Abbiamo ascoltato nel vangelo appena proclamato, il colloquio riservato e intimo tra Gesù risorto e l’apostolo Pietro, sulle rive del lago di Genezaret, in Galilea. Gesù lo conferma e gli affida di nuovo la missione di essere pastore del suo gregge.
Questo episodio ben si addice per interpretare la vocazione e lo stile pastorale di don Massimo, come pure di ogni altro discepolo del Signore.
Farò riferimento in modo particolare a queste espressioni: “Pietro, mi ami?” Quindi: “Pasci i miei agnelli” e ancora: “Quando sarai vecchio, tenderai le tue mani e un altro ti vestirà e ti porterai dove tu non vuoi”, per poi concludere con la forte, imperiosa espressione: “Seguimi!”.
1. Pietro, che si attendeva da Gesù un forte richiamo perché lo aveva tradito per tre volte, si sente rivolta una domanda sfidante, ma anche rassicurante. Per tre volte Gesù chiede a Pietro se lo ama per davvero.
Ciascuno di noi può rispondere in verità a questo interrogativo solo nella misura di aver avvertito in precedenza di essere stato amato personalmente da Gesù, se ha toccato con mano di essere oggetto del suo amore privilegiato. È Gesù che ci ama per primo. Il nostro amore non è che una risposta a Colui che ci ha preceduto nell’amore. La consapevolezza di essere stato teneramente amato da Gesù è sempre stata per don Massimo, fin dall’inizio della sua preparazione al sacerdozio, un punto qualificante.
Per poter seguire Gesù, se non si vuole vivere da funzionari, occorre diventare sempre più suoi intimi amici. Si tratta di una amicizia crescente, con periodi a volte altalenanti, nella certezza che Gesù è un amico vero, quindi scomodo, ma essa è determinante per assicurare la fedeltà al dono ricevuto.
Don Massimo ha sempre manifestato una sincera gratitudine per essere stato scelto dal Signore, e da parte sua, ha coltivato una amicizia profonda, indispensabile per mantenere viva vocazione al sacerdozio, emergenza generosa di quella battesimale.
E oggi, dentro questa santa assemblea, Gesù rivolge di nuovo a ciascuno di noi questa stessa domanda, quasi a bruciapelo: “Mi ami tu?”. Perché questo è il cristianesimo: vivere da discepoli di Gesù suppone una profonda familiarità con Lui, pur nella nostra limitatezza, qualunque sia la missione che noi svolgiamo nella vita.
2. Poi Gesù, confortato dalla umiltà con cui l’apostolo Pietro, questa volta meno sicuro di se stesso di un tempo, gli professa il suo amore fedele, consapevole della sua fragilità e debolezza, affida a lui la responsabilità pastorale. Se mi ami: sii pastore del mio gregge, ossia delle pecorelle per le quali ho donato la vita sulla croce.
Don Massimo ha assunto con piena consapevolezza, a volte con tremore e timore, ma anche con ogni sollecitudine, il compito di essere pastore di tutti.
Lo hanno ben compreso e sperimentato i parrocchiani delle Comunità nelle quali è stato inviato: dapprima a Como S. Agostino, come vicario cooperatore, quindi come parroco a Somana, per tredici anni, e infine qui a Moltrasio, dal 2015.
Essere pastore significa condividere dal di dentro, e intensamente, la storia di una Comunità e in essa prendersi cura di tutti, a partire dai più bisognosi, dagli anziani agli ammalati, ai poveri, alle famiglie, ai ragazzi e ai giovani.
Nella comunità cristiana un pastore ha l’opportunità di esercitare una vera e propria paternità, che è assunzione di responsabilità per la crescita di una vita comunitaria che permetta a ciascuno di sentirsi amato dal Signore e insieme riconosciuto come un membro prezioso e amabile da parte dei fratelli e delle sorelle.
Il pastore vive con il gregge, nutre le pecore, si affeziona ad esse, le fa crescere, vive insomma per donarsi.
È esattamente ciò che don Massimo ha compiuto, fino alla fine, come hanno ben compreso i parrocchiani di Somana e di Moltrasio, senza cercare il proprio interesse, senza impadronirsi delle persone, ma nutrendole con la Parola di vita e con la forza corroborante dei Sacramenti.
3. Gesù risorto confida poi a Pietro le sofferenze a cui dovrà andare incontro in un prossimo futuro e come la sua testimonianza di fede sarebbe stata riconosciuta una straordinaria occasione per benedire il Signore. “Un altro ti porterà dove tu non vuoi”.
Come non pensare alle fatiche, alle molteplici sofferenze che don Massimo ha affrontato coraggiosamente in questi ultimi anni, circondato però sempre dalla premurosa e solerte vicinanza di tante persone di questa parrocchia, che lo hanno generosamente accudito, riservandogli una tenerissima cura che si addice a un padre amorevole, da cui hanno tanto ricevuto!
Consapevole della gravità della sua situazione fisica, don Massimo si è preoccupato perché la parrocchia non subisse un rallentamento della sua vita ordinaria a causa della sua malattia, dimostrando così di essere interessato meno alla sua salute e maggiormente alla crescita nella fede della sua gente.
Quel che più conta, consapevole della serietà della sua malattia, don Massimo ha vissuto una vera e propria “preparazione alla morte”, offrendo così a tutti una esemplare testimonianza di come un cristiano vive il tempo della malattia, affronta la solitudine, la sofferenza, trasformati nella fede in una straordinaria occasione di grazia, non solo per se stesso, ma anche per tutta la comunità.
Il tema della morte, come quella della vita nuova a cui siamo chiamati, non è spesso oggetto di riflessione tra di noi e nemmeno di predicazione. In questi mesi queste tematiche così importanti sono invece emerse non a livello semplicemente dottrinale, ma come esperienza di vita del credente, che impara ad abbandonarsi con fiducia a Cristo, che ha vinto la morte e gli ha aperto le porte della vera e definitiva vita.
4. “Seguimi!” È l’invito con cui Cristo si è rivolto a Pietro, come una seconda chiamata, e questa volta, con una risposta più intensa, più matura e più concreta di quella precedente da parte di questo Apostolo, che tanto ci rassomiglia.
Seguimi!”: è un invito da parte di Gesù a ripartire con una fede più provata, ma anche con una maturità umana e spirituale più concreta e veritiera.
È la chiamata reale a cui don Massimo ha risposto, grato per un ininterrotto dialogo d’amore con Cristo, nella consapevolezza che la sequela si prolunga e si estende al di là della morte corporale. “Sacerdote per sempre!”.
“Seguimi!”: è la chiamata con cui Gesù risorto risveglia e promuove in noi le nostre attitudini migliori e ci sollecita per servire il popolo di Dio come si conviene, ossia con piena sollecitudine e grande tenerezza.
Ci sia di esempio la testimonianza umile e semplice di don Massimo, mentre lo ringraziamo vivamente per il tanto bene seminato tra noi e lo consegniamo con fiducia nella mani di Cristo, buon pastore.
Oscar Card. Cantoni