Riflessione sul luogo dell’uccisione di don Roberto Malgesini

Un cordiale benvenuto a tutti voi, presenti sul luogo del martirio del nostro don Roberto. Da qui inizia il mio cammino verso la Cattedrale, dove incontrerò per la prima volta da cardinale il popolo di Dio nella celebrazione eucaristica, dopo aver salutato le autorità civili e militari nella basilica di Sant’Abbondio. Non molto lontano da qui, sulla strada verso il monte Baradello, si può incontrare un’altra croce, quella che segna il luogo del martirio dei primi nostri martiri, verso il 303/305, sei soldati romani della Legione Tebea, Carpoforo, Esanzio, Cassio, Severino, Secondo, Licinio a cui si deve aggiungere poi Fedele, condannati a morte per non aver voluto sacrificare agli dei romani. Essi sono considerati protomartiri della Chiesa di Como. La croce, a ricordo del loro martirio, è stata posta sul luogo del loro Martirio in una celebrazione serale con i giovani, il 20 marzo 1989, prima Via crucis dei giovani, nella quale anch’io ero presente. Qui a San Rocco, invece, la mattina del 15 settembre 2020, accorso immediatamente, trovai immerso in una pozza di sangue il corpo esangue di don Roberto, ucciso da un uomo che egli aveva fraternamente accolto e accudito con tenerezza e grande cuore. Il rosso porpora, di cui sono stato rivestito con la mia creazione a cardinale, mi ricorda che l’esigenza d’amore e di fedeltà a Cristo Gesù comporta anche per me la possibilità di donarmi fino alla effusione del sangue, quello che don Roberto ha copiosamente versato in questo luogo e che oggi ricordiamo.

Il Concilio Vaticano II, nella LG 42, ci ricorda altresì che se a qualcuno è richiesto il Martirio di sangue, tutti i cristiani devono essere pronti al dono della loro vita per amore di Cristo. È per questo che ho desiderato che a questo momento di memoria fossero presenti in modo speciale i nostri seminaristi, persone che si preparano a vivere per Cristo e per la Chiesa in una larghezza di cuore che può raggiungere il dono totale della loro esistenza. Cari amici: seguire Gesù può comportare il sacrificio totale di sé.  Lontani quindi da una mentalità carrieristica, dal desiderio di primeggiare, con il solo desiderio di seguire Cristo nella Chiesa, nella consapevolezza che il Martirio è una dimensione che caratterizza tutta la storia della Chiesa, quindi anche la nostra epoca.  Prova ne è, solo per fare un esempio, l’attuale Chiesa del Nicaragua, dove, proprio in questi giorni, vescovi, sacerdoti e laici sono bersaglio di una dura repressione perché invocano libertà di culto e di opinione. Sono idealmente presenti qui anche i nostri giovani che si impegnano nella vita cristiana, amici volontari a servizio dei poveri e dei senza dimora, perché anch’essi traggano dall’esempio di don Roberto, lo scopo fondamentale della vita cristiana, che è amare come Cristo ha amato, lui il primo martire, mediante un amore oblativo, che giunge a donare la vita per amore.

 

Preghiamo

Signore Gesù, primo martire, insegnaci a passare per la porta stretta dell’amore, ossia del dono continuato di noi stessi. Fa che la figura di don Roberto, con il suo sacrificio offerto pe amore, in una donazione semplice e quotidiana, non sia solo ammirata, ma anche generosamente imitata da noi stessi, che cerchiamo di dare senso alla nostra vita, vissuta in fedeltà alla legge di Cristo, riassunta nel dono di noi stessi. Tu che vivi e regni glorioso nei secoli dei secoli.

+ Oscar Card. Cantoni

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