Dopo una pausa forzata di due anni, in cui abbiamo sospeso la tradizionale processione del venerdì santo, a causa della pandemia da Covid, oggi ci è stata data l’opportunità di riprendere questo appuntamento, tanto caro ai comaschi e sempre molto partecipato.
Con questo gesto comunitario abbiamo voluto sottolineare con forza come il Signore Gesù, crocifisso e risorto, non ci abbia abbandonato, ma continui ad accompagnarci ogni giorno, nello scorrere ordinario dell’esistenza. Anche nei momenti di pericolo e di sofferenza quale è il nostro, preoccupati come siamo, dal momento che, pezzo dopo pezzo, il mondo intero rischia di diventare teatro di una unica Terza guerra mondiale, Dio veglia su di noi. Per primo si mette sulle nostre tracce e ci cerca, perché sa che tutti noi abbiamo tanto bisogno di sperimentare la sua consolante presenza, il suo amore fedele di padre, che ha a cuore il destino di tutti i suoi figli e di ciascuno si prende cura. Egli vuole che impariamo a vivere da figli suoi, e conseguentemente da fratelli tra noi, al di là di ogni divisione.
Certo, stiamo attraversando un periodo tenebroso per cui la preghiera è la prima e unica arma vincente. Abbiamo tutti negli occhi le immagini di morte che ci arrivano dall’Ucraina, in cui lo spettro della guerra, scoppiata al di là di ogni attesa, con tutte le efferatezze che ogni giorno vengono alla luce, manifesta tutta la sua drammaticità.
Dentro un clima di angosciosa paura, mentre condividiamo da vicino il dramma della popolazione ucraina, vogliamo tuttavia credere che Dio cammina con noi, che non ci lascia mancare segni di speranza, frutto di molte persone, giovani soprattutto, che chiedono con insistenza di fare di tutto per fermare la guerra.
Solo Dio può trarre il bene anche dal male, egli dunque vuole che ravviviamo il senso vivo dell’amore, cosi che questo tempo, così impegnativo e sofferto, diventi una ulteriore occasione di fraternità, un tempo in cui testimoniamo la nostra solidarietà, veniamo incontro alle necessità di tanti nostri fratelli e sorelle sofferenti.
Espressione viva della nostra vicinanza al popolo ucraino è l’accoglienza che generosamente stiamo offrendo a tanta gente, fuggita da quella Nazione, come i generi di aiuto che mediante varie Associazioni raggiungono quanti sono rimasti in Patria per difenderla e custodirla.
Non dimentichiamo, tuttavia, che attualmente la guerra coinvolge dolorosamente anche altre regioni del Mondo, quali la Siria, lo Yemen, la Libia, la Somalia. In questo periodo, mentre stiamo dando prova di grande generosità verso gli Ucraini, le guerre in queste regioni vengono sottaciute e i profughi delle guerre asiatiche vengono ancora respinti in tante parti dell’Europa.
La guerra è sempre una sconfitta della intera umanità, le cui ferite non saranno certo estinte nelle prossime vicine generazioni. La guerra è un fallimento, al di là delle belle illusioni che ci eravamo creati, credendo estinti, almeno in Europa, gli antichi conflitti, che hanno generato milioni di vittime. Tuttavia la guerra non è ineluttabile, né possiamo accettare una resa vergognosa di fronte alle forze del male.
Dio continua a piangere con noi, avverte il dolore dei suoi figli che non sanno altro che usare la forza e la violenza pur di affermare loro stessi e le loro singole ragioni. Dio tuttavia non interviene con un tocco di bacchetta magica per risolvere da solo le situazioni problematiche che gli uomini si sono procurati lungo il tempo. È vero, papa Francesco ha affidato al Cuore immacolato di Maria le sorti della Ucraina e della Russia, ma certo non perché ci sottraiamo alle nostre responsabilità.
Ancora una volta, invece, si è messo al bando il dialogo, il confronto sereno e rispettoso dentro i rapporti, sia pure conflittuali, che possono sorgere tra le diverse culture, civiltà e popoli. L’uomo vorrebbe fare prevalere la forza e la violenza, sulla ragione e sull’amore, due vie ineliminabili perché l’umanità possa vivere e svilupparsi, senza esporsi a un fallimento globale.
A ben pensarci, tutta la violenza che si è scatenata in questo periodo, a livello di Nazioni, mette in luce le nostre comuni “radici perverse”, che si sviluppano facilmente purtroppo anche in ciascuno di noi, a causa del peccato che ci domina. Questa è la radice da cui nascono i vari sanguinosi conflitti, ferite morali spesso difficilmente colmabili. Sognando un mondo che sia più pacifico perché più giusto è necessario che noi, per primi, anche nella nostra vita privata, lasciamo trionfare la giustizia e non l’ingiustizia; il perdono reciproco e non l’odio che divide e che ci fa vedere nell’altro, diverso da noi, un nemico, piuttosto che un fratello. A ben pensarci la guerra è dentro di noi e troppe volte conviviamo con le nostre guerre (più o meno dichiarate!).
Anche noi, infatti, nella nostra vita individuale, siamo tentati di rispondere al male col male, scegliamo di far prevalere i nostri punti di vista o solo i nostri interessi economici personali. Anche nelle nostre famiglie, come nei nostri ambienti lavorativi, sorgono gravosi conflitti, si scatenano invidie e gelosie, volontà di rivalsa, violenze di ogni genere. La pace nel mondo è compromessa ogni qual volta, noi per primi, ci rifiutiamo di capire le ragioni degli altri e non sappiamo prenderci cura delle sofferenze altrui, o li osserviamo con distacco o con indifferenza.
Ecco perché il Signore, proprio in questa situazione di grande tensione, ci invita ancora una volta, a tornare a Lui, a vivere il Vangelo dell’amore e del perdono e a compiere gesti di bontà e di misericordia.
Passando lungo le strade della nostra Città, il Crocifisso ci ha rinviato alle nostre personali responsabilità, ci ha chiamato a convertirci, iniziando subito da qualche piccolo segno, che già fin da ora possiamo attuare.
Ciascuno pensi, in un breve momento di riflessione, a qualche situazione personale immediata, a cui far fronte, dichiarando la pace e rinunciando definitivamente a fare la guerra.
L’urgenza della nostra personale conversione, se non vogliamo compromettere la pace mondiale, scatta subito: per me, per voi, per tutti!
+ Vescovo Oscar