Camerlata, 22 settembre 2024

Chiusura Visita pastorale vicariato di Rebbio

L'omelia del Vescovo

È una grande opportunità questa che ci è offerta di riunirci tutti in questo luogo, provenienti dalle nostre comunità parrocchiali, per celebrare l’Eucaristia dove è conservato il corpo di s. Felice, primo vescovo di Como, dove sono ricordati i martiri S. Carpoforo, Esanzio, Cassio, Severino, Secondo, Licinio e Fedele, primi testimoni della fede in terra comasca.

Noi Siamo qui quale ultimo frutto del sacrificio con cui questi nostri fratelli si sono uniti a quello di Cristo. Essi hanno dato vita a una storia di santità che si è sviluppata lungo i secoli ed è giunta fino a noi, santi della generazione duemila.

Non siamo qui per contarci, né per distinguerci, né per constatare dolorosamente che sismo rimasti in pochi dentro una società che ha rinunciato ad essere cristiana, e nemmeno solamente perché questa Chiesa è più spaziosa di altre.

Siamo qui per imparare dal sacrificio dei martiri e dei santi, generati lungo i secoli, a divenire anche noi sacrificio vivente gradito a Dio, per poter esercitare il nostro comune sacerdozio battesimale, che appunto consiste in una libera e gioiosa donazione di noi stessi.

I discepoli di Gesù, come narra il vangelo di oggi, hanno dovuto fare i conti con i loro desideri di successo, di supremazia gli uni sugli altri, con la loro mania di grandezza e di potere.

Avrebbero preteso da Gesù precise garanzie sull’esito finale del loro stare con lui.  Egli però è stato molto chiaro e categorico, come lo è con noi.

Rovescia il loro intendimento, chiarisce subito la sua posizione, annulla le loro mete egoistiche, smuove i loro schemi mentali. “Chi vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”.

Si tratta di una rivoluzione globale, che richiede una conversione piena. Si può diventare discepoli del Signore solo se accettiamo di vivere una vita che si fa interamente dono.

Questa implica un rovesciamento di mentalità dove il più grande non è chi è più ricco o più potente, ma colui che serve e serve per amore, senza apparire, senza cercare di distinguersi, senza nemmeno impossessarsi del luogo del proprio servizio, senza ritenersi indispensabile o insostituibile.

Una segreta ricerca di sé può essere presente in ciascuno di noi anche dentro il nostro umile quotidiano servizio. Si tratta di imparare ad accogliere tutti con benevolenza, dai piccoli e dei poveri, dai quali non potrà mai venire una ricompensa.

Questo è lo stile che dobbiamo continuamente adottare se vogliamo essere simili al nostro Maestro e Signore, il quale non è venuto per essere servito, ma per servire.

Ecco presentata al vivo la vera grandezza umana. Ecco lo stile delle nostre Comunità cristiane, fatte di persone che in un modo o in un altro, a partire dai doni ricevuti e dalle competenze professionali, si dichiarano disponibili ad essere una presenza d’amore e così presentare una immagine di Chiesa, grande o piccola che sia, non come un centro di potere, ma un riflesso vivo dell’amore infinito della Trinità, che non è chiusa in sé stessa, ma accetta di rendere partecipi anche noi del suo amore infinito.

Una Chiesa che non tace di fronte alle ingiustizie, che accetta di essere una presenza umile e mite in mezzo a un clima di forza e di inaudita violenza, testimone di una pace da costruire appassionatamente nel rispetto della dignità di tutti i popoli. Una chiesa che può essere un faro di luce, una sorgente di pace dentro una società disorientata e sconvolta.  Questo ci ottenga il Signore come frutto di questa Eucaristia.

Oscar card. Cantoni

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