Il nostro pellegrinaggio domenicale nelle parrocchie della città di Como, in questa quinta domenica di Quaresima, ci ha condotto oggi qui, nella parrocchia dedicata a san Giuseppe, la cui festa abbiamo celebrato venerdì scorso, giorno in cui è stato inaugurato un anno particolarmente dedicato a S. Giuseppe e alla riflessione sulla famiglia.
Onoriamo S. Giuseppe come un uomo mite e saggio, vissuto in piena obbedienza al volere di Dio, padre tenero e premuroso nei confronti di Gesù, il figlio di Maria.
E’ S. Giuseppe che ha insegnato al figlio di Dio a crescere nella pienezza della sua umanità.
Ci affidiamo anche noi alla sua protezione. Soprattutto oggi vorrei affidargli tutti i nostri papà, perché sappiano aiutare i loro figli a diventare capaci di scelte generose, attraverso un amore tenero e discreto, e a proporre loro traguardi alti che li aiutino a comprendere ciò che conta davvero nella vita, quindi a crescere nella libertà dell’amore che si dona.
Se osserviamo con attenzione le parole di Gesù nel vangelo di oggi, scopriamo che esattamente questo è l’annuncio che Gesù rivolge ai suoi discepoli e a quanti sono accorsi a lui per poterlo conoscere, provenienti da altre regioni, fuori di Israele. Avendo sentito parlare di Gesù e delle sue opere, questi uomini timorati di Dio vogliono cogliere il mistero della sua persona. E subito Gesù risponde loro, senza troppi giri di parole, che chi vuol conoscerlo e comprendere il significato della sua esistenza, deve considerare attentamente il valore della sua morte in croce. La fecondità della sua morte è infatti il compimento pieno della sua vita.
Gesù non ha offerto un insegnamento dottrinale sulla vita. Avendola vissuta pienamente, ossia totalmente donata, ha manifestato a chi vuol seguirlo come il significato più autentico della vita consista appunto nel dono supremo di sé. La vita, infatti, si realizza solo se si dà, si possiede davvero solo se si dona pienamente. Affermazione, questa, ben diversa da come la intende il mondo!
Questo, tuttavia, è il cammino da percorrere per ogni discepolo che vuole veramente seguire Gesù.
La regola del vero amore (vale anche per noi!) consiste allora proprio in questo: nell’offrirsi, nello spendersi, nell’uscire progressivamente da sé stessi per farsi dono.
L’immagine evangelica del chicco di grano, che seminato in terra muore e porta frutto, come abbiamo sentito, è l’icona più immediata che riassume e illustra tutta la storia di Gesù, che ci ha amato fino a morire in croce, generando vita nuova.
L’amore di Gesù è così grande che non può fare a meno di donarsi. E noi, seguendo Gesù, e lasciandoci prima amare da Lui, possiamo imparare da Lui la regola dell’amore. La vita è amore, si realizza nel dono di sé. E’ come il seme, solo se cade nella terra e muore, diventa fecondo.
Non è facile per noi seguire le indicazioni di Gesù, ossia scegliere la legge pasquale del perdere la vita per riceverla nuova ed eterna.
Ci sentiamo spesso bloccati dal nostro egoismo, che vorrebbe trattenere per noi stessi ciò che di meglio possediamo, riservando agli altri solo le briciole. Spesso facciamo bene i calcoli e ci domandiamo se è proprio così necessario spendersi e offrire gratuitamente agli altri tempo, energie, competenze: lo sperimentano tutte le categorie di persone! A volte ci chiediamo se ne vale veramente la pena impegnarsi a fondo per i fratelli, dal momento che spesso non possiamo verificare un reale e immediata efficacia del nostro donarci.
Dobbiamo umilmente ammetterlo: non crediamo abbastanza alla fecondità dell’amore donato, sempre e a tutti!
Essere discepolo di Gesù ci espone anche al rischio di un amore che si dona senza vederne gli esiti, a volte anche a ricevere come frutto ingratitudine e incomprensione, ma è solo così che possiamo assomigliare a Gesù. Deriso e umiliato dai suoi avversari, tuttavia risponde con l’amore che perdona, perseverando fino alla fine nel dono di sé.
Impariamo anche noi ad esercitarci nella difficile arte del concedere il perdono, a partire dalla famiglia.
Essa, scrive papa Francesco, “è una grande palestra di allenamento al dono e al perdono reciproco, senza il quale nessun amore può durare a lungo. Senza donarsi e senza perdonarsi l’amore non rimane, non dura”.
Impariamo così a trafficare i “semi pasquali” che Gesù Risorto ha effuso, con la forza dello Spirito, sulla Chiesa e sul mondo.