‘- La vostra presenza testimonia un respiro di Chiesa a 360° perché rappresentate tutti i territori della diocesi e tutte le vocazioni ecclesiali
– Anche il luogo scelto ha un suo significato preciso: Berbenno ha dato i natali a tanti sacerdoti e consacrati: ricordo in modo particolare p. Ugo de Censi e i membri del OMG, che ha visto qui le sue sorgenti.
– Scopo dell’incontro: ritrovare le motivazioni interiori per una ripartenza, per una testimonianza di fede fatta da persone che si rendono conto di essere state salvate dalla misericordia di Dio, in Gesù Cristo, e che perciò desiderano annunciarla agli altri. Fin che non si è compreso la salvezza operata in noi dal Signore Gesù non si può essere banditori della sua misericordia.
– La missione (sia quella ordinaria nel nostro ambiente di vita) sia quella ad gentes è generata dall’entusiasmo di chi ha incontrato il Signore e ne è stato conquistato.
– La crisi della missione è una crisi della fede, di persone e comunità che non hanno la forza di annunciare il Signore perché ne hanno una esperienza solo intellettuale, ma non sono state profondamente scosse e trasformate dal suo amore e dal suo perdono.
– E’ anche vero che noi riceviamo molto dalla testimonianza degli altri, perciò è benefica la vista a comunità vive, che ci evangelizzano e testimoniano valori dei quali siamo privi (solidarietà, condivisione, vicinanza). La missione ad gentes non è una vacanza turistica, alla ricerca di nuove sensazioni, ma un incontro con comunità fresche, gioiose, caritatevoli, attrattive. Ci devono far riflettere e possiamo domandarci cosa essi possiedono di così attuale e fresco che le nostre comunità non hanno o che non sono più capaci di esprimere
– La mia visita alla missione di Caraballyo (agosto 18) ha generato in me un effetto benefico; mi ha costretto ad andare al di là del mio piccolo mondo ecclesiale, per scoprire che il Signore è vivo e operante anche in altri ambienti culturali diversi dai miei e che egli ha ancora tanti amici e discepoli, che danno un’immagine di Chiesa dai mille volti, una Chiesa che si presenta come una “piramide rovesciata” (dove i laici, le donne hanno una responsabilità precisa ed estremamente utile, dove i sacerdoti sono immersi nel vissuto della gente e condividono un progetto d’insieme, e un “ospedale da campo” che accoglie le persone in difficoltà, dove esse sperimentano che si prende cura e non giudica.
– Le immagini che vedrete ritraggono la vita dei nostri tre missionari fidei donum: d. Roberto Seregni, don Ivan Manzoni, don Savio Castelli. Essi sono dei mandati dalla nostra Chiesa e ci rappresentano. Ho portato loro l’affetto e la riconoscenza di tutta la nostra Chiesa, mentre li ho colti nel vivo del loro impegno, in piena comunione con il vescovo e il presbiterio locale, dentro un ben progetto pastorale in obbedienza a quello indicato, a servizio della loro comunità, soprattutto dei poveri.
– La diocesi di Caraballyo non ha mancato di manifestarmi la sua riconoscenza per la presenza di questi sacerdoti, ma anche per i contributi offerti in questi anni dalla nostra diocesi. Accogliendo me, ha inteso onorare e ringraziare tutti i cristiani della nostra Chiesa.
– A mia volta, ho espresso al vescovo mons. Lino Panizza, che un sacerdote della diocesi venga accolto da noi, nello spirito dei fidei donum.
– Ciò che più mi ha colpito è, da una parte, la gioia e la freschezza, l’entusiasmo e l’impegno dei nostri tre sacerdoti, (che ho incontrato individualmente e insieme), dall’altra la presenza nelle comunità di laici impegnati nel ministero di responsabili delle cappelle e della formazione dei genitori nella catechesi della iniziazione cristiana.
– Ho incontrato anche don Ugo De Censi e in seguito altri membri dell’OMG provenienti dalla nostra diocesi e operanti sulle montagne delle Ande. Sono una quarantina tra uomini e donne, con famiglie, sacerdoti e un seminarista, che mi hanno raccontato il loro progetto di vita. Mi sono reso conto che sono un grande numero e quindi mi sono chiesto qual è il segreto del loro modi essere insieme per la missione.
– Al mio rientro ho raccontato le mie impressioni più volte: ai direttori degli uffici pastorali; ai membri del consiglio pastorale diocesano; ai sacerdoti del consiglio presbiterale. A questi in occasione dell’ultima seduta nella quale ci siamo domandati come vivere la nostra missione di Chiesa così da renderla più viva e significativa.
– Voglio ricordare l’appello che ho lanciato ai sacerdoti riuniti in convegno a Morbegno, lo scorso 4 settembre, soprattutto a una certa fascia di età (35/50) per mettersi a disposizione della nuova missione in Mozambico. Entro Natale vorrei avere delle risposte, unite a quelle di laici e di consacrati che possano fare insieme un cammino comune di preparazione e imparare a lavorare in equipe.
– Considero la partenza di una nuova missione come una grazia per ravvivare l’insieme del fervore missionario, nella consapevolezza che “la fede cresce donandola” e solo se c’è qualcuno che “muove le acque” tutti avranno la possibilità di smuoversi e di ripensarsi in dimensione missionaria ( a livello personale e comunitario)
Da “Evangelii Gaudium”
279. A volte ci sembra di non aver ottenuto con i nostri sforzi alcun risultato, ma la missione non è un affare o un progetto aziendale, non è neppure un’organizzazione umanitaria, non è uno spettacolo per contare quanta gente vi ha partecipato grazie alla nostra propaganda; è qualcosa di molto più profondo, che sfugge ad ogni misura. Forse il Signore si avvale del nostro impegno per riversare benedizioni in un altro luogo del mondo dove non andremo mai. Lo Spirito Santo opera come vuole, quando vuole e dove vuole; noi ci spendiamo con dedizione ma senza pretendere di vedere risultati appariscenti. Sappiamo soltanto che il dono di noi stessi è necessario. Impariamo a riposare nella tenerezza delle braccia del Padre in mezzo alla nostra dedizione creativa e generosa. Andiamo avanti, mettiamocela tutta, ma lasciamo che sia Lui a rendere fecondi i nostri sforzi come pare a Lui.
280. Per mantenere vivo l’ardore missionario occorre una decisa fiducia nello Spirito Santo, perché Egli « viene in aiuto alla nostra debolezza » (Rm 8,26). Ma tale fiducia generosa deve alimentarsi e perciò dobbiamo invocarlo costantemente. Egli può guarirci da tutto ciò che ci debilita nell’impegno missionario. È vero che questa fiducia nell’invisibile può procurarci una certa vertigine: è come immergersi in un mare dove non sappiamo che cosa incontreremo. Io stesso l’ho sperimentato tante volte. Tuttavia non c’è maggior libertà che quella di lasciarsi portare dallo Spirito, rinunciando a calcolare e a controllare tutto, e permettere che Egli ci illumini, ci guidi, ci orienti, ci spinga dove Lui desidera. Egli sa bene ciò di cui c’è bisogno in ogni epoca e in ogni momento. Questo si chiama essere misteriosamente fecondi!