Vi saluto e vi ringrazio tutti, cari fratelli e sorelle nel Signore, qui convenuti, e quanti ci seguite in ogni parte della diocesi attraverso la televisione o via streaming.
Un grazie per la partecipazione ai nostri padri vescovi, ai fratelli e parenti di don Renato, ai rappresentanti dalle parrocchie in cui egli ha svolto il ministero pastorale, alle autorità civili e ai sacerdoti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose, alle persone di vita consacrata e ai fedeli laici. È tutta la nostra Chiesa, che celebrando il mistero pasquale, ravviva la fede in Cristo crocifisso e risorto: per mezzo di Lui tutto vive e i nostri defunti partecipano della sua pienezza di vita.
Durante questa santa liturgia vogliamo fare memoria oltre che di don Renato anche dei nostri cari sacerdoti vittime del coronavirus: don Marco Granoli, don Mario Mauri, don Carlo Basci, il salesiano don Agostino Sosio, don Alberto Panizza, il Dehoniano p. Luigi Guccini, padre Firmino Cusini, comboniano, padre Giuseppe Rizzi, Saveriano e inoltre delle nostre cinque suore infermiere dell’Addolorata di Valduce.
Ricordiamo con affetto e presentiamo al Signore anche tutte le persone defunte in questo tristissimo periodo, soprattutto quelle che non hanno ricevuto una degna sepoltura (e sono molte).
La Parola di Dio che è stata proclamata ci è di grande conforto e aiuta noi pastori a interpretare il senso del nostro ministero, sostenuti dalla testimonianza esemplare di vita sacerdotale, che don Renato ci ha offerto e che in questi mesi è stata confermata da quanti mi hanno riferito di lui.
Abbiamo ascoltato parte della cosiddetta “preghiera sacerdotale’ di Gesù, nel vangelo secondo Giovanni, quando il Signore, al termine della sua missione, si rivolge affettuosamente e con grande fiducia al Padre suo. Gesù riassume il senso della sua missione nel mondo non con un discorso, ma con una preghiera.
La preghiera è, o dovrebbe essere, una dominante nella vita e nell’azione apostolica, anche nella piena attività. Quasi un “pregare pensando e un pensare pregando”, proprio perché in comunione costante con Dio. Don Renato ero un uomo di grande preghiera. Ricordo la sua gioia quando poteva partecipare alle adorazioni eucaristiche, offerte mensilmente dai nostri seminaristi, a cui erano presenti anche molti giovani e ne usciva sempre consolato.
Dalla preghiera sacerdotale emerge con chiarezza che Gesù era pienamente consapevole del suo mandato. Egli è stato inviato dal Padre perché gli uomini abbiano la Vita, godano cioè del dono della comunione trinitaria, siano associati ad essa e attraverso di Lui, il Figlio, diventino anch’essi figli di Dio.
Gesù Cristo è venuto sulla terra proprio per portarci Dio, per presentare al vivo la sua immagine, la sua vera identità, Trinità misericordia, ed annunciare il suo amore per tutti gli uomini, suoi figli.
La nostra missione apostolica consiste in questo: permettere agli uomini di incontrare Dio, di sperimentarlo al vivo dentro le nostre comunità cristiane, in uno stile di vita fondato sull’amore, sulla accoglienza e sul servizio.
Costruire comunità fraterne, predisporre i pastori adatti per animare dal di dentro le unità pastorali, in spirito di serena e vivace collaborazione tra presbiteri e tra essi con i fedeli laici, era impegno assiduo e appassionato di don Renato. Egli conosceva bene le difficoltà e le sfide che ogni realtà pastorale comporta e la pazienza necessaria per una accoglienza di tutti, nel rispetto della diversità di ciascuna comunità.
Emerge nella preghiera al Padre suo che Gesù si sente un mandato, continuamente sostenuto dallo Spirito. Come noi, scelti e inviati per portare Dio agli uomini di oggi e facilitarne l’incontro, nonostante la nostra fragilità: siamo infatti vasi fragili, tuttavia resi degni di comunicare agli uomini un grande tesoro, che ci sorpassa.
Don Renato, con molta spontaneità ammetteva di sentirsi un “umile operaio nella vigna del Signore“, mandato dalla Chiesa nonostante si sentisse impari di fronte ai compiti di responsabilità a cui doveva far fronte quotidianamente.
Svolgeva il suo impegno pastorale in spirito di fede, cioè totale obbedienza. E mi manifestava il suo sconcerto davanti a certi no, espressi da taluni in vista di assumere nuove compiti ecclesiali.
Solo per fede ci si mette in cammino, come Abramo, non cercando il proprio interesse o giustificando le proprie personali vedute, ma confidando nella grazia di Dio, in piena fiducia nella Chiesa.
Nella preghiera rivolta al Padre c’è tutta l’intensa tenerezza di Gesù nei confronti dei suoi discepoli. Essi dovranno affrontare il mondo e subire ogni genere di prova. Appunto per questo Gesù li affida al Padre suo perché siano sostenuti nella lotta e custoditi dal maligno.
Come vicario generale don Renato visitava spesso i sacerdoti, soprattutto gli anziani e gli ammalati, quanti erano in lutto per la perdita di persone care. Era sollecito e vicino a quanti fossero bisognosi di cure, a livello fisico, psichico e spirituale. Insegnava a tutti noi a prenderci cura dei nostri sacerdoti perché nessuno si sentisse solo e abbandonato, ma accolto come un fratello da rincuorare e da ringraziare per tutto il bene offerto per amore lungo gli anni di ministero.
Gesù, pregando il Padre, chiede quindi di essere “uno” con lui perché possa presentarsi davanti agli uomini come la sua rivelazione perfetta. Invoca infine la piena unità tra gli Apostoli, condizione indispensabile perché i credenti possano credere nella sua missione.
Caro don Renato, ora che sei tra i beati i Santi di Dio, in paradiso, intercedi per tutti noi, soprattutto per una rafforzata unità nel nostro presbiterio.
Sarà la testimonianza della nostra unità, infatti, lo strumento più convincente e credibile per poter annunciare a tutti i nostri contemporanei le meraviglie che ancora oggi Dio opera tra noi.