Ancora una volta, la nostra Comunità piange per il distacco terreno di un nostro fratello tanto amato, il diacono Roberto, per il quale vogliamo innalzare al Dio dell’amore e della gioia le nostre preghiere, così che possa essere introdotto nella pienezza della vita.
I partecipanti a questa celebrazione e quanti in questi giorni sono accorsi al Centro Pastorale, per una preghiera e un ultimo saluto davanti alle spoglie mortali del diacono Roberto, testimoniano la stima, la fiducia e anche l’affetto che essi riponevano in lui, anche da parte delle autorità civili.
Egli ha offerto una incisiva ed esemplare testimonianza di discepolo del Signore Gesù, non solo per la sua vita spesa al servizio degli altri, in una dedizione incondizionata, ma anche per il suo metodo di azione, dal momento che riusciva a coinvolgere gli altri in un confronto positivo, sereno e dialogante con tutti, nonostante le inevitabili difficoltà.
Il popolo di Dio ha un intuito speciale: sa riconoscere immediatamente e onora quanti, per amore di Cristo e in fedeltà al suo Vangelo, si donano senza sosta e con gioia, in modo disinteressato, fino all’estremo. Il diacono Roberto è sicuramente uno di questi, giunto a donare alla fine anche parte dei suoi organi interni. La sua identificazione con Cristo servo gli ha permesso di costruire con Lui il Regno di Dio, caratterizzato dall’amore, dalla giustizia, dalla pace.
Ora il Signore Gesù, risorto da morte, asciuga le nostre lacrime e trasfigura il nostro lutto in una splendida occasione di gioia, così da poter accompagnare, consolati, il nostro Roberto nel suo viaggio finale, dove verrà accolto dalla compagnia dei Santi, dai tanti amici defunti, parte dei quali hanno condiviso con noi, in questi anni, la stessa avventura cristiana, momenti di umile servizio e di dono generoso, quale riflesso dell’amore di Dio per tutti, soprattutto per i poveri.
Sono quei “santi della porta accanto“, testimoni viventi dell’amore di Dio, che ci hanno preceduto nel cammino della fede e che hanno preparato un posto anche a Roberto, perché goda il premio della sua fedeltà nell’amore, cioè nel libero e gioioso dono di sé.
Perciò è significativa l’immagine del banchetto, espressa nella prima lettura dal profeta Isaia, quale prefigurazione della gioia e della piena comunione che il Signore riserva nell’al di là a coloro che hanno fatto della loro vita un dono. Sono gli invitati a “un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati“.
Oggi festeggiamo quindi con gioia l’ingresso nella vita eterna del nostro fratello Roberto, lui che nel tempo ha condiviso la nostra vita ecclesiale e sociale e ha promosso costantemente la “convivialità delle differenze“, accogliendo tutti alla mensa comune, soprattutto i poveri, al di là della loro provenienza, del colore della loro pelle, della loro condizione sociale e perfino della religione, quali ospiti d’onore del Signore, ma anche accolti dalla nostra generosa ospitalità.
Sono numerose le persone che il diacono Roberto ha riconosciuto come fratelli e sorelle in questi anni, quelli che nel vangelo, appena proclamato, sono identificati come la stessa “carne viva” del Signore Gesù: “lo avete fatto a me!”.
Volti concreti che si sono via via presentati: profughi, senza dimora, carcerati, migranti, nullatenenti, persone affette da malattie mentali, famiglie in difficoltà, disabili, persone prive di lavoro, ragazze della tratta, o uomini e donne dalle svariate dipendenze: insomma tutti quei poveri che generalmente la società esclude perché danno fastidio e tiene volentieri ai margini. Roberto li ha saputi accogliere, riconoscendoli come i prediletti del Signore e ha mostrato loro al vivo la misericordia di Dio, quale “cuore pulsante del Vangelo“.
Caro diacono Roberto, ti ringrazio, a nome di tutti, perché ci hai insegnato a identificare le persone, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, quali nostri fratelli e sorelle, che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri.
Glorifichiamo il Signore che attraverso di te ci ha educato ad essere, come si è espresso più volte papa Francesco, “una Chiesa che serve, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità, per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione”.
+ Oscar CANTONI, Vescovo di Como