Nella celebrazione liturgica di questo venerdì santo, siamo invitati a fare memoria del passaggio di Gesù dalla morte alla vita. Adoriamo la croce gloriosa del Signore, impregnata di speranza e di vittoria, acclamando Cristo Gesù, sommo ed eterno sacerdote, Agnello innocente immolato per noi, che per salvare l’umanità si è consegnato volontariamente alla morte. Egli è così considerato il primo martire, a cui seguirà una lunga fila di amici, pronti a donare la vita, come il Maestro.
Le letture che precedono la proclamazione del passione secondo Giovanni sono le più opportune per comprenderne a fondo il significato.
Abbiamo ascoltato, dapprima, dal libro del profeta Isaia, un brano del quarto cantico del Servo di Iahwè, che descrive prostrazione e dolore, ma anche attesa di gloria, prefigurando il Messia servo, sommo sacerdote che offre se stesso per gli altri.
La lettera agli Ebrei ci presenta poi Gesù, che sperimenta su di sé l’angoscia della morte salvatrice, ma che, nello stesso tempo, sa prendere parte alle nostre debolezze. Cristo è divenuto l’unico grande sacerdote e l’unico intercessore per tutta l’umanità.
La proclamazione della passione secondo il vangelo di Giovanni, il cuore della liturgia, ci aiuta a interpretare la morte di Gesù come il momento supremo della vittoria, primo atto del passaggio che si concluderà con la risurrezione.
Il vangelo secondo Giovanni presenta, quindi, la passione di Gesù come il momento della glorificazione del Figlio e la manifestazione suprema della sua dignità trascendente. E mentre negli altri evangelisti la passione è illuminata dalla gloria della risurrezione, nel vangelo secondo Giovanni, invece, è la gloria della Passione per se stessa che guida la riflessione.
Vorrei, infine, sottolineare quest’anno il valore simbolico dello svelamento progressivo della croce, espressione di una verità che si presenta, ma senza imporsi. Non possiamo scoprire la croce senza impegnarci in una relazione personale con Il crocifisso Signore. Egli non è un oggetto di legno, ma un volto, che ci rivolge un appello, uno sguardo che ci invita a una comunione che dovrà rafforzarsi sempre più. Quanto più ci lasceremo amare da Lui, tanto più lo comprenderemo. Egli si lascerà conoscere, così che la nostra relazione con lui si approfondisca, fino a poter ricambiare davvero il suo amore per noi. Se lo seguiremo come discepoli, illuminati dalla sua luce gloriosa, per l’azione dello Spirito Santo, porteremo in noi l’immagine dell’uomo celeste, rivestito della gloria del Figlio.