Sentimenti di letizia, di consolazione e di pace ci accomunano mentre accompagniamo nella fede don Narciso all’incontro festoso con il suo e nostro Signore.
La comunione con Dio diventa per questo nostro fratello una realtà che si realizza ora in pienezza, assicuratagli anche dalla nostra preghiera di intercessione, quella che noi stiamo elevando al Signore attraverso questa Eucaristia, a nome del nostro presbiterio diocesano e di tutto il popolo di Dio.
Qui noi rappresentiamo soprattutto le molte persone e comunità, compresi i carcerati, che don Narciso ha incontrato nel corso del suo lungo ministero pastorale, fino agli amati fedeli di questa Comunità di Triangia: è stato ordinato presbitero nel lontano 1955, quindi ben 64 anni fa.
La persona di don Narciso, il suo carattere mite e dolce, gioviale e limpido, sempre sereno, la sua fiducia in Dio nell’affrontare le varie responsabilità pastorali e soprattutto la sua confidente pace nell’affrontare, in questo ultimo periodo, la sofferenza e la preparazione alla morte, sono il commento più vero alla pagina evangelica che è stata annunziata.
E’ il testo in cui emerge con precisione e immediatezza la fisionomia intima di Gesù, “mite e umile di cuore”, di cui ciascuno dei suoi discepoli deve essere il più possibile una rappresentazione plastica. Questo è il compito essenziale che abbiamo ricevuto: diventare, con la grazia di Dio, come Lui, volto umano della misericordia del Padre.
Mitezza e umiltà non sono affatto un segnale di debolezza e neanche di ingenua semplicità, ma espressione di chi sa dominare se stesso, preferendo alla contrapposizione il dialogo paziente e alla polemica sterile la fiducia nelle inespresse possibilità dell’altro, anche se ancora nascoste nel segreto del cuore.
I sentimenti che oggi predominano nella società, al contrario, sono espressione della rabbia e della violenza da cui molte persone sono abitate e che vorrebbero definirsi quale caratteristica dell’immagine riuscita della umanità. Di fatto, l’aggressività manifesta una caricatura di persone deboli e insicure, che cercano di autodifendersi, nascondendo le proprie ferite e fragilità.
Il discepolo di Gesù, al contrario, è chiamato a testimoniare il Vangelo mediante gesti semplici, ma veri, di riconciliazione; è inviato a scoprire il bene presente in ognuno; è desideroso di promuovere un dialogo sincero anche nei confronti di quanti gli si oppongono.
In questo modo, il discepolo di Gesù prepara, attraverso la vita e le opere che egli realizza, quei “cieli nuovi e quella terra nuova”, che sono sì dono di Dio, ma che Egli chiede che siano già anticipati da ciascuno di noi, vivendo sul serio la fraternità, realizzata mettendo in circolo la tenerezza, la compassione e la pazienza: aspetti fondamentali per rendere il mondo in cui viviamo davvero più umano.
La fraternità è infatti un progetto di vita che non può essere solo desiderato, ma costantemente tradotto nelle scelte concrete, quale espressione di un cuore riconciliato. La fraternità ci sollecita a condividere la vita con gli altri, colmando le distanze che sempre di nuovo tendono a ricostituirsi tra noi. Don Narciso, nella sua semplicità evangelica, ci ha dato l’esempio di come vivere da figli tra di noi, sorretti dall’unico Padre che è nei cieli. Ora dal cielo prega per noi perché sappiamo recuperare il senso della fratellanza attraverso nuove forme di vita capaci di rendere visibile la possibilità di stare insieme da fratelli e sorelle.