Cari fratelli e sorelle,
un altro anno è passato dallo scorso venerdì santo e la pandemia la fa ancora da padrona, per cui i nostri programmi hanno dovuto fare i conti con questa triste realtà. E così di nuovo abbiamo rinunciato alla tradizionale processione con il nostro Crocifisso miracoloso. Dall’alto della croce, Cristo continua tuttavia ad attirare a sé i suoi fratelli e noi, come anche quanti ci seguono in diretta mediante la televisione, abbiamo i nostri occhi rivolti a Lui, che, solo, ha parole di vita eterna.
Proprio questa pandemia ci ha fatto riscoprire il potere dello sguardo, per molti, nelle corsie degli ospedali, è stato infatti l’unico mezzo possibile di comunicazione per infondere e ricevere conforto, vicinanza e speranza. Ed è proprio quello che vogliamo fare ore, anche a nome di tanti anziani e di ammalati, che negli ospedali stanno lottando contro il virus: fissare bene lo sguardo in Gesù, confidando ancora nel suo amore e nella sua fedeltà, che non è venuta meno nel corso di questi mesi.
Lasciamo ora che ci guardi, dal momento che ci conosce nell’intimo e ci accompagna nelle nostre vicissitudini. Il Signore Gesù, dall’alto della sua croce, si rivolge a tutti noi insieme e a ciascuno individualmente.
Non ci darà soluzioni immediate, c’è già tra di noi chi generosamente lotta e si impegna per proteggere la nostra salute e guarire le nostre malattie.
Con molta semplicità e immediatezza ci rivolge ora alcune domande, visto che il Signore ha a cuore soprattutto la nostra conversione.
La prima domanda, a bruciapelo, che il Crocifisso, in questi tempi così travagliati, ci ri-volge, è questa: “Siete diventati più umili?”
L’umiltà è riconoscersi in verità per quello che siamo, in tutta modestia, realisticamente. Siamo al centro della creazione di Dio, l’oggetto delle sue cure, siamo amati perché suoi figli. Tuttavia noi rimaniamo creature. Non siamo i padroni del mondo, né del creato, né degli altri. Abbiamo in mano i segreti della scienza e della tecnica, ma non possiamo usarli in modo indiscriminato, a nostro piacimento. Riconosciamo di essere fragili e deboli. La storia di questi mesi ce l’ha dimostrato in pienezza, senza mezzi termini. Da qui una maggiore consapevolezza di quanta responsabilità siamo rivestiti. Non possiamo tuttavia agire come se tutto dipendesse da noi, mettendo da parte Dio e il suo amore per gli uomini. Il Signore benedice coloro che si spendono e che si fanno prossimi, coloro che accettano di essere collaboratori del Creatore e dello Spirito che guida il cammino degli uomini e delle donne amati dal Padre. La pandemia non è certo causata da Dio, ma noi dobbiamo interpretarla come un segnale eloquente che Dio usa a nostro vantaggio. Un secondo interrogativo il Crocifisso risorto ci rivolge in questo momento di confronto e di verità: “Siete diventati più buoni?”
In questi mesi si sono moltiplicati tanti drammi, personali, familiari e sociali. Sono emersi tuttavia numerosi esempi di rara umanità. Non possono rimanere casi eccezionali, da usare in situazioni limite, ma è auspicabile che diventino norma comune di un tempo nuovo, in cui ci riconosciamo tutti fratelli. Non sono mancati in questi tempi gesti di con-divisione in famiglia, all’interno degli ospedali e delle case di cura, nelle diverse comunità ecclesiali e sociali. Sono tuttavia emersi anche casi contrari, in cui le persone sono state lasciate sole. C’è chi ha pensato solo a sé stesso, dimentico di essere in una medesima avventura, in cui ci si può salvare solo insieme. C’è chi pensa al vaccino solo per star bene, ripiegato nella dimensione individuale e non per evitare di contagiare gli altri, eludendo il fatto che la salute dell’altro è almeno tanto importante quanto la propria. Inchiniamoci umilmente davanti al Crocifisso. Egli non risolve magicamente le cose. Egli è venuto nel mondo per liberarci dal male, dall’orgoglio, dalla solitudine, dalla paura dell’altro, dal timore della morte, come tragica conclusione definitiva della vita. Egli è la risurrezione, pienezza di una vita senza fine. A noi tuttavia la responsabilità di fare la nostra parte!
Infine, con una terza domanda, ci viene chiesto se siamo realmente disposti a ripartire diversi, impegnandoci a costruire un umanesimo rigenerato. Il Crocifisso Signore do-manda a tutti noi: “Siete diventati più solidali?”
Volesse il cielo che in questi tempi noi uomini avessimo imparato a sentirci responsabili gli uni degli altri, così che nessuno fosse lasciato solo. Papa Francesco ha scritto, tra l’altro, che “un’emergenza come quella del covid-19 si sconfigge anzitutto con gli anticorpi della solidarietà”. Essa è molto di più di qualche atto di generosità compiuto di tanto in tanto. Essa è una strada maestra per tradurre stabilmente l’amore di Dio dentro la nostra cultura.
In particolare, come cristiani, abbiamo in questa stagione di vita, un compito ben preciso: aiutare la società a riprendere speranza circa il futuro. Viviamo in un tempo in cui la gente è pervasa dall’assenza totale di fiducia e di sogno. A noi, tuttavia, è stata regalata, dal momento che Cristo ha vinto la morte e ci ha aperto il passaggio alla vita nella sua pienezza. È vero, anche noi siamo fragili e deboli, abbiamo paura dell’epidemia in corso, ma abbiamo gli strumenti per coltivare la fiducia: la Parola di Dio, l’Eucaristia, la Comunità. Ciò richiede, però, la capacità di farsi prossimo, mediante relazioni vitali, essenziali per vivere, dove la condivisione è un atto d’amore.
Senza relazioni umane profonde, le nostre comunità cristiane perderebbero di senso e rinuncerebbero ad essere attraenti. In ambienti dove trionfa l’anonimato e l’individualismo, anche tra cristiani, siamo chiamati a favorire opportunità nuove di relazione, di cui dovremmo essere maestri, Invochiamo solidarietà anche tra cristiani, i quali dovrebbero condividere di più il loro essere uomini e donne di fede, dal momento che la fede non può essere tenuta al margine della vita, ma la determina e la trasforma. In questo tempo in cui saremmo tentati di chiuderci in noi stessi, coltivando una religiosità privatistica. Abbiamo invece bisogno di parlare tra di noi della nostra personale esperienza di fede, delle nostre fatiche nel fidarci di Dio e soprattutto della presenza viva e operante di Gesù nella nostra vita.
Fissiamo ancora una volta i nostri occhi verso il Crocifisso, il cui sguardo ci avvolge d’amore e di compassione. In questo venerdì santo, Egli colma la nostra sete d’amore che arde nel cuore e così troviamo conforto per le nostre ferite.
La misericordia avvolga le nostre colpe e ci doni la forza per ricominciare.
Scendano come balsamo sulla nostra anima le parole di Gesù che non si stanca di ripe-tere: “non abbiate paura, io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
“Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Nulla ci potrà mai separare dal suo amore”.