E’ tutta la nostra Chiesa che, pur nella sofferenza del distacco terreno, nella fede del Signore risorto, gioisce per la nascita al cielo di don Luigi, che il Padre ha chiamato a sé come figlio amato e tanto atteso.
Ci rattrista, certo, la sua morte e in modo speciale la sofferenza che egli ha immagazzinato lungo parte della sua esistenza e in particolare in questo suo ultimo doloroso periodo.
Don Luigi, tuttavia, è morto circondato dal sostegno di tante persone, a lui legate da vincoli di vero affetto nel Signore, a partire dalla cara sorella, religiosa delle Figlie di Gesù e dalle amate cugine, ma anche da sacerdoti, religiosi e laici, medici e infermieri, che si sono alternati e lo hanno sostenuto in questo suo ultimo calvario, vissuto, però, sempre nella fede e vivificato da una costante preghiera.
In questo modo gli è stato permesso di affrontare la morte in piena consapevolezza e in totale abbandono alla fedeltà di Dio.
Si può dire che don Luigi sia morto pregando, in piena comunione con Dio Padre, del suo Figlio amato, il Signore Gesù, che lo ha chiamato alla sua sequela, del conforto dello Spirito Santo, il consolatore e di Maria, madre dei sacerdoti.
Oggi abbiamo un grande bisogno di maestri che insegnino ai cristiani non solo come vivere da veri figli di Dio, all’interno di una società che vorrebbe escluderlo, perché del tutto indifferente, ma anche che introducano i discepoli di Cristo all’arte di ben morire, ossia ad affrontare la morte da cristiani, dentro un ambiente sociale che non osa nemmeno affrontare il tema della morte ed esclude di parlarne, anche solo per fugaci accenni. E don Luigi ci ha insegnato, soprattutto con la accettazione della sua sofferenza, a ben morire.
Per noi cristiani la morte è la porta di ingresso alla vita nuova e piena, in comunione con i fratelli e le sorelle che ci hanno preceduto nel cammino della fede e che preparano la strada per vivere il nostro incontro con Dio come una festa.
È la gioia di sentirsi figli, amati e preziosi al cuore di Dio, membri di una grande famiglia, la Chiesa di lassù, in piena unità con noi, Chiesa ancora pellegrina sulla terra e desiderosi di una piena intimità con Dio Trinità e con i nostri fratelli.
“Lo vedremo così come egli è”, ci ha ricordato la parola di Dio. Godremo cioè della sua intimità, conosceremo pienamente il suo cuore di Padre; saremo pienamente partecipi dei sentimenti del Figlio amato; sperimenteremo la gioia dello Spirito santo, Colui che guida silenziosamente, ma efficacemente, la nostra vita, suggerendoci le scelte più opportune per vivere in pienezza la nostra umanità, da veri discepoli di Gesù.
Davanti al volto di Dio conosceremo anche pienamente il significato globale della nostra stessa esistenza terrena, di certe situazioni, avvenimenti, prove e sofferenze che Dio ha permesso e che per noi finora rimangono ancora oscure, perché incapaci di ogni umana interpretazione.
Il Vangelo che don Luigi stesso ha scelto proprio nei giorni di degenza in ospedale è un monito che egli rivolge a tutti noi, in primis ai parrocchiani delle varie Comunità parrocchiali che egli ha servito ed amato, fino a quella di Camnago Volta. E’ il Vangelo che annuncia la beatitudine dell’attesa, ripagata dalla gioia dell’incontro: “Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli”. Una attesa che esige vigilanza, prontezza e lucidità per aprire subito la porta al padrone che torna dalle nozze. Una vigilanza che non è frutto di un pressante fardello, ma occasione per manifestare la gioia dell’incontro, così che il padrone, commosso, ci possa ripagare ammettendoci alla sua tavola e mettersi lui stesso a servirci, segno di una grande familiarità. E’ la descrizione in termini umani del volto di Dio Padre, che in Cristo si è rivelato pronto a servire l’uomo, piuttosto che a farsi servire.
Caro don Luigi: ora che vedi il volto del Padre, ossia sei ammesso alla sua intima familiarità, raccontagli di noi, che siamo la tua famiglia.
Tu che ora incontri il Cristo, maestro e Signore, che ti ha chiamato alla sua profonda amicizia, affidagli questa tua Chiesa perché non abbia paura di accompagnare tutti i suoi figli verso una testimonianza di fede veramente esemplare. Intercedi per noi perché il fuoco inesauribile della prima Pentecoste avvampi di luce e di forza il nostro impegno missionario. Infine, chiedi a Maria che custodisca uniti e concordi i nostri sacerdoti, perché la loro azione pastorale possa riflettere le attese di Dio, così da esserne reali interpreti presso il popolo santo.