Ciò che vi dirò questa sera è frutto di precise domande che mi sono state suggerire da alcuni giovani del “Sicomoro” di Como.
Ho pensato che rispondere ai loro interrogativi potesse corrispondere maggiormente a quello che appartiene più da vicino a tutti voi, avendo essi la vostra stessa età e quindi condividendo ciò che voi state oggi vivendo, le grandi domande della vita, ma anche i vostri desideri più profondi e forse anche le vostre stesse fatiche, solitudini, e sofferenze.
Io metterò del mio, cioè il cuore, frutto di una paternità spirituale che mi è donata per grazia dal ministero che esercito per voi e per tutto il santo popolo di Dio.
Un rabbino ebreo ha scritto che “le parole che vengono dal cuore, entrano nel cuore”. Lo auguro a tutti voi che mi ascoltate.
- Che senso ha vivere la via Crucis oggi, questa sera, insieme?
Se siamo qui a rivivere la passione del Signore non è solo per una benefica tradizione che si ripete di anno in anno. Il lunedì santo i giovani ci sono e numerosi!
Non vogliamo contarci e nemmeno sapere cosa ciascuno di noi sta cercando, venendo qui. Ognuno ha le sue ragioni.
Solo sappiamo che rivivere la passione del Signore non può essere un ascolto vuoto o solo una descrizione cronachistica, ossia per il desiderio di sapere come sono andate le cose.
Siamo qui perché, di anno in anno, approfondiamo un po’ di più la nostra relazione con il Signore e con quanti credono in lui. Riviviamo, di anno in anno, i sentimenti del Signore e li approfondiamo, facendoli nostri. Non partecipiamo, quindi, da distaccati, freddi uditori di un testo che viene proclamato.
Di anno in anno siamo sorpresi e commossi davanti a una scena particolare della passione e noi ci sentiamo immersi in questo dramma non da lontani spettatori, ma da persone che vivono dal di dentro e con passione le stesse scene. Quindi non solo vediamo lo svolgersi degli episodi che si susseguono, ma anche avvertiamo di esserne profondamente coinvolti.
Gesù non è un anonimo protagonista della passione, è il nostro maestro, il nostro fratello in umanità, è il nostro amico, è il nostro Signore e il nostro Dio, che cammina vicino a noi.
È colui che ci chiama continuamente per nome, che ci ama, uno per uno, come se fossimo unici.
È colui che ha dato la vita per noi, che ci salva dal male, che ci scioglie dalle catene che ci tengono schiavi. È colui che ci libera dai nostri sepolcri, che ci invita a una pienezza di umanità, che ci promette la pienezza della vita, una gioia senza fine.
Vorrei augurarvi che questa sera poteste sentire Gesù più vicino, come discepoli che lo amano perché si sentono già amati da Lui, accolti e perdonati. Nonostante le nostre infedeltà, le nostre esitazioni, Egli non si dà per vinto, non ci lascia immersi nella palude dei nostri peccati, ma offrendoci la sua tenera, ma forte mano, ci invita a uscir fuori dai nostri sepolcri e poi a seguirlo, mentre ci rinnova e ci dona la forza di ricominciare.
“Seguimi”. Ecco la sua parola di questa sera.
Non aspettare di essere perfetto, prima di deciderti per Lui, ma rimettiti in cammino a partire dalla tua stessa fragilità. Il Signore Gesù sarà la tua medicina, la tua luce, la tua forza.
Ecco cosa il Signore chiede a tutti noi che questa sera viviamo la Via Crucis.
Ci chiede di avanzare, prima di tutto nella conoscenza di Lui, del suo amore che ci precede, di fidarci della sua fedeltà e tutto il resto ne verrà di conseguenza.
Ti sentirai parte di tutti i crocifissi di questo mondo, in particolare di questo popolo che desidera seguire Gesù, senza tuttavia nascondergli le ferite e le fragilità nelle quali tutti siamo immersi.
Chi segue Gesù fa parte di questo popolo che non può continuamente solo lamentarsi del mondo che va male, della aggressività che si moltiplica, della guerra che distrugge. Facciamo anche noi la nostra parte, impegniamoci a vivere controcorrente, ossia con lo stile della Croce del Signore.
- Come si fa a vivere concretamente nel quotidiano la Croce del Signore?
Impara a eliminare dal tuo modo di pensare, prima che di agire, queste parole: nemico, estraneo, straniero, schiavitù, ma anche antipatico, super dotato, indifferenza, eternamente giovane, e simili. Sono queste le espressioni da bandire, prima di tutto sul nostro cuore, quindi dalla nostra bocca.
Queste parole sono proprie del mondo, che esalta i potenti, i vincitori, i soli ricchi, i fortunati, che esclude i poveri, gli esclusi e cose del genere.
Il mondo di Dio ha ben altre preferenze, sono quelle di Gesù, che con la sua croce ha esaltato gli umili, ha dichiarato beati quelli che fanno la pace e diffondono a tutti misericordia e perdono.
La croce sintetizza, nel suo significato più completo, l’amore di Dio, che in Gesù dona se stesso fino alla fine, con un amore intenso e totale, in piena fedeltà.
Siamo tutti invitati, nel nostro quotidiano, a portare la nostra croce, ossia a utilizzate quotidianamente le situazioni come vere opportunità per amare, per donare, per servire i fratelli e le sorelle che ci vivono accanto, senza illudersi di servire meglio altrove e con persone diverse da quelle che il Signore ci ha donato.
Ecco allora le espressioni frutto della croce del Signore: dono, gratuità, corresponsabilità servizio e quindi anche vicinanza, compassione, tenerezza.
Ci sono date come frutto pasquale che lo Spirito del Signore risorto è disposto ad offrici nella misura in cui noi lo chiediamo.
Buona Pasqua a tutti.
Oscar card. Cantoni