Don Ambrogio è stato chiamato dal Padre alla pienezza della vita in un giorno speciale, in una data molto significativa per noi cristiani, quella in cui la Chiesa festeggia tutti i Santi e manifesta la sua gioia per tanti nostri fratelli e sorelle che godono già della visione di Dio e partecipano dei suoi beni.
E così ad accompagnare il santo viaggio di purificazione di don Ambrogio, in vista di essere accolto nella Gerusalemme celeste, dove godere della gioia di Dio, nella gloria dei santi e dei beati, certamente si è interposta la nostra beata sr Maria Laura, a cui don Ambrogio era strettamente legato e che quotidianamente invocava, perché il suo martirio l’ha direttamente coinvolto in prima persona, tanto che questa drammatica esperienza ha prodotto in lui un arricchimento particolarmente significativo del suo ministero di pastore.
Si commuoveva profondamente, don Ambrogio, fino alle lacrime, parlando di sr Maria Laura e ricordava con ammirazione il suo tratto di bontà e di tenerezza nei confronti di tutti, in particolare dei giovani e dei poveri. Ne esaltava le sue molteplici virtù, ammirato dal suo gesto di perdono, che le ha consentito di affrontare il martirio con animo sereno.
Tutta la vita di d. Ambrogio è stata un crescendo continuo, arricchito dalle responsabilità sempre più impegnative e coinvolgenti che gli sono state affidate: da vicario parrocchiale a Cadorago a parroco di Pognana e poi di s. Rocco in Como, da insegnante di religione a rettore del nostro Seminario, a parroco di Chiavenna s. Lorenzo per ben 22 anni. Per concludere qui a Mandello in un servizio pastorale in piena collaborazione con sacerdoti e fedeli.
Don Ambrogio ha compiuto questi compiti ministeriali con semplicità e gioia, nel generoso dono di sé, senza risparmio alcuno, in un pieno e totale coinvolgimento. Sapeva accogliere le persone con generosa disponibilità, con una grande affabilità, unita anche a una ponderata saggezza.
Tra le beatitudini evangeliche, proclamate nel vangelo di oggi, che meglio ha saputo incarnare, vorrei riconoscere a don Ambrogio quella della mitezza, che è la virtù dei forti. “Beati i miti, perché erediteranno la terra”. La mitezza definisce il profondo di una persona.
Sappiamo bene che la mitezza può essere interpretata dalla mentalità odierna come un segno di debolezza o di mancanza di coraggio. Essa è piuttosto frutto di un lento e non comune cammino ascetico, che permette di esercitare in sommo grado la pazienza e non si lascia condizionare dalle reazioni negative di quanti vorrebbero prevalere con ogni mezzo. La mitezza è di chi non avanza pretese di dominio nei confronti degli altri. Il mite non cerca segni di potenza che il mondo spesso usa.
La mitezza è la viva immagine di Cristo, buon pastore, “mite e umile di cuore”, in tutto docile alla volontà del Padre. I gesti di Gesù nei confronti dei piccoli e dei poveri infondevano fiducia. L’intera sua missione è avvenuta in un clima di rispettosa discrezione, senza imporsi a nessuno. I miti assomigliano a Gesù. Anche don Ambrogio sapeva avvicinare le persone con grande amabilità. In lui era assente ogni spirito polemico o di parte. Era mite con tutti, anche quando era chiamato a interventi di autorità. Le sue risposte erano espressione di un atteggiamento benevolo, comprensivo e mai giudicante.
La identificazione di don Ambrogio con Cristo si è sviluppata mediante la sottolineatura di questa virtù tanto preziosa, divenendo così una sua viva immagine.
Caro don Ambrogio: ti ringrazio per il tanto bene che hai distribuito lungo il tuo lungo e fecondo ministero, con il quale hai onorato la nostra Diocesi, che a sua volta ti riconosce come uno dei suoi figli più virtuosi e stimati. L’hai amata teneramente e l’hai servita senza nulla pretendere in cambio. Dio ti ricompensi per le tue fatiche apostoliche e ti ammetta a lodarlo in eterno in compagnia fraterna e gioiosa con la beata suor Maria Laura e con i tanti sacerdoti e laici che hanno lavorato con te nella vigna del Signore.
Oscar card. Cantoni