Ecco i diversi testi che hanno caratterizzato la cerimonia di beatificazione di Suor Maria Laura Mainetti, celebrata domenica 6 giugno a Chiavenna (foto di apertura de “Il Settimanale della Diocesi di Como”)
A conclusione del rito di beatificazione di suor Maria Laura Mainetti
Abbiamo trascorso insieme un tempo di festa e di intensa gioia per la beatificazione della nostra amata sorella e madre sr Maria Laura ed è bello che come Chiesa di Como, assieme alle religiose “Figlie della Croce”, a cui Ella apparteneva, eleviamo uno speciale inno di lode e di grazia.
Innanzitutto alla Santissima Trinità misericordia per ciò che ha compiuto nella vita e nel martirio di sr Maria Laura. Quindi un ringraziamento alla madre Chiesa, a partire da papa Francesco e da quanti con Lui, nella Congregazione delle cause dei Santi, da Lei presieduta, Eminenza carissima, hanno riconosciuto i segni di santità, impressi in questa nostra sorella.
La vita di suor Maria Laura ha suscitato vivo stupore e intensa commozione nel nostro santo popolo perché, dentro la sua debolezza, è emersa la forza vincitrice di Dio. Attraverso il suo sacrificio risplende la potenza della risurrezione del Signore.
Benedetto Dio Padre per questa sua figlia, frutto luminoso di questa nostra terra, già segnata nella storia da una eletta schiera di santi, di martiri e di beati. Suor Maria Laura ci aiuti a tradurre la santità nel quotidiano, in piena fedeltà alla vocazione di ciascuno.
Benedetto Gesù Cristo, figlio di Dio, nostro Signore, fratello in umanità, che ha ricolmato di gloria sr Maria Laura, il cui martirio non è che il coronamento supremo di una vita tutta protesa a vivere il vangelo nel dono totale di sé, come è impegno di tutti i battezzati, sostenuti dall’esempio dei membri della vita consacrata, parte integrante della vita della nostra Chiesa locale. Con lo stile di vita evangelico, vissuto nella fedeltà quotidiana, i cristiani cambino il mondo, in quanto chiamati a trasformarlo dal di dentro, così che molti possano avvertire l’inquietudine, la sorpresa e insieme il fascino del Vangelo.
Benedetto lo Spirito Santo che ha guidato la Chiesa a riconoscere il dono di grazia manifestato in vita e in morte dalla nostra sorella, proclamata oggi beata. Suor Maria Laura ci aiuti a riattivare la fiamma di quel primo amore per Cristo e per i fratelli, che noi saremmo tentati, a poco a poco, di attenuare, come un lucignolo fumigante, lungo il corso della nostra esistenza. L’azione santificante dello Spirito Santo aiuti ciascuno di noi a edificare la Chiesa nella nostra comune missione di annunciare il vangelo nell’oggi.
Benedetta la santissima Trinità misericordia che con la beatificazione di sr Maria Laura richiama la Chiesa al suo compito primario: quello di generare “santi”, testimoni di Dio nella umanità redenta. Il martirio della nostra Beata ci insegni a non accogliere invano il dono di grazia che Ella ha sviluppato in pienezza, così da operare con rinnovato entusiasmo a servizio della comunione, dono dello Spirito. Nessuno si senta emarginato e sconfitto dalla disperazione, dalla solitudine e dal dolore.
La gratitudine per la beatificazione di sr Maria Laura possa suscitare in noi, comunità cristiana e civile, famiglie, sacerdoti ed educatori, un alto senso di responsabilità, soprattutto a tutela e a promozione del mondo dei ragazzi e dei giovani, in questo tempo di grande “emergenza educativa”, e quindi della loro formazione integrale, per la quale sr Maria Laura si è presa particolarmente cura, lungo il corso del suo impegno apostolico.
Con Maria, prima discepola di Cristo e madre della Chiesa, particolarmente venerata in questa terra a Gallivaggio, con tutti i nostri santi Patroni, fra i quali rifulge s. Luigi Guanella, oriundo della Val Chiavenna, con i Santi fondatori delle Figlie della Croce, magnifichiamo il Signore per questo straordinario segno di fedeltà e di amore, che di nuovo Egli ci ha offerto attraverso la vita e il martirio della beata sr Maria Laura. Valorizziamo, con l’aiuto di Dio, i doni di grazia che Ella ci ha ampiamente testimoniato.
Amen.
+ Oscar Cantoni, vescovo
Chiavenna, 6 giugno 2021
Il testo in lingua italiana del decreto di beatificazione di Suor Maria Laura (cliccando qui è possibile scaricare in lingua latina la Litterae Apostolicae):
LETTERA APOSTOLICA
Noi,
accogliendo le suppliche del nostro fratello
Oscar Cantoni,
Vescovo di Como,
nonché di molti altri fratelli nell’episcopato
e di molti fedeli,
udito il parere della Congregazione delle Cause dei Santi,
con la nostra Autorità Apostolica
concediamo che
la Venerabile Serva di Dio
MARIA LAURA MAINETTI
(al secolo Teresina Elisabetta)
religiosa della Congregazione delle Figlie della Croce,
Suore di Sant’Andrea, martire,
che, alla sequela di Gesù, si è resa testimone credibile di
carità e benevolenza
fino all’effusione del sangue,
d’ora in poi sia chiamata
BEATA
e che (la sua festa) possa essere celebrata ogni anno, nei
luoghi e secondo le regole stabilite dal diritto,
il 6 Giugno, giorno della sua nascita al cielo.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.
Dato a Roma, presso il (Palazzo del) Laterano, il giorno
10 del mese di maggio,
nell’anno del Signore 2021,
nono del Nostro Pontificato.
FRANCESCO
Clicca qui per scaricare il .pdf Decreto Mainetti Traduzione conoscitiva
Questo è il link relativo alla notizia della cerimonia di beatificazione di Suor Maria Laura dal sito de “Il Settimanale della Diocesi di Como:
Suor Maria Laura Beata! – Diocesi di Como (settimanalediocesidicomo.it)
Di seguito il testo dell’omelia del cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, per la beatificazione di suor Maria Laura Mainetti.
LA VERA CARITÀ
Omelia per il rito di beatificazione della martire M. Laura Mainetti
Parlando della comune professione perpetua tra le «Figlie della Croce», una consorella della nostra Beata ha ricordato che a tutte loro fu proposto di scrivere in un bigliettino la grazia che ciascuna domandava al Signore; riferiva pure che ella scrisse: «La vera carità» (cf. Summarium, Doc. 32, 282). L’espressione vera caritas è tradizionale e vi ricorse anche san Tommaso per ricordare che consiste nell’amare Dio più di se stessi e il prossimo come se stessi (cf. Mc 12,29-30) ed è l’opposto dell’amore di sé.
Questa medesima espressione fu molto cara a san Paolo VI, il quale l’uso in diverse occasioni; una volta, in una forma che potremmo ritenere adatta per la nostra circostanza: «Se davvero la nostra carità tende a imitare (non possiamo mai dire: eguagliare!) quella sconfinata e divina di Gesù, Gesù è rappresentato, Gesù è presente. La nostra carità diventa segno; segno di Cristo. Figli carissimi! Abbiamo noi sotto gli occhi simili segni di Cristo? Abbiamo noi nella Chiesa fatti caritativi, che ci fanno intravedere la sua presenza fra noi? La Chiesa è ancor oggi convalidata nel suo possesso di Cristo dalla carità? Quella carità fondata sull’amor di Dio, quella carità che risolve tutti i contrasti della convivenza umana, quella carità, che si dona senza limiti e senza compenso? Sì, sì, diletti Figli di questa santa Chiesa cattolica; ella è tutta lucente di tali segni, di tali testimonianze! Aprite gli occhi e osservate quante luci di quella carità irradiano dal suo mantello; dal suo abito storico e concreto, vogliamo dire, un abito non tutto egualmente splendido e nuovo, un abito antico e tanto umano, che sempre ha bisogno d’essere riparato e rinnovato (come ha cercato di fare il Concilio), ma tutto smaltato dalle gemme scintillanti di quella presenza di Cristo, che la vera carità chiama ancora fra noi. Osservate quante vocazioni di uomini e di donne ancor oggi immolano vite giovani e fiorenti all’esercizio e alla testimonianza della carità» (Udienza del 9 novembre 1966). La beata Maria Laura Mainetti, che invocò dal Signore il dono della «vera carità», è una di queste testimoni. Anzi, è martire!
L’espressione vera caritas – lo sappiamo – è presente nella Liturgia della Messa vespertina in cena Domini. Dopo il gesto della lavanda dei piedi, che ricorda la carità di Cristo, e durante la processione dei fedeli che presentano, con il pane e il vino, i doni per i poveri, la Chiesa ci fa cantare un antico inno composto da Paolino d’Aquileia durante il quale si ripete l’antifona: Ubi caritas est vera, Deus ibi est. Uno dei versetti dice: «noi formiamo qui riuniti un solo corpo». Siamo, così, ricondotti al mistero dell’Eucaristia, cui è dedicata questa domenica.
Mentre, però, ricordiamo ciò che il Signore fece coi suoi discepoli nell’Ultima Cena, ci risuonano nella mente le sue parole: «Io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio» (Mc 14,25). Queste parole, che concludono il racconto evangelico, sono un annuncio di morte. Gesù parla di un digiuno e ogni digiuno raffigura una morte. Egli non si lascia sorprendere dagli eventi. È consapevole dei progetti di morte maturati contro di lui, ma non si lascia togliere la vita. Prima la dona ai suoi discepoli, la offre a loro spontaneamente. La sua consegna è racchiusa nei segni del pane e del vino e oggi raggiunge tutti noi che, uniti attorno alla stessa mensa, ripetiamo in memoria di lui quel che egli ha fatto «nella notte in cui veniva tradito».
Le parole di Gesù, però, non sono soltanto un congedo. Sono anche una promessa. Diremo, anzi, che dalle sue parole fiorisce la speranza. Le parole del Signore sono mani tese verso di noi; sono un abbraccio, che tutti ci raccoglie. Gesù parla di un «vino nuovo» – ossia di un banchetto festivo – bevuto nel regno di Dio. Ogni digiuno, in fin dei conti, vuol dire attendere e, per questo, rinvia a una festa. Il vangelo secondo Matteo contiene una piccola, ma importante esplicitazione. Scrive: «lo berrò nuovo con voi» (Mt 26,29). Chi mai banchetterebbe da solo? È confortante, allora, cogliere dalle labbra di Gesù questo: con voi! È molto bello il commento che ne ha lasciato Origene: «Non vuole bere da solo il vino nel Regno di Dio. Egli ci aspetta. Infatti così disse: finché non lo berrò con voi… Ci aspetta per bere del succo di questa vite. Di quale vite? Di quella di cui Egli era la figura» (In Leviticum VII, 3: PG 12, 479). Nelle parole di Gesù, insomma, Origene riconosce il desiderio che Egli ha di averci con Lui, per sempre.
Non ha forse detto: «Verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi… Non vi lascerò orfani: verrò da voi» (Gv 14,3.18)? Potremmo, anzi, aggiungere, che il «vino nuovo» Gesù lo pregusta di già, ogni volta che la sua comunità – quella per la quale ha dato la sua vita e alla quale il Padre lo ha ridonato risorto – fa memoria di Lui in attesa della sua venuta. Il Regno dove sarà gustato il «vino nuovo» si avvicina sempre di più ogni volta che «annunciamo la morte del Signore e proclamiamo la sua risurrezione». E già degustano il «vino nuovo» del Regno quanti sono rivestiti della «veste di lino puro e splendente», ossia delle «opere giuste dei santi», per i quali è scritto: «Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!» (Ap 19,8-9). Tra questi invitati la Chiesa oggi riconosce la beata martire Maria Laura Mainetti.
L’ora cruciale della sua vita tutti la conosciamo ed è stata ancora rievocata all’inizio di questo rito solenne. Mentre moriva, ella perdonava e pregava per chi le procurava la morte. «… Come noi li rimettiamo ai nostri debitori», diciamo nel Pater. Quante volte, nella Santa Messa, per prepararsi all’incontro sacramentale con Cristo; e poi in
comunità, o da sola suor Maria Laura ha recitato questa preghiera. Ammonisce sant’Agostino: «Vuoi dirlo in tutta sicurezza? Fa’ quel che dici» (Enarrat. in Ps., 103 I, 19: PL 37, 1352). È, infatti, perdonando, che si è perdonati. Al termine della sua esistenza, mentre era uccisa suor Maria Laura l’ha fatto ancora; questa volta, però, prima d’incontrarlo realmente, il Signore. Risentiamo allora sant’Agostino: «Come noi li rimettiamo ai nostri debitori: se potrai dire così, cammina pure sicuro, esulta nella via, canta nella via. Non temere il giudice!» (Enarrat. in Ps., 66, 7: PL 36, 808).
Nel processo per la beatificazione, un testimone si domandò: «Come mai una suora, che vive per tanti anni nel suo ritmo ordinario, arriva a questa autocoscienza, di dover pregare per quelli che la uccidono, mentre la uccidono, quasi producendo una fotocopia del Vangelo… » (Summarium Testium, Teste II, §48). Sì: come mai? Nella tradizione cristiana, soprattutto i martiri si usava chiamarli athletae Christi. Ma cosa fanno gli atleti per vincere le gare? Allenamenti continui, fatiche, rinunce fuori dell’ordinario … I nostri santi, allora, saranno anch’essi uomini e donne dell’eccezione, dello sforzo? La nostra martire scriveva: «Il cammino della mia vita religiosa è molto semplice. Ero molto giovane quando un sacerdote, dopo una confessione mi ha detto: “Tu devi fare qualcosa di bello per gli altri”. C’era in questa frase un imperativo: inoltre la sua risonanza in me mi riempiva di gioia. Sentivo che avrei dato un senso pieno alla mia vita» (Informatio, 22). La santità è così: non è il frutto di uno sforzo umano, ma spunta semplicemente come un fiore nel prato.
Nelle prime pagine del suo Manoscritto «A», gettando uno sguardo sulla propria vita santa Teresa di Gesù Bambino scriveva: «Gesù … mi ha messo davanti agli occhi il libro della natura e ho capito che tutti i fiori che ha creato sono belli, che lo splendore della rosa e il candore del giglio non tolgono il profumo della piccola violetta o la semplicità incantevole della pratolina … Così avviene nel mondo delle anime che è il giardino di Gesù… La perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell’essere ciò che Egli vuole che noi siamo…» (f. 2v°). Ho citato santa Teresina perché la nostra Beata la volle come patrona e, proprio per imitarla, scelse «il tutto, il più grande, la vera
carità» (cf. Summ., Doc. 32 cit.). Anche questo possiamo apprenderlo dalla storia di santità della nostra beata martire.
Nell’esortazione apostolica Gaudete et exsultate papa Francesco ha scritto: «Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova» (n. 14). Oggi, forse, è necessario ricordarlo: il terreno per la fioritura della santità non è l’eccezionale, ma la fedeltà nel quotidiano. È in esso che si fa presente il momento opportuno (kairós). Alla fin fine, la «vera carità» che la beata M. Laura Mainetti scelse e portò a compimento nell’ora del martirio potrebbe coincidere col dilige et quod vis fac di sant’Agostino: «Ama e fa’ ciò che vuoi. Sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; vi sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene» (In Epistolam Ioannis ad Parthos, VII, 8: PL 35, 2033).
Chiavenna (So), 6 giugno 2021
Marcello Card. SEMERARO
Infine il testo in preparazione alla cerimonia di beatificazione di Mons. Oscar Cantoni, Vescovo di Como
Suor Maria Laura ha ampiamente conquistato il cuore di tante persone a cui è stata narrata in questi mesi la sua storia e descritta la sua personalità. Una donna semplice, affabile, dedicata a chiunque avesse avuto bisogno di aiuto e di conforto. Una vera “donna di Dio”, che ha saputo tramettere al vivo attraverso la sua umanità, senza mai ostentare se stessa e la sua profondità spirituale, rivelatasi dopo la sua tragica morte.
E’ modello credibile di vita cristiana, che affascina e attrae perché vissuta nello scorrere dei giorni feriali. Sebbene non l’abbia personalmente conosciuta a fondo, cerco di interpretare la sua vita e la sua persona, che sento straordinariamente attuale. È proprio vero che “i Santi non invecchiano mai!”, vanno al di là del loro tempo e del loro ambiente di vita, sono un modello per tutti e per ciascuno.
1. FIGLIA DI DIO E DELLA NOSTRA TERRA
Suor Maria Laura ha respirato la fede del Battesimo fin dalla sua nascita, in una famiglia povera della nostra terra e in una Comunità di fede, dal momento che si diventa cristiani insieme, sorretti gli uni dagli altri. Una fede che è piena confidenza in Dio e radicamento nella sua Parola, ma anche mutua e sincera relazione con la gente, con cui condividere, con semplicità e fiducia, ciò che si è e ciò che si ha. Una fede cresciuta nel nostro stesso ambiente di vita, che si conferma, ancora una volta, terreno fecondo di vita cristiana, visti i santi e i beati che emergono silenziosamente, anche nei nostri tempi. Una fede che suor Maria Laura consegna alle nuove generazioni come un tesoro non solo da custodire, ma anche da promuovere e diffondere.
2. FIGLIA DELLA CROCE
Conquistata da una certezza, frutto della libera azione dello Spirito santo in lei: “fare della vita qualcosa di bello per Dio e per i fratelli”, suor Maria Laura ha trovato nel progetto di vita delle Religiose “Figlie della Croce” la molla ideale per sviluppare e portare a compimento il suo santo proposito. La croce è l’espressione massima dell’amore di Cristo per ogni uomo, segno di una vita che è un continuo uscire da sé, per essere protesi verso i fratelli, in piena gratuità, sperimentando in questo modo il centuplo che Cristo Signore promette a chi abbandonato tutto per seguirlo. Sr Maria Laura si è lasciata innamorare dall’amore di Cristo. Seguendolo, a Lui si è donata in pienezza, e assieme a Lui, a tutti quelli che Egli ama e nei quali Egli è solito identificarsi, cioè i poveri, i piccoli, i non amati.
3. SORELLA E MADRE
Lieta per aver seguito Gesù, suor Maria Laura è diventata per grazia sorella e madre di tutti coloro che ha incontrato, con una disponibilità piena, fino a consumarsi nel dono totale di sé, non per forza, ma per amore, vissuto nella gioia e animato dalla carità di Cristo, che non conosce confini né limiti. La gente semplice, che possiede un “fiuto infallibile”, sa distinguere immediatamente chi svolge passivamente e senza slancio il proprio ministero da chi lo compie invece perché espressione di una pienezza del cuore.
Per chi è così, come suor Maria Laura, la carità non ha orario, il proprio servizio non risulta mai pesante, non esistono distinzioni o scelte tra chi preferire o persone a cui non dare troppo importanza.
Ogni uomo o donna che sia, è fratello o sorella da custodire con ogni cura, a qualunque prezzo.
Suor Maria Laura è stata madre per tutti, segno di una fecondità spirituale che il Signore regala a chi si offre totalmente a Lui. Così a Chiavenna, soprattutto, suor Maria Laura ha vissuto in pienezza la sua maternità spirituale, quella che unisce tenerezza e prontezza nel donarsi, in una disponibilità a tutto campo, tanto da meravigliare quanti la avvicinavano.
4. DONNA DELLE BEATITUDINI
La sequela del Signore si è tradotta, nella vita di suor Maria Laura, in un progressivo identificarsi con Lui, secondo i criteri sintetizzati nel progetto di vita delle Beatitudini evangeliche. Vale la pena di scorrerle una ad una e cosi è facile accorgersi come in suor Maria Laura esse si siano incarnate pienamente dentro il suo vissuto quotidiano. Le situazioni di vita variano, le personalità si caratterizzano nella loro originalità, ma le
singole Beatitudini si manifestano dentro il variare delle diverse storie. In suor Maria Laura la beatitudine riservata ai perseguitati, che l’ha condotta fino al dono supremo di sé nel martirio, si è intrecciata con quella dei poveri. La nostra Suor Maria Laura ha maturato, con un esercizio continuo, la beatitudine dei miti e dei misericordiosi, unendosi poi a coloro che promuovono la giustizia e la pace. Il dono del martirio è il frutto maturo di una vita intensamente vissuta, totalmente dimentica di sé, a servizio degli oppressi.
Cristo Signore l’ha premiata identificandola pienamente a Lui, primo martire, fedele a Dio e ai fratelli.
5. DONNA EUCARISTICA
Non è un semplice caso che il giorno della beatificazione di suor Maria Laura coincida con la festa del “Corpus Domini”, memoriale della festa delle nozze dell’Agnello, immolato e vincitore. Con l’Eucaristia non siamo più noi che viviamo, ma è Gesù che vive in noi: le nostre azioni nascono dalla comunione con Lui, dal momento che siamo stati creati per la comunione e per il dono di noi stessi. Siamo chiamati ad attingere dal cuore di Cristo energie sempre nuove d’amore, così da diventare anche noi fonte di vita per gli altri, donando quindi la nostra vita, in un modo o nell’altro, agli altri. E’ ciò che la Chiesa intende proclamare con la nostra amata suor Maria Laura. Dichiarandola beata, la Chiesa vuole aiutarci a divenire noi pure come lei. Il suo corpo, mediante una esistenza offerta fino al martirio, è strumento eloquente e luminoso per diffondere ovunque l’amore di Dio per tutti. La testimonianza della nostra Beata non sia quindi solo un tesoro da custodire e di cui gloriarci, ma uno stimolo eloquente perché anche noi, mangiando e bevendo il Corpo e il Sangue del Signore risorto, viviamo in comunione con Lui e con il Padre, capaci perfino di giungere, proprio come suor Laura, al dono supremo del perdono.
+ Oscar Cantoni, vescovo