Tra i grandi amici di Dio, certamente don Bosco è uno tra i più conosciuti e amati nel mondo intero e ciò è dovuto, oltre che alla sua personale santità, anche alla missione educativa dei suoi figli, i Salesiani e alle figlie di Maria Ausiliatrice, che hanno seguito i suoi insegnamenti e li hanno trasmessi con convinzione a tanti loro alunni e coinvolto entusiasticamente le loro famiglie.
Tutta la Valtellina, e Sondrio ancor più direttamente, è nella nostra diocesi l’ambiente che respira più a fondo la vocazione salesiana, per la storica presenza dei Salesiani in questo oratorio e delle figlie di Maria Ausiliatrice a Tirano e di numerosi ex alunni.
Ricordiamo con stima i tre fratelli Viganò, salesiani sondriesi, d. Francesco, d. Angelo e d. Egidio, che è stato rettore maggiore e che hanno inciso positivamente con un contributo notevole a servizio della Congregazione Salesiana.
Tra i Salesiani “storici” non possiamo ricordare con venerazione innanzitutto don Giuseppe Quadrio, nativo di Vervio, di cui è in atto il processo di beatificazione, mentre è ancora vivo il ricordo di don Vittorio Chiari, ma anche delle suore e dei numerosi salesiani missionari valtellinesi, tra cui eccelle p. Ugo De Censi, fondatore dell’OMG. E tra i numerosi vescovi salesiani come non ricordare l’amico e fratello Luciano Cappelli?
Questo insieme di memorie storiche spiega l’ammirazione di tutta la nostra Chiesa locale, ma anche la sincera gratitudine che dobbiamo a questa grande e luminosa testimonianza salesiana, a servizio soprattutto della formazione umana e cristiana della gioventù.
I Santi, e don Bosco è uno di questi, con quanti sono scaturiti dalla proposta salesiana, continuano a suscitare attrazione e interesse da parte di tutti, cristiani e non.
Sono un Vangelo vivente, così che ciascuno di essi può ripetere e riferire a se stesso quello che scrive S. Paolo nella lettera, ai Filippesi: “le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi“.
C’è un detto dei Padri del deserto che dice: “la gente crede più agli occhi che alle orecchie!“. Cerca fatti di Vangelo, non promesse vane e nemmeno solo buone intenzioni. Constata invece la bontà delle opere, ma prima ancora le persone, impegnate con grande dedizione e generosità al servizio degli altri, soprattutto di chi è più bisognoso, e la gioventù, in questo periodo storico, fa parte di questo mondo di povertà.
Oggi ovunque, e lo possiamo confermare anche nel nostro ambiente di vita, la sfida educativa più urgente e irrinunciabile è ciò di cui richiede il coinvolgimento appassionato e concorde di tutti: famiglie, ambienti educativi come le parrocchie, gli oratori, le scuole, il mondo dello sport e della cultura, le diverse professioni a servizio della educazione della gioventù.
“Per fare un uomo ci vuole un villaggio“, insegna un proverbio africano. Non possiamo tacere la grande difficoltà che oggi esiste da parte degli adulti per intercettare il mondo giovanile, per dialogare con esso, tanto diverso dallo stile di chi è avanzato negli anni.
Essi però hanno molto da trasmettere ai ragazzi e ai giovani, che hanno sete di progetti di vita, fondati sui valori irrinunciabili, per la promozione della vita piena e di una gioia feconda e non illusoria.
Un aiuto che come Chiesa possiamo offrire alle famiglie è quello di aiutarle a educare i loro figli a guardare al futuro assumendo una concezione della vita come vocazione, senza lasciarsi ammaliare dalla logica della ricerca del prestigio sociale o del successo personale.
I ragazzi e i giovani, a loro volta, hanno tanto da dire al mondo degli adulti. Permettiamo che possano sviluppare quella voglia di vivere che diventa la molla che li aiuta a trasformare il mondo in una vera fraternità, dove regna il rispetto delle persone, la promozione della pace e della giustizia, la difesa del creato.
Papa Francesco ha invitato i giovani a pensare la propria vita nell’orizzonte della missione: ”Tante volte, nella vita, perdiamo tempo a domandarci: “ma chi sono io?”. Domandati piuttosto: “per chi sono io?”. E’ una domanda che aiuta ad assumere le proprie scelte di vita nell’orizzonte dominante del dono di sé, uscendo da se stessi per cercare il bene degli altri, fino a dare la vita.
Don Bosco doni a ciascuno di noi “lo slancio dell’amore”, condizione indispensabile per stare vicino ai giovani come padri e compagni di viaggio.