Cattedrale di Como, 29 dicembre 2024

Pellegrini di luce nelle tenebre del mondo

L'omelia del Vescovo per l'apertura del Giubileo

È uno spettacolo tanto commovente ammirare, con un semplice colpo d’occhio, questa vasta assemblea, composta da così numerose persone, di tutte le età e provenienze, con carismi e ministeri diversi, comprese le autorità civili e militari. Sono presenti tra noi anche un Ministro della Repubblica, e i quattro Prefetti delle nostre Provincie, ai questori di Como e Sondrio e li ringraziamo per la loro adesione al nostro invito.

Cari fratelli e sorelle, con la vostra partecipazione a questa santo rito, voi dimostrate che il santo popolo di Dio non è indifferente davanti ai grandi appelli che la Chiesa rivolge. Così, accompagnati dai vostri pastori, da ogni parte della nostra diocesi, siete accorsi per questa storica celebrazione di apertura dell’Anno Santo, che papa Francesco auspica sia vissuto con fede intensa, speranza viva e carità operosa.

L’Anno Giubilare non può essere certo interpretato come una occasione per un ulteriore business, né semplicemente uno strumento di turismo religioso.

È molto di più: una splendida occasione di ripartenza, una inedita via di rinascita che Dio mette a disposizione del suo popolo, dal momento che Egli, con questo nuovo Anno santo, ha spalancato sul mondo la porta della speranza, per renderci protagonisti di una umanità finalmente riconciliata con Dio, con noi stessi, con gli altri, con il creato.

Sperimentiamo ancora, in questo mondo in subbuglio, le tristi conseguenze dei nostri peccati, di un egoismo esasperato, che continua a generare crudeltà e violenza, lacrime e ferite che lacerano singoli soggetti e intere Comunità, anche purtroppo nei nostri ambienti di vita.

Ed ecco la proposta della madre Chiesa, che ci invita, proprio mediante l’Anno Santo, ad andare avanti, ad avanzare nella conversione del cuore, ci incoraggia a seguire Cristo Signore, crocifisso e risorto, unica speranza del mondo, con maggiore forza e incisività.

È Lui che, aprendoci le porte della speranza cristiana, ci propone di seminarla nelle situazioni ordinarie della nostra vita, anche là dove è stata perduta. In questo modo, mentre attendiamo con pazienza l’avvento del Regno di Dio nella sua pienezza, ne anticipiamo la fioritura.

Ritroviamo quindi la fiducia necessaria, nella Chiesa come nella società, per costruire nuove o più intense relazioni interpersonali, nel desiderio sincero della promozione della dignità di ogni persona, a sostegno di quanti sono prigionieri di vecchie e nuove schiavitù.

Lasciamoci anche noi inquietare e coinvolgere nell’ ardente sogno di Dio per un mondo nuovo, dove regnano pace e giustizia, in cui la fraternità è realmente possibile e non rimane una semplice utopia.

Saremo così pellegrini di luce dentro le tenebre del mondo perché a tutti sia donata la speranza del Vangelo, la speranza dell’amore, la speranza del perdono.

Per diventare “pellegrini di speranza” occorre tuttavia imparare a distinguere la speranza dal semplice ottimismo, dalla facile presunzione che tutto andrà bene, che tutto si risolverà sempre e automaticamente per il meglio.

La speranza si manifesta in chi crede che il Signore, crocifisso e risorto, dà la forza di resistere anche quando molte cose stanno andando nel modo peggiore, cresce in chi non si rifugia in facili consolazioni. La speranza ci fa conoscere e affrontare il peso della vita, ci aiuta a elaborarlo e a sopportarlo.

Dona la forza di resistere anche a chi sta vivendo un periodo di crisi nella fede e sta attraversando la notte oscura, quando Dio sembra in silenzio, assente, incomprensibile. Non c’ è, infatti, uomo maturo nella fede che non abbia vissuto questi passaggi esistenziali, perché solo così si giunge a conoscere il vero Dio.

Anche Maria e Giuseppe hanno attraversato momenti difficili, una vera crisi nella fede, come noi.

Ce lo ricorda il vangelo appena proclamato, quando, davanti alle oscure parole di Gesù dodicenne, finalmente ritrovato nel tempio di Gerusalemme, “seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava“, si sono sentiti, dire: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?“.

Maria e Giuseppe, sottolinea ancora il vangelo, immediatamente “non compresero ciò che aveva detto loro“. C’è bisogno di silenzio interiore, di preghiera, di pazienza per comprendere il mistero dei singoli avvenimenti e il compito che Dio affida a ciascuno di noi.

Essi hanno “messo a fuoco” a poco a poco la missione che Dio padre aveva riservato per suo figlio Gesù e così hanno corrisposto docilmente alla volontà di Dio, dando un orientamento preciso alla loro vita mediante una testimonianza esemplare, ricca di fede e di amore.

Anche per noi, solo con una speranza certa, accolta come dono che viene dall’alto, potremo dare senso compiuto alla nostra vita ed amare i nostri fratelli e le nostre sorelle con cuore sincero, al di là di ogni misura.

Ci venga in aiuto la santa Famiglia di Nazareth, che oggi ricordiamo in modo particolare, ci sorregga e ci inviti ad avere fiducia e a continuare a sperare, senza cedere alle difficoltà. Ci renda capaci di vedere con gli occhi dello Spirito quello che gli occhi umani non riescono a intravvedere.

Oscar card. Cantoni

    Vescovo di Como

 

 

 

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