La saggezza della Chiesa ha affidato a Maria, madre di Cristo e madre nostra, il nostro cammino, fin dai primi passi traballanti di questo nuovo anno 2024. Poniamo sotto il suo sguardo premuroso il nuovo tempo che ci è donato.
Lo abbiamo iniziato con molta incertezza e trepidazione, visto il clima di guerra, gli atti di violenza e di ferocia inauditi, le prospettive calamitose riservate a tante parti del mondo, a partire dal cuore dell’Europa, in Ucraina, e nei territori della nostra amata Terra Santa (Palestina e Israele).
Solo Maria, che Gesù morente ci ha affidato come madre, può sollevarci dalla inquietudine che respiriamo ed aiutarci ad avanzare nel buio di questo mondo.
Ella ci rassicura e ci consola, ci apre a speranza, rendendoci consapevoli che il bene, la verità e la pace sono destinati a fiorire, in virtù di Colui che con la sua risurrezione ha vinto il mondo, Cristo Gesù, suo figlio.
Onoriamo quindi Maria, la donna che ha tessuto l’umanità di Dio, come già l’hanno riconosciuta i Padri del concilio di Efeso nell’anno 431 denominandola: “santa madre di Dio“, acclamazione gioiosa dell’intero popolo cristiano, risuonata nelle strade di quella città.
Maria rivolge le sue cure su noi tutti, amati figli, ci difende dai pericoli, ci accompagna e ci sostiene con sollecitudine di madre.
Il vangelo di oggi ci invita a osservare Maria mentre depone il suo divin Figlio nella mangiatoia di Betlemme.
Aveva ricevuto dall’angelo Gabriele parole solenni: “Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo. Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre”- (Lc 1, 31-32).
Queste le promettenti promesse rivolte a Maria. Possiamo immaginare il possibile sconcerto di Maria, che depone Gesù nella mangiatoia, al pensiero di questa dichiarazione dell’angelo. Umanamente parlando, nessuno di noi potrebbe rimproverare a Maria il suo senso di desolazione e la sua perplessità.
Eppure, Maria non si lamenta, non si perde d’animo, non se la prende con Dio, come faremmo subito noi.
Solo sta in silenzio.
Il vangelo sottolinea che ella “da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19). Ella custodisce e medita nel cuore.
Conserva nel cuore ogni cosa, tutto ciò che ha visto e sentito. Cerca di afferrare la prospettiva di Dio. Nel suo cuore di madre comprende che la gloria di Dio passa attraverso l’umiltà del Figlio. Vede e contempla Gesù, fragile e tremante, e accoglie il meraviglioso intreccio divino fra grandezza e piccolezza.
È l’atteggiamento di chi possiede una fede matura, di chi sa che la fecondità spirituale passa sempre attraverso la prova. Solo così la fede può diventare generativa.
Noi ci saremmo lasciati subito prendere dallo sconforto, dimenticando che esiste una via stretta per arrivare alla meta, la croce, senza della quale non c’è risurrezione.
Nel vangelo questo atteggiamento di Maria che “custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore” ricorre una seconda volta. Segno che questo stile in Maria era abituale. Solo chi guarda col cuore vede bene, perché sa “vedere dentro“, vedere tutto in Dio.
Impariamo anche noi ad adorare i misteriosi disegni di Dio, che passano anche attraverso le vie tortuose della vita, sia la nostra personale, sia quella grande della storia dei popoli, e crediamo che per Dio è possibile manifestare la sua potenza attraverso i mezzi semplici e nascosti, aprire nuove vie di salvezza là dove l’uomo sarebbe incapace non solo di percorrere, ma nemmeno solamente di immaginare.
In questa giornata della pace, infine, invochiamo Maria perché i fedeli cristiani, come anche i credenti di varie religioni e gli uomini e le donne di buona volontà, possano collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico.
Oscar card. Cantoni