Celebriamo l’Eucaristia, a chiusura della visita pastorale, con i sacerdoti e i rappresentanti di tutto il Vicariato, in questa parrocchia di Schignano, che rivive con gioia e gratitudine a Dio i 500 anni dalla sua istituzione. Una presenza viva di secoli che certamente ha permesso ai membri di questa Comunità di vivere non da isolati, esclusivamente concentrati su loro stessi, ma come comunità cristiana, ossia come espressione di una medesima famiglia unita di figli e di fratelli, dove ci si accoglie e si partecipa alle gioie e alle sofferenze degli altri.
Il cristianesimo determina il modo di pensare, di scegliere e di vivere la vita e di rapportarsi con le persone, attraverso gesti molto semplici, ma concreti, illuminati dalla presenza attiva di Cristo Signore, re della storia, Colui che la attraversa e dirige le sorti il mondo. Non può essere la vita cristiana una caratteristica esclusivamente esteriore, superficiale o di sola facciata. E nemmeno una sola espressione di culto, che tuttavia non incide e non determina il vissuto quotidiano.
La verifica del persistere o meno di questa particolare proposta di vita va letta nei frutti concreti che voi, cari parrocchiani di Schignano, potrete verificare mediante un confronto coraggioso, in un momento comune di verità.
C’è da domandarsi come continuare ad esprimere oggi la scelta cristiana, immersi come siamo in un ambiente culturale che propone e preferisce altri modi differenti di pensare, di valutare la vita, di scegliere e di operare. È un interrogativo che coinvolge e interroga anche le altre comunità pastorali del Vicariato, e ne abbiamo accennato anche ieri, nel corso della nostra assemblea.
Venendo qui, le diverse Comunità pastorali hanno quindi la possibilità di confrontarsi con la storia di questa piccola, ma significativa Comunità, con le ricchezze di fede e di carità accumulate nel corso dei secoli e che ha caratterizzato la particolare identità. Ci domandiamo come aiutarci a vivere oggi la vita cristiana alla luce del vangelo, tenendo conto delle sfide che il mondo propone.
Tutti impariamo gli uni dagli altri. Il confronto ci arricchisce e ci rende solidali. Ci rendiamo conto della positività dello scambio tra noi. Esso ci permette di sentirci tutti coinvolti nella ricerca appassionata dei modi di annunciare oggi Gesù salvatore del mondo, in questo ambiente, all’interno di questa Valle Intelvi, che nei secoli ha prodotto una feconda esperienza di vita cristiana, documentata anche dai tesori artistici qui gelosamente conservati. Eppure, Dio si lascia ancora oggi trovare da chi lo cerca. Viene incontro a ciascuno di noi, adulto o giovane che sia, e per tutti ha parole di vita eterna.
Ci può essere di aiuto il vangelo di oggi, in cui Gesù è interrogato da Pilato, il procuratore romano chiamato a giudicarlo circa la sua identità e missione. Pilato è rimasto molto perplesso di fronte alle dichiarazioni di Gesù circa la sua regalità. Vuole capire se l’uomo che ha di fronte costituisce per lui, romano, una vera minaccia. È chiara la risposta di Gesù, anche se Pilato non la comprende: “Il mio regno non è di questo mondo”. Esso, infatti, è fondato sulla forza, sulla violenza, sul potere, sulla oppressione del più forte sul più debole, sulla ricerca della ricchezza, sul potere, sulla violenza.
Il regno di Dio, inaugurato da Gesù con la sua presenza tra noi, si manifesta invece attraverso ben altri criteri, e noi cristiani, fedeli discepoli di Gesù, vogliamo sostenerli e continuare a promuovere con la nostra vita. Il regno di Dio è manifestato da Gesù attraverso la via nuova del dono di sé, ossia con un amore che si fa servizio, accoglienza di tutti, caratterizzato sul prendersi cura, soprattutto dei più svantaggiati, come risposta all’amore di Dio che ci inonda di pace e di gioia.
Siamo chiamati anche noi a una vita di solidarietà e di servizio, sia all’interno della Chiesa, sia nei confronti del mondo, che attende la buona notizia del Vangelo, alternativa a una vita spesa solo per noi stessi. In questa prospettiva si giustifica anche la scelta del nostro Sinodo, che ha fatto della ministerialità una via per educarci al dono e al servizio. Come già ho accennato ieri mattina, vorremmo che persone generose tra voi potessero donare il loro tempo per una presenza di servizio alle nostre Comunità, anche nelle parrocchie piccole, dove non è più possibile assicurare la presenza di un sacerdote. Ma tutti, come discepoli missionari, siamo chiamati ad essere un segno eloquente del regno di Dio che viene. Esso si costruisce non attraverso realizzazioni spettacolari, ma nella semplicità di una vita che sa spendersi a servizio degli altri e così ci permette di diventare vera immagine di Cristo.
Vi auguro di poter continuare la vostra ricerca, senza scoraggiamenti di sorta. Il Signore cammina con noi, ci conduce e ci avvia a un futuro pieno di speranza, anche alla luce del prossimo Giubileo, ormai alle porte.
Oscar card. Cantoni