Funerale don Mario Rampoldi

(Sap 4,7-15; 1Gv 3, 14-16; Mt 11, 25-30)

Ti rendo lode, o Padre” : questa è la prima espressione evangelica risuonata oggi in questa santa assemblea.
È la lode che Gesù stesso ha rivolto a Dio suo Padre perché predilige i piccoli e che noi tutti, come Chiesa, in modo convinto e sincero, facciamo nostra per averci donato un pastore mite come don Mario, un “piccolo” del Regno dei cieli.

Ti rendiamo lode, o Padre, per aver goduto del ministero pastorale  che don Mario ha esercitato tra noi, per ben 69 anni, ammirati per il coinvolgimento totale di sé nei diversi luoghi del suo impegno, sorpresi per la sua vicinanza umile, ma intensa, cordiale e generosa, a quanti lo hanno  avvicinato e ha servito con gentilezza, proprio “con cuore di padre”, giocandosi sempre non nella logica del risparmio nel sacrificio, ma nello stile del dono di sé, amando chiunque in un modo straordinariamente libero.

Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.

Dio manifesta i segreti del suo cuore ai piccoli e ai poveri, che rivelano Dio con immediatezza e semplicità, ossia un Dio umile, che non disprezza ciò che Egli ha creato e gode della fiducia dei suoi figli che si affidano a Lui. Un Dio vicino, che continuamente ci cerca, ci attende con pazienza, ci prende in braccio, non si stanca mai di nessuno dei suoi figli, ricomincia con tutti e a ciascuno regala la pienezza del suo cuore misericordioso. Questa è stata la lieta notizia di quanti, avvicinando don Mario, sono stati subito rimandati al Dio che perdona e rinnova, colpiti dalla delicatezza rasserenante che usciva dalle sue parole.

 Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Dio risplende nella vita degli umili, messi in grado di riflettere al vivo, mediante la loro persona e i loro stessi atteggiamenti, l’immagine viva di Cristo.

A coloro, poi, che hanno un cuore di povero, il Signore Gesù, il pastore supremo, dona la facilità di trasmettere con immediatezza i suoi stessi sentimenti, di manifestare al vivo la sua tenerezza e la sua compassione, lasciando così emergere il vero volto del Padre. E’ questa la fisionomia di Dio che don Mario
ha potuto annunciare per la grazia di cui il Signore l’ha reso partecipe.

Solo chi accetta di diventare povero così, a prezzo anche di grandi fatiche ed umiliazioni, viene trasformato progressivamente dallo Spirito Santo  in un vangelo vivente, che non ha bisogno di ulteriori aggiunte, perchè parla la sua vita e questa è la prova più convincente per un pastore.
Don Mario ha evangelizzato in questo modo, in tutta semplicità. Il resto lo ha affidato agli altri.

Così noi oggi vogliamo ringraziare il Signore che ha  costituito don Mario quale suo strumento vivo e rasserenante, capace di rincuorare quanti a lui sono ricorsi, a cui sapeva  offrire motivi sempre nuovi di vita e di speranza.

I sacerdoti della nostra diocesi di qualche generazione fa, lo ricordano ancora simpaticamente come “il ministro”: così si lasciava amabilmente chiamare! Questo era il solo titolo “onorifico” che don Mario si è conquistato sul campo, lavorando alacremente nel nostro Seminario (per ben vent’anni!), affrontando spesso problemi concreti, ma soprattutto attutendo la rigida formazione seminaristica, allora in uso, con una allegria che sapeva immediatamente trasfondere con spontaneità nei seminaristi.

Anche i parrocchiani di Isola di Ossuccio, luogo della sua prima comunità (1972) e poi quelli di Muggiò (1982-2008), possono testimoniare di aver conosciuto l’amore di Cristo avendo visto all’opera don Mario nel “dare la vita per i fratelli” (come è detto nella seconda lettura).

In queste Comunità don Mario ha manifestato l’amore attraverso la cura dei “piccoli particolari”, molto concreti, soprattutto fondati sulla convinzione che ogni persona è degna della dedizione del pastore perché è opera di Dio, sua creatura. Come ha osservato papa Francesco: “Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita. Noi acquistiamo pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi” (EG 274).

Caro don Mario, immagino che mi stai dolcemente rimproverando perché, commentando la Parola di Dio, ho parlato di te, tanto schivo, ma non posso concludere senza dimenticare la tua speciale devozione a Maria. Ricordo i nostri pellegrinaggi alla Madonna del Soccorso nel terzo sabato del mese, ai quale tu eri costantemente presente. Quando incontrerai questa nostra dolce Madre affida a Lei la nostra  Chiesa e le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata che noi ci attendiamo per la sua intercessione materna.

 

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