L’improvvisa morte del nostro d. Alessandro ci ha scombinato e ci ha lasciati sgomenti.
Le lacrime non bastano per manifestare tutto il nostro comune dolore, ma la fede nella risurrezione di Cristo e la sua signoria sul mondo e su ogni uomo in particolare ci permette di credere che don Alessandro oggi vive in Dio.
Sono vicino con tanto affetto a mamma Giulia, al papà Carlo, al fratello Matteo, alla cognata Simona e teneramente allo zio don Marco. Condivido da vicino anche la sofferenza dei parrocchiani di Delebio, Piantedo, Andalo e Rogolo, come dei cristiani delle altre parrocchie in cui don Alessandro ha svolto con impegno il suo servizio pastorale, innestando entusiasmo e desiderio di pienezza di vita, quella che Gesù promette ai suoi amici. Sondalo, suo paese natale, vivrà domani un momento di particolare intensità.
Le separazioni dalle persone che amiamo, soprattutto se inattese, insieme alla tristezza, suscitano tanti interrogativi, ci obbligano soprattutto ad approfondire le nostre certezze di fede, che non possono mai essere date per scontate una volta per tutte. Penso soprattutto alle domande che in questi giorni tanti di noi si pongono, soprattutto i ragazzi e giovani in lacrime, penso alle loro risonanze interiori e ai loro cuori lacerati se non fossero aperti alla speranza. C’è bisogno di un confronto serrato con cristiani adulti, uomini e donne, che siano testimoni nella fede in Cristo, crocifisso e risorto, lui che solo può aprirci una via di luce dentro le nostre tenebre e invitarci nella preghiera a una fede più grande.
In questa circostanza così traumatica per tutta la nostra famiglia ecclesiale, mi sono domandato quale potrebbe essere la reazione di don Alessandro di fronte alla nostra comune sofferenza, tanto umana.
Potrebbe dirci, in piena libertà e confidenza, unita a decisione, come era suo solito: “Non piangete su di me, piuttosto pensatemi dove sono stato condotto, ossia là dove sovrabbonda la vita e la gioia in pienezza”. E continuerebbe: “Cristo, re dell’universo, colui che è, che era e che viene, mi è venuto incontro, mi ha subito riconosciuto come un suo discepolo e apostolo, mi ha sorriso e mi accolto tra le sue braccia, aprendomi le porte del Regno. La mia vita non è stata altro che annunciare il Regno di Dio, cercando di riprodurlo al vivo, con il mio stile, pieno di slancio, di vitalità, di dedizione per la vita di tutti.”
In questa festa di Cristo re, noi restiamo ammirati per la Parola che abbiamo ascoltato. Essa ci rassicura e ci conforta. Dio viene continuamente nella storia umana e nella storia di ciascuno per rivelare il suo progetto d’amore, di riscatto dal male, di restituzione della nostra dignità regale e sacerdotale, già propria dell’uomo creato e che comporta la nostra sovranità sulla creazione e la possibilità di un rapporto diretto con Dio.
Questa dunque è la nostra cristiana consolazione: siamo teneramente amati da Colui che ci ha liberati dai nostri peccati, costituiti col Battesimo sacerdoti per il nostro Dio e padre. Ecco dove si fonda la nostra certezza, più intensa di ogni nostra sofferenza, di ogni inquietudine, anche più forte dei nostri peccati. Essa ci mette in grado di vivere in pace e di cantare sempre l’alleluia, nonostante il nostro grande dolore.
Sì, noi lo crediamo: niente e nessuno ci potrà mai separare dall’amore di Cristo Signore, Lui che ha vinto la morte e ci ha aperto le porte per una pienezza della vita.
Noi non riusciamo a comprendere i disegni divini, non possiamo conoscere perché don Alessandro è stato sottratto in modo così improvviso ai nostri sguardi e alla nostra amicizia. Il criterio di giudizio che vige nel regno di Dio non è di questo mondo, si fonda su altri schemi, ben diversi dai nostri parziali ragionamenti umani, ma conduce infallibilmente alla pace e alla gioia. Vogliamo affidarci ancora una volta alla fedeltà della Parola che ci assicura: il Regno di Dio non sarà mai distrutto. Ogni creatura è custodita con amore nelle calde mani di Dio: perciò possiamo continuare a fidarci del Signore crocifisso e risorto, il cui regno non avrà fine.
Caro don Alessandro, dal cielo veglia su questa tua Chiesa che ti ha generato alla fede, che ti ha reso suo ministro e che tu hai servito con generosità e appassionatamente amato fino anche a soffrire per Lei.
Chiedi per la nostra Chiesa, con ardore di discepolo, nuovi apostoli, pieni di coraggio nell’affrontare le nuove sfide, ma sempre entusiasti nello stare vicini alla gente per annunciare il Vangelo, testimoni e annunciatori della misericordia, che continuino il ministero che tu stesso in questi anni hai saputo svolgere, con vero affetto di padre, nei confronti di ogni figlio di Dio.
+ Vescovo Oscar