Durante questa Eucaristia ringraziamo il Signore per averci donato Nicolò Rusca, un prete che ha seguito il Vangelo vivendo a pieno la sua vocazione di cristiano e di pastore in un tempo particolarmente delicato e complesso. Siamo nel clima delle cosiddette “guerre di religione”, che insanguinarono drammaticamente l’Europa tra i Cinque e il Seicento, quando i territori della Valtellina erano assoggettati alla Repubblica delle Tre leghe, alleati dei Cantoni svizzeri, là dove cominciò a diffondersi la Riforma.
Tra le popolazioni dell’Adda e del Mera, molto radicate nelle proprie tradizioni cattoliche, la Riforma ebbe una diffusione limitatissima. A Sondrio gli aderenti alla nuova fede costituivano una minoranza, fra i due e i trecento, su una popolazione di duemila abitanti. Essi potevano contare sull’appoggio federale, che faceva valere il principio della bi-confessionalità, secondo cui andavano riconosciuti pari diritti ai componenti della comunità cattolica come a quella riformata.
Il martirio del beato Nicolò Rusca, il 4 settembre 1618, è il frutto conclusivo di un ministero pastorale a cui egli si è interamente dedicato, secondo gli orientamenti del Concilio di Trento, nell’impegno indefesso di ripresentare al vivo la persona e l’azione del Pastore supremo, che ha dato la sua vita per il gregge.
Nel suo ministero a Sondrio, il beato Rusca sottolineò il primato della Parola di Dio, promosse una fervida vita liturgica e sacramentale, con una speciale attenzione verso i bisognosi. Inoltre si prodigò incessantemente per favorire una “ragionevole intesa” a favore della comunità riformata di Sondrio. Venne quindi accusato di ribellione alle leggi dello Stato quando si oppose alla nascita di una “scuola umanistica” (promossa da ministri riformati), invitando i genitori delle famiglie cattoliche, che a Sondrio erano la maggioranza, a non iscrivervi i propri figli. Rusca morì martire a causa dei tormenti a cui fu sottoposto, per la difesa della fede, in particolare della Comunità che gli era stata affidata.
I Santi e i Beati del Paradiso, come il nostro Nicolò Rusca, non sono gioielli da museo da conservare gelosamente in uno scrigno. Il loro ricordo non è nemmeno una occasione in più per appagare la fierezza di appartenere alla stessa Chiesa in cui il Signore li ha posti.
I Santi sono sempre attuali e ci interpellano. Soprattutto “i Santi sorprendono, spiazzano, perché la loro vita ci chiama a uscire dalla mediocrità tranquilla e anestetizzante” (GE 138).
E’ per mezzo di loro che la famiglia dei figli di Dio non invecchia, ma si mantiene giovane, e continuamente si rinnova, perché per la loro intercessione e per il loro esempio, anche noi siamo protesi alla santità, che è la meta comune della vita cristiana. Una santità che però è frutto di una reale conversione, derivata dall’ammirazione che la vita e le gesta dei Santi suscita in noi. E’ così anche con la testimonianza di fede e di amore che il beato Rusca offre a ciascuno di noi, a distanza di quattrocento anni dal suo martirio.
L’inizio del brano della prima lettura di oggi, dal libro del profeta Isaia, incomincia con un invito rivolto “agli smarriti di cuore”, a quanti cioè si sentono fisicamente, ma anche spiritualmente avviliti, depressi e disorientati.
Ho la sensazione che molti nella Chiesa oggi vivano questo smarrimento a causa delle reali difficoltà che la Chiesa nel mondo sta attraversando in questo periodo.
Una persecuzione dall’esterno, in molte parti della terra, dovuta all’intolleranza di fanatici che disprezzano i cristiani, ma anche una feroce critica, causata dal fenomeno degli abusi sessuali, dagli abusi di potere e dagli abusi di coscienza, causati da membri della Chiesa. Un dramma che sminuisce la luminosa testimonianza di fede di tanti cristiani, che tuttavia non può essere sottovalutata né può essere passata sotto silenzio. Non dimentichiamo quanti ancora oggi donano generosamente la loro vita, in un martirio quotidiano. Non lasciamo passare sotto silenzio nemmeno il fatto che i martiri uccisi per il Vangelo sono molto più numerosi oggi che all’epoca delle persecuzioni dei primi secoli della Chiesa.
La persecuzione dei cristiani in alcuni paesi ha raggiunto livelli allarmanti di odio e di violenza.
Lo smarrimento è causato, purtroppo, anche per le reazioni all’interno della Chiesa, là dove alcuni cristiani mettono in dubbio persino l’autorità del Papa e il suo insegnamento. Persone che non hanno il senso della storia, che difendono un glorioso passato, e in esso si rifugiano, ma non sanno aprirsi con speranza al futuro, soprattutto al nuovo clima culturale con il quale dobbiamo fare i conti.
E’ un tempo di sofferenza e di prova, il nostro, tuttavia dobbiamo essere certi che questa “via di purificazione” gioverà molto alla Chiesa rendendola più bella, più pura, più santa, come la vuole il suo Fondatore.
La riforma della Chiesa, tuttora in atto ( perchè la Chiesa è sempre in stato di riforma!), esige una reale purificazione, non solo delle strutture e delle metodologie pastorali, ma innanzitutto una conversione interiore dei suoi membri, di tutte le categorie vocazionali che costituiscono il corpo di Cristo. “Senza vita nuova e autentico spirito evangelico, senza fedeltà della Chiesa alla propria vocazione, qualsiasi nuova struttura si corrompe in poco tempo” (EG26)
Se vogliamo che i nostri occhi ciechi si aprano, se desideriamo che le nostre orecchie sorde si schiudano, se desideriamo ardentemente che la nostra lingua torni a gridare di gioia, è necessario porci in un costante atteggiamento di uscita, perché solo con gli altri e al loro servizio, condividendo le loro gioie e le loro sofferenze, possiamo utilizzare validamente i doni che ci sono elargiti e trasmetterli.
Nuova acqua sta facendo scaturire il Signore nel deserto del mondo, nuove sorgenti d’acqua possono fecondare il nostro suolo riarso, dal momento che le persone anche lontane dalla Chiesa avvertono una profonda nostalgia.
Un antico detto dei Padri del deserto ci ricorda che Dio si dona a ciascuno a misura della sua sete