Alla vigilia della settimana santa contemplare il velo sindonico è un’ottima occasione per prepararsi a viverla con fede intensa, una felice opportunità per accogliere con rinnovato stupore Colui che nella Sindone è raffigurato, per non rimanere insensibili e ingrati davanti a Colui che ci ha amato e ha donato tutto se stesso per noi.
È anche una lezione di vita, perché considerando la morte di Gesù quale dono supremo dí sé per amore nostro, anche noi diventiamo come il Signore Gesù, facendo nostri i suoi sentimenti, così da chinarci con tenerezza e spirito di servizio verso i crocifissi dei nostri tempi, ossia i poveri, gli emarginati, i sofferenti, le persone sole, scartate dalla società, le tante persone ferite nel corpo e nello spirito, presenti anche da noi, forse anche nelle nostre famiglie.
Gesù si è identificato nel servo sofferente, annunciato già nel primo testamento nei carmi del Servo di Iahwe’, di cui alla prima lettura. Una pagina misteriosa, sottovalutata e incompresa nel popolo di Dio, al tempo di Gesù, popolo che pure attendeva con ansia la visita di Dio attraverso un suo Messia, ma del tutto ignaro del modo con cui si sarebbe manifestato.
Dio ha le sue strade per avanzare dentro la storia degli uomini. Non ha bisogno di gesti clamorosi, non si impone con la forza, anzi si manifesta con la debolezza propria dell’amore. Credere che questa via è la più persuasiva e convincente è difficile da accettare anche per noi oggi. Infatti siamo portati ad usare metodi più sbrigativi e apparentemente più efficaci. Sprigioniamo violenza, anzitutto già a livello verbale. Con il nostro linguaggio feriamo le persone, le umiliamo, le deridiamo, le sottovalutiamo , e così cresce la distanza tra noi. Facciamo fatica ad accettare gli altri nella loro debolezza perché essa ci rimanda subito alle nostre debolezze, là dove noi ci odiamo segretamente, perché ci vorremmo diversi da come siamo e qualitativamente migliori di quel che effettivamente noi siamo.
Ci commuove il fatto che il Signore Gesù, crocifisso e risorto, nella pagina dell’Apocalisse appena ascoltata, ci offre continuamente il suo amore, mentre ci introduce, attraverso il dono del Battesimo, a far parte del popolo di Dio, ossia nella dignità di un popolo sacerdotale, investito del compito di rendere grazie a Dio attraverso l’offerta di una vita santa, conforme alla sua volontà, piena di opere che manifestano e traducono la misericordia di Dio nei gesti ordinari della vita di ciascuno.
Il volto dell’Uomo della Sindone è da contemplare. Maestoso e solenne, pienamente pacificato perché sa di aver amato fino alla fine, di aver fatto della sua vita e della sua morte un totale dono d’amore e in pieno affidamento a Dio, suo padre.
Chiediamo al Signore la grazia di vivere la nostra morte come un ultimo gesto di offerta a Dio, nostro padre, ma anche a beneficio dei nostri fratelli, perfino di quelli che non abbiamo amato abbastanza.
Il Vangelo ci presenta le ultime ore della vita di Gesù, nella sua passione, quando egli subisce umiliazioni e sperimenta una intensa solitudine, gli attacchi degli scribi, dei sacerdoti, le provocazioni dei passanti che lo tentavano chiedendo di offrire una prova clamorosa di potenza, scendendo dalla croce. Gesù muore drammaticamente solo, nel dono incondizionato di se’, sorretto solo dalla piena fiducia di essere sostenuto dalle salde mani di Dio, suo Padre, e consolato dalla forza dello Spirito. Solo il Centurione, ” avendolo visto spirare in quel modo”, dichiara solennemente: “Davvero quest’ uomo era Figlio di Dio”.
Gesù muore per noi, a causa del nostro peccato e a vantaggio nostro. Da qui il silenzio adorante e il nostro incondizionato amore.