Don Armando è tornato qui, come era naturale, in questa piccola comunità di fede, dove è stato parroco per ben 55 anni, per l’ultimo abbraccio con la sua gente.
Un lungo e prolungato periodo che abbraccia la storia di varie generazioni di questa popolazione e che ha permesso a don Armando di identificarsi, in modo naturale e stretto, con la vita di tutte le famiglie di questo paese, condividendo gli immancabili eventi gioiosi e tristi.
Insieme a tutta la sua gente, che lo ricorda con affetto e gratitudine, che lo ha accettato nel suo inconfondibile stile, dovuto al temperamento e alle circostanze che via via lo hanno plasmato, noi tutti, a partire dai fratelli presbiteri di questo vicariato, lo consegniamo ora nelle mani di Cristo Signore, pastore dei pastori, perché lo accompagni lungo il grande viaggio verso l’assemblea dei Santi, al cospetto di Dio Trinità.
La presenza così prolungata di don Armando in questa parrocchia di Motta non riflette certo l’immagine del discepolo itinerante, disposto a recarsi ovunque, a imitazione del Maestro, cioè senza piantare le radici in un luogo determinato.
Tuttavia, la lunga permanenza in un medesimo ambiente, da parte di un pastore, può esprimere al vivo la fedeltà incondizionata di Cristo, che si lega, in maniera stabile, con la sua Sposa, di cui ogni parrocchia è una immagine. Questa è la testimonianza che don Armando ci ha offerto, considerando i suoi lunghi anni di presenza qui.
Abbiamo ascoltato un passaggio della lettera ai Romani in cui s. Paolo si domanda chi potrà mai separarci dall’amore di Cristo. E prosegue: “forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo e la spada”?
Pensando alla lunga storia di don Armando, come è andata elaborandosi nel tempo, alle sue particolari disposizioni caratteriali, comprese le difficoltà di relazione interpersonale, non fatico a credere che egli abbia particolarmente sofferto molta solitudine, e questa lo abbia fatto soffrire non poco.
Lui stesso me lo aveva ricordato, in un momento di bella intimità e di fiduciale confidenza, una volta che ha saputo superare la sua barriera di circospezione verso il suo proprio vescovo.
Don Armando ha trovato così modo di lasciare emergere con umiltà la sua vera identità, che voleva tenacemente custodire, la sua naturale dimensione di semplicità, di piccolezza e di mitezza, frutto di un’anima levigata, a poco a poco, dalla grazia di Dio.
In questo modo, nelle condizioni, a volte precarie, in cui don Armando ha vissuto, non si è mai sentito separato dall’amore di Cristo e dalla comunione con la sua e nostra Chiesa, unito anche a una profonda devozione mariana.
Le condizioni interiori che don Armando via via ha lasciato trapelare, sono certamente emerse lungo gli anni dentro le stabili e continuate relazioni con i vari parrocchiani. Voi lo avete accettato, con le sue caratteristiche, ma insieme lo avete riconosciuto nelle sue virtù sacerdotali, nel generoso dono costante di sé ai fratelli, come è tipico di chi esercita il ministero presbiterale.
Vi ringrazio per questa bella intesa, dimostrata anche quando, con tanta fatica, ha lasciato la parrocchia e ha accettato, sia pure con molta sofferenza, di ritirarsi nella casa per anziani a Villa di Tirano, che ringrazio per averlo familiarmente accolto.
Ora Cristo, che il Padre ha inviato perché non perdesse nessuno di quanti egli ha redento con la sua croce, ammette don Armando alla piena comunione con sé, lo rende partecipe della sua risurrezione e poiché ha creduto in lui, gli assicura la vita eterna.
Caro don Armando, ricordati di tutti noi, tuoi fratelli presbiteri, e della tua gente, quando sarai nel regno del Padre e aiutaci con la tua preghiera a mantenerci fedeli nel servizio al popolo di Dio, assicurandoci anche nuovi zelanti pastori.
Oscar card. Cantoni