Cattedrale di Como, 6 gennaio 2024

Epifania del Signore

L'omelia del Vescovo

Concentriamo la nostra attenzione sui Magi, descritti nel vangelo odierno. Provenienti da paesi lontani dell’Oriente, dopo aver percorso un lungo e rischioso cammino, giungono finalmente a Betlemme di Giudea per adorare il Signore, dopo aver sostato invano a Gerusalemme, alla corte di Erode.

Essi sono la conferma che tutte le genti, nessuno escluso, sono chiamati ad essere i destinatari della gioia di Dio, della piena comunione con Lui. Sono stati mossi nella loro ricerca da una sana inquietudine, che sarà colmata solo dall’incontro con il vero re. “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te, Signore”, lo conferma s. Agostino nelle sue Confessioni.

Tutti gli uomini e le donne, da qualunque spazio del mondo e da qualsiasi condizione esistenziale provengano, sono attratti misteriosamente dalla luce di Cristo Signore, il figlio di Dio, che ha assunto la nostra umanità in pienezza per insegnarci a condividere un’unica, medesima dignità, quella di essere tutti figli di Dio, da lui amati.

L’annuncio evangelico della Epifania del Signore, ci apre così gli orizzonti del cuore, ci invita a superare quelle barriere che ci distanziano o che ci separano gli uni dagli altri, o perché diversi o perché lontani da noi. “Cammineranno le genti alla tua luce, tutti si sono radunati, vengono a te”, come abbiamo udito dal profeta Isaia. Ecco il grande sogno di Dio: rendere tutti i popoli della terra membri di un’unica famiglia, riuniti insieme, in piena familiarità, in stretta relazione con Dio e tra di noi.

Quanto siamo ancora oggi lontani da questo disegno di Dio, che ci vuole tutti radunati alla sua stessa mensa! Lo documentano i fatti giornalieri della storia del mondo, ossia l’incapacità di convivere tra nazioni e popoli diversi perché parte di un’unica famiglia umana. Noi stessi, a ben vedere, fatichiamo ad accettare la diversità degli altri e non riconosciamo che la vera ricchezza deriva proprio dalle nostre differenze!

La gloria umile del Salvatore fu vista, in un primo tempo, dai pastori di Betlemme, che nella notte santa riconobbero il segno annunciato loro dagli Angeli e adorarono il Bambino. Ora, invece, sono i Magi, che riflettono il ritratto dell’uomo che avverte la nostalgia di Dio. Essi scoprono che Dio si è lasciato trovare proprio là dove non se lo aspettavano. Non nel palazzo di Erode, nel segno del potere, dell’apparenza o della superiorità, che alla fine generano solo tristezza, schiavitù e paura. I Magi, giunti a Betlemme, constatano, come i pastori, l’umiltà di Dio, venuto a prendersi cura della nostra fragile umanità.

Essi scoprono con stupore la più grande e sorprendente novità della storia: Dio fatto uomo. E lo adorano.

Impariamo anche noi ad adorare. Mettendoci al cospetto dell’Altissimo, scopriremo che la vera grandezza non consiste nell’avere o nell’apparire, ma nell’amare, nel fare della nostra vita un dono d’amore.

Acquistano così pieno significato i doni preziosi che i Magi presentano al bambino Gesù: sono tre modi diversi di dire chi è Gesù Cristo, sono una originale professione di fede.

I Magi consegnano in dono innanzitutto l’oro, simbolo della regalità di Cristo. Egli infatti regnerà, ma solo servendo. L’offerta dell’oro rivela altresì che Cristo è venuto a cercare ogni uomo perché prezioso agli occhi di Dio Padre.

Quindi offrono a Cristo l’incenso. Con la preghiera elevata al Signore come incenso profumato chiediamo anche noi, con i Magi, che Dio purifichi le radici dei nostri desideri, perché giungiamo ad avere piena fiducia in Lui, ma anche fiducia nella vita e in noi stessi.

Infine, porgiamo anche noi, con i Magi, la mirra. Con essa si ungevano i corpi feriti e straziati. La mirra ci annuncia la croce del Signore, ma anche ci invita ad accettare la nostra croce, cioè la sofferenza, come espressione di amore. Essa è segno di quanto siamo disposti a dare solo per amore, ma anche quanto volontariamente e consapevolmente siamo disposti a perdere per amore di chi amiamo.

Questi sapienti Magi, infine, avendo trovato Colui che desideravano conoscere, dopo averlo a lungo cercato, si rimettono in cammino per rientrare nelle loro terre, “per un’altra strada”, come sottolinea il testo evangelico. Hanno nel cuore il desiderio sincero di raccontare ciò che hanno visto e di trasmettere la gioia che hanno sperimentato. Non sono più quelli di prima, trasformati da questa straordinario incontro con il Dio bambino. Anche a noi capita così, come i Magi. Un nostro vero incontro con il Signore, infatti, non solo trasfigura il nostro cuore, ma ci rende pronti a narrare le meraviglie che Dio ha compiuto in noi, pervasi dalla sua tenerezza.

Oscar card. Cantoni

 

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