Cari fratelli e sorelle, sorprende sempre questa affermazione della Parola di Dio che abbiamo appena udito: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce” (Is 9,1).
È una immagine che riflette la nostra condizione attuale. Non è l’oscurità di una notte qualsiasi che ci avvolge e ci disorienta, ma è il buio che lascia trasparire realmente la situazione di inquietudine e di smarrimento, in cui giace l’umanità in ogni parte della terra.
È inutile ricordare qui i diversi segni di disumanità e di ferocia, ampiamente documentati ogni giorno dai mass media: sono già sotto gli occhi di tutti. Ne esce l’immagine di un arretramento globale, di una vera e propria sconfitta della nostra umanità, soprattutto constatando tante persone che vivono in una condizioni assolutamente inaccettabili di vita.
È coraggioso, allora, il fatto di essere venuti qui, non certo per adempiere una consolidata tradizione, ma perché crediamo fermamente che, nonostante la tristezza, simboleggiata dal buio della notte, esiste tuttavia una fonte feconda di luce, che ci viene donata, ancora una volta, da Dio, per sua libera e gratuita iniziativa.
Egli non si stanca di prendersi cura dei suoi figli feriti e vacillanti e ci dona di nuovo una luce che illumina e riscalda, che guarisce e che consola. È il suo Figlio Gesù, la luce che brilla nelle tenebre (Gv 1,5).
Siamo assetati di luce divina, la cui caratteristica non è quella di offrire parole consolanti, ma illusorie perché momentanee, come agisce un anestetico, che assopisce per un poco, ma poi tutto ritorna come prima, facendoci ricadere in un ulteriore stato d’animo depressivo.
In questa notte santa, invece, qui accogliamo veramente la grazia di Dio, che “ci insegna a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà“, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura.
Ci viene donata la capacità di affrontare con coraggio e in piena consapevolezza il tempo presente, nelle situazioni drammatiche che stiamo attraversando e che ci impegna ad amare, nonostante quello che vediamo, a convergere su degli obiettivi comuni, a credere che finché ci si impegna a vivere legami di fraternità, il bene, anche se tenue, non potrà mai essere sconfitto dalle tenebre del male.
La grazia di Dio, cioè il suo amore per gli uomini, ci offre la possibilità e il coraggio di non rispondere al male col male, con la violenza e la forza, di bandire ogni forma di vendetta e di superiorità, ma di diventare sempre più uomini e donne che cercano, con ogni mezzo, senza mai stancarsi, ogni via possibile per il dialogo e la ricerca di una pace giusta e vera.
È la grazia di Dio che ci convince ad operare sempre il bene, anche a costo di grandi fatiche, dal momento che a ognuno di noi è chiesto di prendersi cura dell’altro.
Impariamo a vivere come uomini e donne dall’animo riconciliato, pronti, o almeno desiderosi, di annullare, a partire dal proprio cuore, ogni rivalsa, ogni spirito di vendetta, perché chiamati a costruire una fraternità che è frutto della certezza di essere tutti amati da Dio.
Da qui possono generarsi nuove relazioni positive, che ci rendono capaci di progettualità comuni senza perdere la nostra identità.
La gloria di Dio consiste nel trattare da figlio ogni uomo, chiunque egli sia, da ovunque provenga, al di là dei suoi meriti o delle sue colpe.
Ce lo annunciano questa notte, di nuovo, gli angeli, come un tempo a Betlemme: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra, pace agli uomini che Egli ama“.
Oscar card. Cantoni