piena di entusiasmo per il Signore Gesù, ci ha un giorno comunicato questa gioiosa notizia. “Ecco l’agnello di Dio! Abbiamo trovato il Messia!“.
È la fede semplice e schietta di una famiglia e la fede di una comunità cristiana, come quella di Abbadia Lariana, che ha testimoniato a don Alfredo la gioia di aver incontrato il Signore. Sono le nostre famiglie e le nostre Comunità che assumono il compito di trasmettere la fede della Chiesa. Sono esse il primo e fondamentale catechismo.
Viene poi il momento per tutti di andare a fondo nella ricerca di un significato per la propria esistenza, di verificare se la proposta di vita, offerta nel vangelo di Gesù, riempie in pienezza o meno il proprio cuore. E la domanda di Gesù ai primi discepoli è sempre attuale: “Che cosa cercate?”.
Tutti siamo stati coinvolti in questa ricerca appassionata, prima di identificare in Gesù Cristo la risposta per una vita appagante. Sono gli anni in cui ciascuno di noi, come anche don Alfredo, ha cercato appassionatamente il Signore, che si è rivelato dentro un rapporto personale e comunitario, attraverso un “a tu per tu”, in cui la persona viva di Gesù ha comunicato se stesso, i suoi sentimenti, e quindi la possibilità di trovare in Lui una stabile dimora e la risposta a tutte le nostre domande.
Prima di mettersi a totale servizio di Cristo e della sua Chiesa, don Alfredo ha vissuto un serio confronto dentro un impegno laicale, in cui ha colto le dinamiche di una vita che avrebbe potuto essere destinata a servizio degli altri nella comunità cristiana. Penso al tempo in cui don Alfredo ha svolto una professione insieme a un impegno di servizio nella sua comunità civile, che gli ha permesso di conoscere l’umanità vera, con i suoi generosi slanci, ma anche con le sue debolezze, ha sperimentato anche le esigenze di una vita comunitaria, in cui conciliare nel dialogo le diverse prospettive di vita e scegliere le soluzioni realisticamente possibili.
Il vangelo secondo Giovanni riferisce, nell’episodio citato, anche l’ora precisa in cui i due discepoli si sono recati da Gesù, là dove Egli abitava e sono rimasti con lui: “erano le quattro del pomeriggio“. Solo condividendo dal di dentro la vita con Gesù ci si può conformare al suo stile evangelico, conoscere il suo intimo e partecipare alle finalità che hanno guidato la sua esistenza terrena.
Ogni discepolo del Signore ricorda l’ora precisa della sua chiamata, ma essa non è che un punto di partenza per una progressiva conoscenza amorosa di Gesù, che non si è mai finito di conoscere e della sua famiglia, la santa Chiesa, ordinata totalmente alla santità delle membra di Cristo. Egli è un pozzo infinito di sapienza, una sorgente inesauribile di acqua viva, che si rivela ai discepoli gradatamente. Beati noi se continuiamo a cercarlo nella nostra vita e nel nostro ministero, perché il Signore Gesù si dona a noi a misura della nostra sete di lui.
Nell’episodio evangelico, l’incontro con il Signore da parte dei due discepoli è stato così determinante da suscitare una benefica forza attrattiva, tanto da condurre altri amici alla sequela del Signore. La fede è un dono ottenuto nell’incontro personale con Gesù, un dono così prezioso che non può essere tenuto gelosamente per noi stessi, ma va comunicato ad altri.
In questo sta la missione del presbitero: partecipare agli altri, in una comunità di credenti, la gioia di avere incontrato il Signore, offrire la ricchezza che Cristo consegna e realizza a quanti lo seguono.
E’ così che don Alfredo, attraverso il suo ministero presbiterale, si è fatto tutto a tutti, con una larghezza d’animo ammirevole, unito a una squisita gentilezza, offerta a quanti egli ha si è preso cura, in molteplici ambienti pastorali della nostra diocesi, da Rebbio (come vicario) a Garzeno e Catasco (come parroco) e quindi a Caslino al Piano, a Bulgorello e a Cadorago. Luoghi questi in cui don Alfredo ha cercato di costruire una comunità cristiana fraterna e accogliente, orante e missionaria, ambiti di comunione viva e di partecipazione.
Caro don Alfredo: in un messaggio che mi inviasti dalla clinica Valduce, dove eri stato appena ricoverato, mi scrivesti così: “Offro tutto per la nostra diocesi”. Ti ringrazio a nome di tutti noi per la tua generosa offerta, che è culminata con il dono della tua vita.
Possiamo ancora contare su di te, perché dal cielo tu possa accompagnare questa nostra Chiesa nella sua bellezza e con le sue difficoltà, e sostenere ciascuno di noi mentre proseguiamo il nostro pellegrinaggio terreno, in cammino verso la Città santa, dove tu ci attendi.