Ingresso don Roberto Bartesaghi

Cari parrocchiani di Tavernola,

mi auguro che voi sappiate utilizzare quel “fiuto particolare” del santo popolo di Dio, che sa riconoscere al volo le opportunità che il  Signore gli concede per poter crescere nella fede e così offrire a tutti, anche ai non credenti o semplicemente ai tanti indifferenti, una testimonianza limpida di una comunità cristiana attrattiva e gioiosa, perché unita e solidale, quale vuole essere la vostra!

Voglio sperare, inoltre, che la vostra parrocchia sia ancora capace di generare (o rigenerare) alla fede i battezzati e vi stimoli a maturare scelte cristiane del tutto libere e convinte, così da poter essere in grado di sviluppare una forte dimensione missionaria nei vostri vari ambienti di vita. “Una Chiesa in uscita, missionaria, è una Chiesa che non perde tempo a piangere le cose che non vanno, i fedeli che non ha più, i valori di un tempo che non ci sono più. Una Chiesa che non cerca oasi protette per stare tranquilla, desidera solo essere sale della terra e lievito per il mondo” (Francesco)

Se è così, l’arrivo del vostro nuovo parroco è una felice occasione per confermare questo orientamento e per promuoverlo ancora meglio.

Il momento storico che stiamo attraversando è piuttosto impegnativo. Si respira ovunque un’aria di forte individualismo, perché porta come frutto una marcata solitudine.

Le persone sono spesso chiuse in loro stesse, avvolte da tante urgenze, scadenze e impegni che rendono più difficili le occasioni per relazioni vere e profonde con l’esterno, più rara la scelta di impegnarsi a servizio nella società e anche nella parrocchia.

Il prendersi cura degli altri, l’interessarsi dei problemi comuni, il prendere parte a momenti extra familiare richiede una grande generosità e un forte impegno, ma è un compito ineludibile per un nuovo sussulto di umanità. Spetta ai cristiani testimoniare che la fraternità non solo è possibile, ma anche è desiderabile.

Per questo obiettivo, anche la vostra parrocchia, oggi, non può più essere considerata come una semplice “stazione di servizio” per le sole celebrazioni liturgiche, ma deve diventare un ambiente di vita, un luogo in cui poter toccare con mano il valore della fraternità, a partire dalla esperienza della paternità di Dio, celebrata nella liturgia e annunciata attraverso tante forme di carità. Solo la fraternità, infatti, può ristabilire la circolazione della tenerezza, della compassione, della pazienza, aspetti fondamentali per qualificare un mondo davvero più umano.

La vostra parrocchia, con la presenza del vostro nuovo pastore, potrà caratterizzarsi come un luogo di vita fraterna accogliente se essa verrà riconosciuta come “la famiglia delle famiglie”, in cui c’è spazio per tutti, adulti, giovani e bambini, mediante famiglie aperte e solidali, dove laici e laiche sono coinvolti creativamente, ciascuno con i propri doni, contribuendo così a dar vita a un luogo che rigenera alla fede, capace di suscitare relazioni positive con tutti, poveri ed emarginati compresi, e testimoniare la misericordia di Dio che si china su tutti, senza escludere nessuno.

Una parrocchia è uno spazio vitale, dove ci si conosce personalmente, ci si chiama per nome, in risposta a Colui che ci ama e ci conosce uno per uno, il Signore Gesù. Qui i poveri sono di casa, accolti nella loro dignità e trattati con rispetto; i ragazzi e i giovani condividono una esperienza di fede che promuove la loro umanità e li prepara ad affrontare coraggiosamente il futuro, imparando a sentirsi responsabili degli altri. L’intento della comunità cristiana è quello di aiutare i cristiani a vivere coinvolti in una esperienza di fede, frutto dell’ascolto della Parola di Dio e della celebrazione eucaristica, tale da disporli ad offrire alla società qualcosa di nuovo, di bello e soprattutto di umanizzante, che favorisca la vittoria sulla solitudine, l’indifferenza e la tristezza, e affronti le diverse povertà materiali e spirituali.

Se avvertite l’esigenza di una immagine di parrocchia secondo questo stile, il compito principale che il nuovo parroco si assume non sarà quello di sentirsi caricato di tutti i pesi e le responsabilità pastorali.

Il suo principale ministero sarà piuttosto quello di promuovere la corresponsabilità di tutti, adulti, giovani e anziani. “La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati” (EG 120), ci ricorda Papa Francesco.

In questo caso, c’è bisogno di un prete non con l’animo del funzionario, che programma e coordina a tavolino, ma di pastore, vicino alla gente, che sappia dialogare con tutti, stimolare la partecipazione e che possa interessare le diverse categorie di persone perché facciano della parrocchia un punto ordinario di riferimento, per dare vita, proprio qui in parrocchia, a una vita fraterna, quale vera profezia per il mondo. C’è bisogno di un pastore, quindi, che sappia costruire reti di comunione e di solidarietà.

Credo che don Roberto abbia tutte “le carte in regola” per aiutarvi a costruire una parrocchia così, che sappia aiutarvi, con la sua presenza, a dare forma a una comunità fraterna, attraente e luminosa e che, nello stesso tempo, vi stimoli verso un reale impegno per l’applicazione del Vangelo alla trasformazione della società, “felici di portare Gesù in ogni strada, in ogni piazza, in ogni angolo della terra” (EG 106).

Per un prete questo è un compito affascinante, che genera gioia e speranza, propositi di impegno, a condizione, però, che non sia lasciato solo, ma sorretto da tutta la comunità.

Vi assicuro che don Roberto non ha perso lo smalto della giovinezza, né l’entusiasmo pastorale, né lo zelo degli inizi (e questa è una grande grazia per lui, ma anche per voi!).

Non posso che augurargli un buon cammino apostolico, unito a una viva gratitudine, per avermi accompagnato e sostenuto come un fratello nel mio servizio pastorale, in questi tre anni di episcopato a Como.

 

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