Il Consiglio Presbiterale ha dedicato la sua ciclica seduta (martedì 8 gennaio in Seminario) ai sacerdoti anziani e ammalati. “Imparare a congedarsi” titolo un recente intervento di Papa Francesco sull’argomento, che ha fatto da sfondo alla discussione. Dove “congedarsi” non equivale a “licenziamento” “rottamazione” – logiche aziendalistiche e non familiari, ha inteso sottolineare ail vecsovo Oscar, come tali estranee alla comunità ecclesiale – , ma capacità di far rivivere il ministero presbiterale negli anni e nella condizione dell’anzianità.
La discussione – alla presenza anche dei due delegati vescovili per il clero anziano di Como (don Mario Borella) e Sondrio (mons. Valerio Modenesi, impegnato negli esercizi, che ha fatto pervenire uno scritto) – si è concentrata dapprima sull’analisi della realtà. Che parla anzitutto del progressivo e inesorabile invecchiamento del clero – nulla di strano: riflette la cura demografica diffusa – e delle risposte attualmente disponibili nell’ambito diocesano. A questo riguardo sono state passate in rassegna diverse soluzioni già attuate: dalle parrocchie che accolgono sacerdoti “quiescenti” ma ancora attivi (anzi, capaci di mettere al servizio le proprie immense risorse di saggezza e di esperienza), alle soluzioni più complesse, che chiamano in causa gli ospedali territoriali come il Valduce e le RSA convenzionate. Un servizio di particolare pregio viene offerto dalla famiglia Guanelliana (a Como e a Nuova Olonio), dal Fatebenefratelli di Solbiate e dalla casa del sacerdote di Santa Croce a Como (in via di rinnovamento per affiancare alla struttura di “casa-albergo” un nuovo comparto concepito come “casa-famiglia” per sacerdoti anziani ma autonomi o parzialmente tali). Guardando più al futuro, si è convenuto sulla necessità di predisporre varie e articolate soluzioni. Compresa la residenzialità in parrocchia per l’ex parroco anziano, quando la parrocchia stessa dovesse entrare a far parte di una comunità pastorale più grande, affidata ad un altro parroco unico. Sono allo studio anche soluzioni cosiddette di “residenzialità leggera” (appunto secondo i modelli della “casa-albergo” e della “casa famiglia”) e il ripristino delle antiche esperienze delle Case canonicali (ovviamente nei centri più grossi) che potrebbero ospitare più sacerdoti. In generale è chiaro che bisogna sopperire a diverse e complesse esigenze: da quella della fraternità più spicciola verso il sacerdote anziano o ammalato (qui il ruolo decisivo è del Vicario foraneo e degli altri sacerdoti della foranìa, con l’ausilio del delegato vescovile), a quella della gestione economica e logistica (casa, sostentamento, collaboratrici domestiche), a quella della cura della salute. Queste ultime due esigenze, in particolare, richiedono il coinvolgimento dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero e del Fondo Diocesano di Solidarietà. Si sta pensando anche alla possibilità di “arruolare” un pool di medici in pensione per un servizio specifico di disponibilità sul territorio a favore dei sacerdoti soli e anziani, alla luce anche delle crescenti difficoltà operative dei “medici di famiglia”. Per tutte queste questioni è allo studio la costituzione di un’apposita Commissione.
Per tutti i sacerdoti anziani e ammalati vale la grande lezione di Benedetto XVI: “Non abbandono la Chiesa, continuo a servirla con lo stesso ardore, ma in un modo più conforme alla mia età e alle mie forze”.