SPECIALE – Celebrazione di chiusura del XI Sinodo diocesano

Indice

Sabato 4 giugno, alle ore 10.00, in Cattedrale a Como, tutto il popolo di Dio, con la partecipazione dei Sinodali, è stato invitato alla Santa Messa di chiusura dell’XI Sinodo della diocesi di Como, presieduta dal Vescovo monsignor Oscar Cantoni.

Hanno concelebrato, con il clero diocesano e i religiosi che svolgono il loro servizio pastorale in Diocesi, monsignor Luigi Stucchi – vescovo ausiliare emerito della diocesi di Milano – e monsignor Giuseppe Vegezzi – vescovo ausiliare di Milano e membro della Commissione episcopale (CEI) per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese. Hanno presenziato alla celebrazione anche le autorità civili e militari.

Durante i riti introduttivi della Santa Messa, il vicario generale, monsignor Ivan Salvadori, ha portato il suo saluto, a nome dell’intera diocesi, al Vescovo Oscar, indicato da papa Francesco quale prossimo cardinale.

La Celebrazione Eucaristica è stata caratterizzata da alcuni momenti salienti: dopo la proclamazione della Parola di Dio, la venerazione del libro dei Vangeli, che è stato intronizzato durante tutte le sessioni sinodali, cui ha seguito l’omelia del Vescovo. La comune partecipazione alla mensa eucaristica, inoltre, è stato il segno più pieno ed eloquente di una Chiesa che intende camminare insieme verso il Signore Gesù Cristo. A conclusione della liturgia eucaristica alcuni Sinodali, a nome dell’intera assemblea, hanno consegnato al Vescovo il Documento finale. Poi tutti si sono uniti nel canto di lode e di ringraziamento con il Te Deum. La processione di uscita verso il Palazzo Episcopale è stata accompagnata dal canto delle Laudes Regiae, antica preghiera litanica, utilizzata in chiusura dei Concilii e dei Sinodi, ancora oggi prevista quale forma di conclusione e di intercessione.

Le tappe del Sinodo

Era il 31 agosto 2017 quando il vescovo monsignor Oscar Cantoni, alla guida della diocesi comense dal novembre 2016, in occasione della festa del patrono Sant’Abbondio, indisse il Sinodo diocesano, con un focus particolare: Testimoni e annunciatori della misericordia di Dio. Dopo la consultazione diffusa, con il coinvolgimento di parrocchie, comunità pastorali e vicariati, è stato elaborato l’Instrumentum laboris consegnato, in occasione della loro investitura ufficiale, a tutti i sinodali, che, in quel momento erano poco meno di 300. Era il 12 gennaio 2020, da lì a poche settimane la pandemia da coronavirus avrebbe cambiato il corso della vita di moltissime persone e dello stesso Sinodo. «Il cammino è stato impegnativo, con una situazione che si è presentata grave, imprevedibile e ha costretto a rivedere ogni nostro progetto e programmazione – osserva don Stefano Cadenazzi, segretario generale dell’XI Sinodo della diocesi di Como –. Abbiamo, però, avuto la consapevolezza che lo Spirito non ci aveva lasciato soli e ci siamo lasciati guidare, accompagnare, per individuare la migliore modalità di svolgimento del Sinodo, a partire dalla rielaborazione dello stesso Instrumentum laboris, più snello e concentrato su temi attuali, senza tradire le indicazioni che erano giunte dalla diocesi. I sinodali hanno mostrato grandissima disponibilità, affrontando tutte le fatiche dettate dal contesto pandemico e da un allungamento dei tempi del Sinodo stesso. I circoli territoriali hanno permesso un vero discernimento: sono stati una grande intuizione che ha favorito il cammino in stile di comunione e valorizzando il territorio».

Oggi i sinodali sono 231: 156 uomini e 75 donne. I laici sono 138. Per quanto riguarda le provenienze: 145 sono dalla provincia di Como, 70 dalla provincia di Sondrio, 12 dalla provincia di Varese, 4 dalla provincia di Lecco.

Indirizzo di saluto al Vescovo da parte di Mons. Ivan Salvadori, vicario generale

Ecc.za rev.ma, caro vescovo Oscar, a nome del Capitolo della Cattedrale, dell’Assemblea dei Sinodali e dell’intera diocesi, qui rappresentata nella multiforme varietà di carismi e di ministeri, sono lieto di darle il benvenuto nella sua Cattedrale, nella quale presiede per noi l’eucaristia e vorrà accogliere il «documento finale» che l’assemblea Sinodale consegnerà nelle sue mani di padre e pastore.

La sua nomina a Cardinale, che domenica scorsa – 29 maggio – abbiamo appreso con meraviglia dalle parole del Santo Padre, ci ha colmato di grande gioia. L’abbiamo accolta come attestato di stima per la sua persona, ma anche come segno di predilezione per questa nostra Chiesa che, pur tra le tempeste, ha riconosciuto nella «misericordia di Dio» la sua bussola e nella testimonianza resa ad essa la sua vocazione profonda. Testimoniare e annunciare a tutti la misericordia che ci ha visitato è per noi, non solo un compito primario, ma è anzitutto fonte di gioia e definizione della nostra identità. La Chiesa – infatti – non esiste se non per rendere gloria alla Trinità e portare all’umanità ferita il balsamo della misericordia.

Oggi rendiamo grazie a Dio per averci guidato, con il suo Spirito, in questo lungo cammino di discernimento e prendiamo atto, nella meraviglia, che proprio un “filo rosso” lega il Magistero del Santo Padre – a cui va il nostro affetto – alla vocazione di questa nostra terra visitata da Dio.

Il 29 maggio di quattro anni fa una “figura materna” salvava l’amato santuario di Gallivaggio dalla furia di una frana che l’ha ferito, ma non l’ha distrutto. In quel segno abbiamo riconosciuto che la Chiesa, per quanto piagata dalla furia del male e dal peccato dei suoi figli, può sempre contare sulla protezione della «Madre della Misericordia».

Anche a Maccio la Misericordia ci ha visitato, ricordando a tutti che Dio è con noi, conosce le nostre angosce, ma anche cammina con noi e – attraverso la sua Chiesa – vuole andare incontro a tutti per abbracciare tutti.

Questa Santa Assemblea, riunita nel nome della Trinità, è qui per rendere grazie anzitutto a Dio, ma anche per dirLe, caro vescovo Oscar, che vogliamo essere – in comunione con Lei e con il Santo Padre – testimoni e annunciatori della Misericordia che con mitezza accoglie tutti, rialza e consola, sorregge e risana e prepara a tutti un destino di pace e di gioia.

Omelia del Vescovo Oscar

Una conclusione, cioè un nuovo inizio!

Cari fratelli e sorelle, amati dal Signore,

in questo momento, solenne e lieto, di conclusione del nostro Sinodo diocesano, vi ringrazio tutti per la vostra partecipazione, in modo speciale coloro che lo hanno pazientemente elaborato, come pure tutti voi, che qui rappresentate le vostre parrocchie, associazioni, movimenti e gruppi. Rendo omaggio, per aver risposto al nostro invito, anche alle Autorità civili e militari, che prendono atto di questo grande, storico evento che ha coinvolto tutta la nostra Chiesa, ma che ha inteso essere anche un servizio alla nostra società. Abbiamo la gioia di avere come ospiti, testimoni di questo evento, alcuni padri vescovi, rappresentanti della Chiesa che è in Lombardia, monsignor Luigi Stucchi e monsignor Giuseppe Vegezzi. Viviamo così, insieme anche ai nostri fratelli e sorelle di altre confessioni cristiane, un vero e corale rendimento di grazie, lodando e ringraziando la santissima Trinità misericordia all’interno di questa santa assemblea, nella quale ciascuno di noi è espressione preziosa, sia per la grazia comune del Battesimo, sia per i doni propri della personale vocazione. Ricordo con particolare gratitudine quanti hanno contribuito a rendere significative le nostre Assemblee sinodali, come pure quanti hanno offerto fatiche e sofferenze; quanti si sono uniti, durante il lungo tempo del Sinodo, mediante una costante, fervorosa preghiera, nelle parrocchie e nelle singole abitazioni; quanti hanno creduto alla fecondità della comunione dei Santi, che ci ha uniti profondamente e ci ha permesso di sperimentare una vera fraternità.

Dal cielo sono associati alla nostra preghiera alcuni nostri fratelli sinodali, che il Signore ha chiamato a sé nell’assemblea dei Santi, in questi mesi. In particolare, la nobile figura di don Renato Lanzetti, già vicario generale; il carissimo e mite padre Luigi Zucchinelli, missionario saveriano, che ha offerto la sua sofferenza per la buona riuscita del Sinodo; il giovane presbitero don Alessandro Zubiani, spesso benevolmente critico; la bella e gentile figura di laico impegnato nelle Acli, Emanuele Cantaluppi; e il diacono Roberto Bernasconi, fedele e generoso discepolo di Gesù, capace di una paziente mediazione con tutti. Essi hanno offerto, quando erano tra noi, con il loro contributo, apporti propositivi di indubbio valore, nell’intento di unire le “diverse anime” del Sinodo.

Non possiamo, però, dimenticare la lunga fila dei testimoni della fede e dell’amore, che, nei tempi recenti, hanno coronato di grazia la nostra Chiesa, divenuta, con il loro sacrificio, una Chiesa martire: suor Maria Laura Mainetti, beatificata a Chiavenna il 6 giugno 2021, quale evento centrale del Sinodo; padre Giuseppe Ambrosoli, comboniano, medico e sacerdote, che verrà beatificato il prossimo 20 novembre a Kalongo in Uganda; il futuro santo, Giovanni Battista Scalabrini, già rettore del nostro seminario e parroco di San Bartolomeo in città. Ricordiamo con ammirazione anche il fecondo sacrificio di don Renzo Beretta, parroco di Ponte Chiasso (nel 1999) e soprattutto di don Roberto Malgesini, prete degli ultimi, la cui fama continua a risuonare in tutta la Chiesa italiana e oltre i suoi confini, nel mondo (15 settembre 2020). Interpreto la mia recente nomina a Cardinale, dono gratuito e immeritato, che mi ha molto sorpreso e di cui non sono degno, quale riconoscimento di Papa Francesco, pastore della Chiesa universale, a questa nostra amata Diocesi, che in questi anni ha tanto sofferto, irrorata dal sangue prezioso e fecondo di questi nostri fratelli ed amici.

Possiamo affermare con convinzione che in questo tempo di Sinodo abbiamo cercato di avvicinarci umilmente al mistero della santissima Trinità come essa si è rivelata tra noi: ossia come Dio, Padre di misericordia, che attraverso la sua Parola viva, ci ha dato e ci ha detto tutto nel suo Figlio, Gesù Cristo, parola fatta carne, e si è manifestata nelle nostre Assemblee sinodali e nei gruppi riuniti nelle case, mediante la luce, la forza e la consolazione dello Spirito Santo. Abbiamo compreso una verità essenziale e troppo poco generalmente sottolineata: che la misericordia, cioè, non è ciò che Dio fa, ma chi Dio è, e, come afferma papa Francesco, è “architrave che sorregge la vita della Chiesa”, così che in essa “nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia”.

Possiamo affermare di aver vissuto insieme, in un tempo che si è protratto al di là delle nostre previsioni, a causa della pandemia da covid-19, un’autentica, intensa e feconda esperienza di Chiesa. Un periodo che ha chiesto il nostro comune e responsabile coinvolgimento, non per dovere, ma come espressione d’amore verso la nostra madre Chiesa, che di Cristo è sposa e suo corpo. In questi mesi ci siamo proposti di impegnarci all’interno della Chiesa per ravvivare la sua bellezza, la sua vita, la sua giovinezza: solo chi ama la Chiesa può conoscerla veramente, e sempre e solo come espressione di amore possiamo contribuire a trasformarla nella sua realtà visibile, nel desiderio sincero di poter offrire a tutti la misericordia di Dio.

Ci è stata offerta, quindi, con il Sinodo, la straordinaria occasione di testimoniare la nostra fede, consapevoli delle responsabilità che, come battezzati, ci siamo assunti, per divenire immagine viva davanti al mondo, in questo periodo storico, della misericordia che il Dio trinitario desidera offrire agli uomini e alle donne del nostro tempo, proprio attraverso di noi, suo popolo. Abbiamo cercato come Chiesa di riconoscere Cristo nell’umanità attuale, soprattutto tra coloro che soffrono e sono poveri, ma anche tra coloro che cercano e che anelano a dare un senso alla vita e anche tra coloro che mangiano il pane amaro della loro distanza da Dio.

La domanda fondamentale, a cui abbiamo fatto costante riferimento, lo ricordate, è stata proprio questa: come essere, dentro la nostra società, come singoli e come comunità, testimoni e annunciatori della misericordia di Dio?

Abbiamo potuto toccare con mano, infatti, come anche nei nostri contesti di vita, che pure sono frutto di antiche e solide radici cristiane, sia emersa, in verità, una lontananza da Dio e spesso anche una estraneità culturale, nelle diverse forme espressive della vita corrente: stili di vita fondati come se Dio non esistesse, o come se se ne possa farne a meno, interpretato come lontano dalla vita e dalle vicissitudini dell’uomo di oggi. Purtroppo abbiamo dovuto prendere dolorosamente atto che una delle cause dell’ateismo contemporaneo è, come già insegnava il Concilio, una insufficiente credibilità della nostra testimonianza cristiana. Nello stesso tempo, però, abbiamo anche potuto riconoscere, con non poca sorpresa, che nel nostro ambiente, emerge una vera e propria fame di ricerca di Dio, una inquietudine e sete spirituale, il bisogno di vera fraternità, di condivisione con tutti, soprattutto con gli ultimi, una fame di vere relazioni, di solidarietà, di pace e di gioia, di cui molti nostri contemporanei sono fortemente privi. Anche nel nostro contesto umano, infatti, si sperimenta quotidianamente solitudine, anonimato, paura del futuro e tanta povertà spirituale, e non solo materiale!

Questa nostra stagione storica si rivela, allora, una felice e splendida opportunità, una occasione privilegiata perché la Chiesa sia quello che deve essere, acquisti nuova linfa e vitalità che aiuta a superare, da parte di qualcuno, uno sterile tentativo di rassegnazione. La Chiesa è infatti chiamata a diventare, “un segno vivo, una presenza semplice, ma trasparente, della misericordia di Dio, della sua tenerezza e del suo amore di Padre”, come già avevo sottolineato nella Santa Messa crismale del 2020. Dio, infatti, continuamente cerca l’uomo e desidera ardentemente la pienezza della sua gioia. Tutto questo, però, attraverso la testimonianza bella e gioiosa di ogni discepolo di Gesù, mediante modi e segni di novità evangelica, che ogni uomo, anche non credente o non più praticante, possa cogliere con immediatezza, dentro il vissuto ordinario di noi cristiani e delle nostre Comunità, se siamo disposti a vivere uno stile umile, che richiama all’essenziale della fede, mediante significativi gesti di carità e di speranza.

Il Sinodo, per chi lo ha inteso nel suo giusto significato, ha offerto un forte scossone per illuminare la nostra intelligenza e la nostra creatività, non tanto per rimpiangere il passato (che non ritornerà più), né per ricordare i tempi in cui le nostre chiese erano piene, anche di giovani, ma una occasione favorevole per scoprire come essere credibili oggi, a livello individuale e comunitario, nel tempo storico che stiamo attraversando, per rendere Cristo e il suo messaggio più leggibili e più vicini all’uomo contemporaneo, ai tanti lontani, che incontriamo quotidianamente nelle nostre strade, nei luoghi di lavoro e di svago. Un tempo da guardare con simpatia e affetto (e non solo con commiserazione e giudizio!), un tempo in cui si constata sì un aumento di agnostici e di indifferenti, ma anche di veri cercatori di Dio, che richiedono espressamente Comunità attrattive, animate dallo Spirito, segno efficace della misericordia di Dio, che non ha abbandonato l’uomo, ma lo insegue proprio mediante la nostra vicinanza, una Comunità che affascina perché promuove la pienezza dell’umano con la sapienza divina, a partire dalla nostra vicinanza amica, consapevoli che solo l’amicizia evangelizza. Non basta perciò cambiare la Chiesa all’esterno. Essa ha bisogno di chi la sappia aiutare a trasformarsi ben più in profondità, spiritualmente, con lo spirito del vangelo. Vi ho ricordato più volte che il cristianesimo non è opera di proselitismo o di convincimento, ma di attrazione, ottenuta mediante uno stile diverso da parte di tutti, all’interno di una Chiesa sinodale, che sa rivolgersi non solo ai credenti o ai praticanti, una Chiesa che si presenta come “una scuola di saggezza cristiana”, luogo di incontro e di confronto, nell’ascolto della Parola di Dio e nella celebrazione dei Sacramenti, una Chiesa che si impegna nell’essenziale, che si fa carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli, nella condivisione delle esperienze di fede, nella ricerca di Dio, che attraverso il suo Verbo fatto carne si è “dilatato” nella sua misericordia e nella sua bontà, come ci ricorda San Bernardo.

Possiamo così affermare con piena convinzione che il nostro Sinodo è stato una vera occasione di grazia, ciò che la stessa santissima Trinità misericordia ha voluto per la nostra Chiesa di Como in questo periodo storico. Questa celebrazione non segna, perciò, una conclusione, ma avvia un nuovo inizio, un modo di ricominciare, con uno stile nuovo, animati dallo Spirito Santo, con quello stesso stile che papa Francesco denomina “la rivoluzione della misericordia, cuore pulsante del Vangelo”.

Ci può essere di aiuto e di conforto la prima lettura nella Liturgia della Parola di questa mattina, dagli Atti degli Apostoli, nel suo capitolo conclusivo, che presenta San Paolo, giunto prigioniero a Roma. Qui i cristiani sono perseguitati perché si distinguono con uno stile di vita diverso da quello del mondo pagano, un modo di vivere che non è facile e che quindi viene respinto. Rinchiuso in una casa, “agli arresti domiciliari”, San Paolo aiuta le persone che si recano da lui, non solo giudei, ma anche pagani, a incontrare Gesù vivente, ministero principe di ogni evangelizzatore. Paolo dovrà essere giudicato dall’Imperatore, eppure la Parola e lo Spirito Santo, che egli ha ricevuto in abbondanza, lo rendono libero, senza lasciarsi intimidire dalla situazione. La piccola Chiesa, nata a Gerusalemme, nel giorno di Pentecoste con Maria, è cresciuta ed è giunta fino a Roma, allora considerata agli estremi confini della terra. Un vivo esempio per noi. Oggi, in una società molto paganeggiante, i cristiani dovrebbero avere il coraggio di essere quello che sono, per la grazia del Battesimo, cioè di Cristo, che ci fa vivere nella sfera del soprannaturale. Abbiamo il compito di annunciare una prospettiva di speranza, di gioia e di superamento di tutte le situazioni conflittuali, di morte e di sofferenza senza speranza, che oggi affligge l’umanità. Cristo è risorto e lo Spirito Santo è all’opera. Essi ci sospingono a vita nuova, mediante un ritorno a Lui, nella certezza dell’amore infinito di Dio Trinità misericordia. Proclamare la misericordia, compito per il quale ci siamo impegnati attraverso il nostro Sinodo, ci deve muovere per poter superare forme di “religiosità timida”, così da avanzare oltre, a sostegno dei cuori dei nostri fratelli e sorelle, che anche inconsapevolmente, invocano pienezza di vita e salvezza. Chiediamo di essere degni di tale annuncio e di tale missione. Dio conta su di noi!

Post scriptum

Invito tutti i Sinodali a ringraziare con me il Signore per il dono del Sinodo, nel santuario della Trinità Misericordia a Maccio di Villaguardia, il prossimo 17 settembre, alle ore 10.00. In un contesto di preghiera e di riflessione cercheremo di comprendere il valore dei segni che la Trinità Misericordia ha realizzato in quel luogo santo e benedetto.

Intervento conclusivo

di don Stefano Cadenazzi, segretario generale dell’XI Sinodo della diocesi di Como

«Noi ti lodiamo, Dio».

La celebrazione odierna, a compimento dell’XI Sinodo della Chiesa di Como, si chiuderà con il nostro canto di lode a Dio, con il rendimento di grazie per l’esperienza vissuta in questi cinque anni.

Un cammino di Chiesa, entusiasmante e faticoso, che ci vede oggi giungere ad un traguardo importante, per riprendere subito con slancio e impegno il percorso lasciandoci ammaestrare dal Signore e da questa stessa esperienza.

Desidero richiamare alcuni passaggi significativi di quanto abbiamo vissuto, dopo l’indizione del Sinodo nella solennità di Sant’Abbondio dell’anno 2017.

Voglio innanzitutto ricordare l’impegno profondo, vissuto in spirito di comunione, da parte dei membri della Commissione preparatoria, che negli ultimi mesi del 2017 e nei primi mesi del 2018 hanno predisposto quanto necessario e, in modo particolare, lo Strumento per la Consultazione affidato a tutta la Diocesi il 6 giugno 2018, alla presenza dell’Arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini. Da tale strumento è derivato un coinvolgimento ampio della nostra realtà, che ha prodotto una notevole quantità di risposte alla consultazione: materiale che ha costituito la base di partenza del nostro cammino e che potrà continuare ad essere un riferimento importante anche per le scelte future. Questa fase di consultazione è stata accompagnata dall’affidamento costante a Maria, Madre di Misericordia, in modo particolare con il pellegrinaggio diocesano a Lourdes e con l’esperienza della peregrinatio Mariae con la statua della Beata Vergine di Gallivaggio.

Dal mese di aprile dell’anno 2019 hanno iniziato il loro lavoro le Commissioni formate dai futuri sinodali, per compiere un primo discernimento sul materiale pervenuto e redigere, con l’apporto dei referenti, il primo Instrumentum laboris, consegnato all’Assemblea sinodale nella solenne apertura del Sinodo il 12 gennaio 2020, qui in Cattedrale.

Il ricordo di questi primi passi non vuole essere solo una cronistoria, ma l’attestazione della volontà di tutta la nostra Chiesa e di coloro che sono stati chiamati a rappresentarla nell’Assemblea, di vivere un’esperienza profonda di comunione, nel desiderio di attuare quello stile sinodale che deve caratterizzare la Chiesa stessa.

Come sappiamo, il cammino iniziato solennemente a gennaio 2020 e continuato nella prima sessione dell’Assemblea nel mese di febbraio, ha poi dovuto interrompersi per la pandemia e, nella ripartenza, ha dovuto tenere conto della situazione contingente, portando a dilatare i tempi e a modificare più volte i nostri progetti. Anche dentro questa tempesta, come ricordato da Papa Francesco a tutta la Chiesa e dal nostro Vescovo nell’Assemblea online del mese di novembre 2020, il Signore ci ha guidati e confortati e lo Spirito ha suggerito la strada da percorrere, attraverso un processo di essenzializzazione che provasse a tenere in considerazione la realtà inaspettata che siamo stati chiamati a vivere e le conseguenze che ha portato, ulteriore testimonianza di un cambiamento di epoca in cui siamo coinvolti. Ciò che non cambia è la fedeltà del Signore, Misericordia infinita, come testimoniato dal dono di vita di don Roberto Malgesini e dalla beatificazione di suor Maria Laura Mainetti. La loro testimonianza è stata di esempio e di sostegno a tutti i sinodali, che si sono lasciati coinvolgere in questa ultima fase attraverso l’impegno capillare e diffuso dei Circoli territoriali e la disponibilità costante e feconda dei facilitatori degli stessi Circoli.

Ora, dopo le dodici sessioni dell’Assemblea sinodale che abbiamo vissuto in questi due anni, consegniamo al vescovo Oscar il frutto di questo cammino: il Documento Finale, con le proposizioni approvate dai due terzi dell’Assemblea nella sessione del 21 maggio u.s. Esso non ha valenza normativa, ma costituisce un punto di arrivo, che diventa, nell’ ottica del servizio, un punto di partenza perché sia il Pastore della nostra Chiesa a indicarci, con l’aiuto di questo Documento e di tutta la storia sinodale, le vie che lo Spirito suggerisce per essere oggi annunciatori e testimoni della Misericordia di Dio. Tutti noi oggi viviamo con spirito di servizio evangelico questo gesto di consegna, sentendoci anche noi come gli Apostoli interpellati da Gesù per sfamare una folla immensa. Sono questi i nostri cinque pani e due pesci che affidiamo al Signore consegnando il Documento al Vescovo, nella certezza che ancora oggi è Cristo stesso a rispondere alle domande e alle attese del cuore dell’uomo, chiedendo la nostra povera collaborazione e la nostra grande fiducia: una fiducia che ci rende certi di essere sulla barca della Chiesa da Lui guidata anche in mezzo ad ogni tempesta e ci rende partecipi di questa traversata, nella concretezza della vita della nostra Chiesa diocesana e della Chiesa intera. Così il Sinodo vissuto ci inserisce pienamente nel cammino sinodale della Chiesa italiana e della Chiesa universale.

«Noi ti lodiamo, Dio».

Il nostro canto di ringraziamento sale a Dio Trinità, Misericordia infinita. Insieme vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno permesso di vivere questa esperienza di Chiesa:

  • L’intera comunità diocesana che ha risposto alla consultazione e ha sostenuto con la preghiera, la vicinanza e l’interessamento il cammino del Sinodo.
  • La comunità del Seminario, la comunità dei Servi della Carità di Nuova Olonio e la comunità di Piantedo che hanno offerto ospitalità per incontri di preparazione e di coordinamento dei lavori.
  • Le comunità parrocchiali di Sagnino e di Morbegno, dove si sono celebrate le Assemblee sinodali, e la Cattedrale che ha visto riunirsi tutto il popolo di Dio nell’apertura e, oggi, nella chiusura del Sinodo.
  • I Sinodali che hanno risposto alla chiamata del Vescovo e hanno vissuto con impegno, entusiasmo, fatica, dedizione e costanza il cammino di questi anni. Un pensiero doveroso è rivolto anche a coloro che hanno iniziato con noi questo percorso e che, nel corso di questi anni, per motivi diversi hanno lasciato l’Assemblea sinodale: vogliamo ricordare e affidare alla Misericordia i sinodali defunti; pregare per coloro che stanno vivendo prove, fatiche e malattie che non hanno loro permesso di continuare il cammino; ringraziare chi ha dovuto interrompere il proprio servizio per cambiamenti subentrati in questo tempo, sia nel ministero svolto, sia per scelte di vita, di studio e di lavoro; esprimere gratitudine a coloro che, per motivi diversi, hanno ritenuto di non continuare questa esperienza, ma hanno comunque offerto la loro testimonianza.
  • Un ringraziamento particolare ai facilitatori dei Circoli che hanno offerto il loro fondamentale contributo nel superare fatiche e difficoltà, nella ricerca della strada migliore da percorrere. Con loro ringraziamo per l’infaticabile lavoro, per lo più nascosto, la Segreteria del Sinodo; e il Consiglio di Presidenza che ha sostenuto il Vescovo nel guidare il cammino.
  • Infine, il nostro Vescovo Oscar che ha voluto questo Sinodo e lo ha guidato, confermandoci anche nei momenti più difficili, invitandoci sempre ad avere uno sguardo di apertura al mondo, indicandoci l’esempio di tanti testimoni credibili della misericordia di Dio nella storia della nostra Chiesa: testimoni della porta accanto come quelli che ci hanno accompagnato con la mostra Sui loro passi, don Roberto Malgesini, Roberto Bernasconi, la beata suor Maria Laura, il prossimo beato padre Giuseppe Ambrosoli. Certamente dobbiamo leggere come un segno della grazia divina anche il fatto che, proprio mentre si concludeva l’ultima votazione dell’Assemblea sinodale, papa Francesco desse l’annuncio della prossima canonizzazione del beato Giovan Battista Scalabrini. E leggere come un dono per la nostra Chiesa l’inattesa nomina cardinalizia.

Per tutto questo e per ogni dono di Dio, possiamo elevare a Lui la nostra lode.

La consegna del Documento Finale sarà compiuta ora da alcuni sinodali rappresentativi dei diversi ambiti di vita su cui si è concentrata la nostra attenzione per concretizzare l’annuncio e la testimonianza della Misericordia: Alice, in rappresentanza dei giovani; gli sposi Alfonso e Loredana, in rappresentanza della famiglie; Loretta, facilitatrice di uno dei venti Circoli territoriali, in rappresentanza delle comunità; don Mario, in rappresentanza dei presbiteri; Laura, in ricordo del diacono Roberto Bernasconi e del suo infaticabile impegno nella carità. Il Vescovo desidera poi lasciare a tutti i Sinodali un piccolo segno di gratitudine, che verrà consegnato in episcopio al termine della celebrazione.

 

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