La settimana eucaristica pasquale della Divina Misericordia
- Cari fratelli e sorelle, ci apprestiamo ad entrare ancora una volta, nel sacro tempo della Quaresima che, con i suoi tratti di austerità e di essenzialità, costituisce un tempo propizio per ritornare a Dio. «Laceratevi il cuore, e non le vesti, ritornate al Signore» (Gl 2,13). Così esorta il profeta Gioele, a cui la liturgia del Mercoledì delle Ceneri affida il compito di intonare il canto penitenziale di questo tempo. Se è vero che la Quaresima si presenta davanti a noi con gli abiti della penitenza e del digiuno, non possiamo però dimenticare che il suo scopo è quello di preparare alla Chiesa un abito nuziale, con il quale entrare, con gioia rinnovata, al banchetto della Pasqua, quando il Signore stesso, cingendosi le vesti ai fianchi, ci farà mettere a tavola e passerà a servirci (cfr. Lc 12,37). Allora diventerà evidente che la cenere sul capo – austero e suggestivo segno di penitenza – è un passaggio obbligato per avere parte con lui (cfr. Gv 13,8). Se il Signore non ci purifica e noi, da parte nostra, non ci lasciamo purificare, confessando il nostro peccato, non potremo ultimamente avere parte con lui. Gli esercizi da compiere in questo tempo li conosciamo bene: la preghiera, il digiuno e l’elemosina (cfr. Mt 6,1-18). La preghiera per aprirci fiduciosamente a Dio; il digiuno per ricondurre il nostro «io», sempre debordante, entro i giusti confini; l’elemosina per imparare sempre e di nuovo ad aprirci agli altri.
- Quest’anno non posso non guardare al tempo che ci sta dinnanzi senza pensare alla grande gioia che abbiamo sperimentato quando il Dicastero per la Dottrina della Fede ha ufficialmente riconosciuto, lo scorso 4 ottobre, che la vicenda spirituale del santuario di Maccio, incentrata proprio sul mistero della redenzione, «è intrisa di elementi positivi di cui non si può non tener conto per il bene spirituale dei fedeli che frequentano il Santuario con assiduità e interesse religioso». In quell’occasione siamo stati invitati a proseguire nella «valorizzazione pastorale di tale esperienza», intensificando «l’annuncio dell’amore misericordioso della Trinità che suscita negli uomini la conversione e dona la grazia di abbandonarsi con fiducia filiale». Siamo consapevoli che le rivelazioni private non aggiungono nulla alla rivelazione definitiva di Cristo e che, in tal senso, costituiscono solo un aiuto del quale non è obbligatorio fare uso. Tuttavia, una rivelazione privata, come nel nostro caso, «può introdurre nuovi accenti, fare emergere nuove forme di pietà o approfondirne di antiche. Essa può avere un certo carattere profetico (cfr. 1Ts 5,19-21) e può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell’ora attuale; perciò, non la si deve trascurare» (Benedetto XVI, Verbum Domini, 14). In effetti, se il Signore non continuasse a parlare con la sua diletta Sposa, come ha incessantemente fatto nel corso dei secoli, egli non sarebbe il Vivente e il suo amore non potrebbe dirsi reale. Spesso è proprio attraverso la voce dei piccoli che egli parla alla sua Chiesa per invitarla a tornare senza timore alla missione originaria che le è stata affidata.
- Con questa consapevolezza – in obbedienza a quanto il Signore, tramite una mediazione umana, chiede da tempo alla Chiesa di Como – istituisco, per la nostra diocesi, la Settimana eucaristica pasquale della Divina Misericordia. Per tutta l’ottava della Pasqua invito le comunità parrocchiali e religiose a sostare, in atteggiamento adorante, davanti al Sacramento dell’Eucaristia, solennemente esposto sugli altari delle nostre chiese, piccole o grandi che siano. È lì, infatti, che il Risorto rimane con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20) ed è lì, ultimamente, che abbiamo la certezza di incontrarlo, al pari dei discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24,13-35), non come un lontano ispiratore di idee, ma come il Signore e il Vivente. Solo il contatto interiore con il Signore è in grado di restituire alle nostre Comunità la gioia di seguirlo (cfr. Lc 24,32), insieme ad un rinnovato slancio missionario (cfr. Lc 13,35). Dopo il cammino penitenziale della Quaresima e dopo aver contemplato, nel Triduo Santo, la passione e morte di Gesù, vi invito a ringraziare la Trinità, per il tempo di sette giorni, per il grande dono della Redenzione, nella consapevolezza che l’anima della preghiera cristiana e, in un certo senso, perfino della fede, è la gratitudine a Dio per il dono del suo amore. È soprattutto quando si contempla il mistero di Dio e lo si adora per la sua grandezza che ci si rende conto che la fede non si riduce a una serie di idee o di iniziative umane, ma è, prima ancora, un rapporto vivo con Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo. Così dev’essere la Chiesa: un’adoratrice instancabile di Dio che sta di fronte a lui, non con una lunga lista di richieste da presentare, ma con l’unica richiesta di poter stare con lui per portare a lui la sua vita e permettergli di entrare nella sua (cfr. Francesco, Omelia – 6 gennaio 2020). È ultimamente proprio nell’adorazione che permettiamo a Dio di illuminarci, di guarirci e di cambiarci.
- Questo cammino interiore, che fa della Pasqua il centro dell’Anno Liturgico, è bene delineato da una preghiera che ci ha consegnato il Signore: «Mio Signore e mio Dio, per il dono delle tua incarnazione, passione, morte e risurrezione, contemplo, adoro e prego: Santissima Trinità, Misericordia Infinita, io confido e spero in Te!». Con lo sguardo sorpreso dell’apostolo Tommaso – che incarna in sé anche le nostre piccole e grandi incredulità – guardiamo all’umanità risorta di Gesù per contemplare, nelle ferite della passione, la misericordia che ci ha redenti. Nell’umanità di Gesù – di cui nostro padre Abbondio si fece assertore e difensore – riconosciamo la presenza del «Signore», e oggi, con maggiore consapevolezza, confessiamo che anche le altre due Persone divine, il Padre e lo Spirito, si sono coinvolte nell’unica opera della redenzione. Per questo riconosciamo presente, in Gesù, l’unico «Dio» e, ripensando all’intero sviluppo dell’opera della redenzione (incarnazione, passione, morte e risurrezione), contempliamo l’unica volontà divina che ci ha redenti e adoriamo, nella preghiera, il Dio Uno e Trino con le parole più belle che la creatura redenta possa elevare al suo Dio: «io confido e spero in Te!».
- Questa settimana – che ricapitola in sé quella della creazione (cfr. Gen 1,1-2,3) – si concluderà con la Domenica della Divina Misericordia, che potremo anche chiamare, da ora in poi, Domenica della Santissima Trinità Misericordia. In questi anni, infatti, abbiamo imparato che il nome di Dio è misericordia e che essa è l’essenza stessa della Trinità, il cuore intimo di Dio, l’architrave che sostiene la vita e la missione della Chiesa. Naturalmente, questa settimana di preghiera non aggiunge nulla al grande mistero della Pasqua, se non la gratitudine dell’uomo che, riconoscendo il grande dono della redenzione operato coralmente dalle tre Persone divine, rende grazie a Dio, riconsegnando a lui tutto il suo essere. Che la Pasqua costituisca il centro dell’anno liturgico e che ad essa non si possa aggiungere nulla non ha bisogno di essere dimostrato. Tuttavia, perfino l’opera della redenzione non porterebbe frutto se l’uomo, da parte sua, non l’accogliesse in sé e non si consegnasse, con la stessa gratuità di Dio, a Colui che l’ha redento.
- Un ultimo pensiero mi sta particolarmente a cuore. Il mondo attraversa, ancora una volta, un momento difficile. Non possiamo nasconderci che l’invito del Risorto – «pace a voi» (cfr. Gv 20,21.26) – mentre continua ad alimentare la speranza e gli sforzi di riconciliazione compiuti da tanti «operatori di pace» (Mt 5,9), risuona al tempo stesso nelle coscienze di tutti come un rimprovero. Che cosa ne abbiamo fatto della pace? Questo interrogativo vale per il mondo a tutti i livelli, ma anche per la Chiesa, nella quale dobbiamo purtroppo constatare, con amarezza e profondo senso di vergogna, che divisioni, invidie e gelosie non sono del tutto assenti. Per questo abbiamo tutti bisogno di tornare a Dio, di piegare le ginocchia del corpo e del cuore davanti a lui per rimetterlo al centro della vita, dei pensieri e delle azioni della Chiesa.
- Carissimi, vi invito ad accogliere con fiducia, nel nome del Signore, quanto vi scrivo. Torniamo a contemplare, nel mistero della redenzione, l’unico dono della Trinità. Abbiamo tutti bisogno, in questo tempo, di tornare all’essenziale. Abbiamo bisogno – e con urgenza – di tornare a Dio. Mentre affido all’Ufficio per la Liturgia il compito di preparare i sussidi che accompagneranno la Settimana eucaristica pasquale della Divina Misericordia, usufruendo anche delle varie proposte spirituali già sperimentate nel Santuario di Maccio, vi invito a guardare fin da ora alla mèta pasquale che ci attende, perché il cammino quaresimale lasci una traccia profonda nella nostra vita.
Oscar Card. Cantoni
Vescovo di Como