Santuario del Sacro Cuore, Como, 24 ottobre 2021

Don Guanella santo da dieci anni

Siamo radunati nel santuario del Sacro Cuore in Como, tempio che conserva il corpo mortale di san Luigi Guanella, assieme alla sua figlia spirituale, la beata Suor Chiara Bosatta, di cui ricorre quest’anno il trentesimo di beatificazione.

Qui, in questo luogo, la famiglia guanelliana ha preso forma e oggi è ritornata per ravvivare il proprio impegno di carità a servizio dei più poveri, secondo gli orientamenti carismatici di don Guanella.

Oggi abbiamo la gioia di festeggiare i dieci anni da quando papa Benedetto XVI, il 23 ottobre 2011, ha canonizzato il nostro don Luigi Guanella, assieme ad altri discepoli di Cristo, Guido Maria Conforti, fondatore dei padri Saveriani e madre Bonifacia Rodriguez De Castro, una religiosa spagnola.

Questa memoria decennale è ampiamente condivisa da tutta la nostra Chiesa di Como, essendo san Luigi Guanella un figlio eletto di questa diocesi, nella quale è nato (a Fraciscio di Campodolcino, in Valchiavenna), ha operato, non senza difficoltà, mentre maturava progressivamente il disegno che Dio desiderava da lui. Prosto, Savogno, Traona, Olmo e Pianello Lario sono i luoghi del ministero di don Guanella, prima di giungere a Como, dove fondò la casa della divina Provvidenza, nel 1886, per poi aprirsi al mondo intero.

Dio, come sempre, sceglie i suoi collaboratori, provenienti da umili origini, li forma alla scuola della sua sapienza, tanto diversa da quella mondana, li plasma secondo il vangelo, con la scala dei valori proclamati dalle Beatitudini.

Cosi don Guanella è stato messo in grado di vivere con coraggio e determinazione il vangelo della Carità.

I Santi, tuttavia, sono un dono per tutta la Chiesa, modelli esemplari di vita evangelica.

Per questo la testimonianza di don Guanella e la genialità creativa del suo cuore, il metodo d’azione a servizio dei più poveri, si sono diffusi velocemente nel mondo intero, soprattutto in quei luoghi, e sono numerosi, dove i suoi figli, i Servi della Carità (Guanelliani), e le religiose da Lui fondate, le figlie di s. Maria della Divina Provvidenza, operano quotidianamente, offrendo una testimonianza di autentico amore verso Dio e verso il prossimo, soprattutto i più deboli, gli ultimi, quelli che il mondo scarta con facilità.

Nel vangelo di oggi, Gesù è acclamato per fede da Bartimeo, il cieco di Gerico, mendicante seduto sul ciglio della strada, con il titolo messianico di “figlio di Davide”. Gesù ha riconosciuto in lui il credente e ha ascoltato il suo grido di aiuto, accorso, pieno di fiducia, perché gli fosse ridonata la vista.

Bartimeo diventa così un vero testimone perché, riavuta la vista, ha sperimentato Dio, che non passa oltre quando qualcuno grida aiuto.

Così anche san Luigi Guanella non ha esitato ad ascoltare il grido di quanti si sono rivolti a lui e li ha accolti, amati e serviti, come figli prediletti del Padre dei cieli. “Ogni persona è degna della nostra dedizione perché è opera di Dio e ciascuno è immensamente sacro e merita il nostro affetto” (EG 274).

Don Guanella, e con lui tutti i Santi, profeti della carità divina, sono uno stimolo permanente perché i membri delle nostre comunità cristiane reagiscano al virus della indifferenza, prodotta dall’individualismo e diventino sempre più, come afferma s. Giovanni Crisostomo, “un porto sicuro” per i poveri di oggi. Con quella carità che Dio infonde, impariamo a prenderci cura di quanti vivono le molteplici forme di povertà, materiale e spirituale.

Dobbiamo umilmente ammettere che spesso facciamo fatica ad accettare che siano proprio i poveri i nostri maestri, quando essi ci insegnano tra l’altro l’arte della solidarietà, della gratuità e la gioia della condivisione. Esitiamo pure nel riconoscerci come loro fragili e deboli, che abbiamo tanto da imparare, mentre ci richiamano con la loro vicinanza la dignità di figli di Dio, che niente e nessuno può togliere loro.

Preghiamo don Guanella perché, quale “campione della fede e della carità”, come lo ebbe a definire san Paolo VI, ci dia la forza di imitarlo, lasciandoci toccare a fondo dal dolore dell’altro, così da esserne completamente modificati e da non poter essere più gli stessi di prima. E’ la grazia che noi chiediamo come frutto di questa Eucaristia.

Vescovo Oscar

24/10/2021
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