Cari fratelli e sorelle,
è con grande gioia che vi accolgo in questa nostra Cattedrale quali membri del popolo santo di Dio per ricevere grazia e consolazione dallo Spirito Santo, che ci rende partecipi della medesima consacrazione, da lui operata con l’unzione, quando ha costituito Gesù Messia e Signore (cfr. preghiera di colletta).
Quello di oggi è un appuntamento tanto atteso, per il quale non è mancato da parte vostra qualche sacrificio, pur di essere presenti a questo momento di comunione, tutti con la comune qualifica di membri del popolo di Dio: fedeli laici, persone di vita consacrata, diaconi, presbiteri e vescovi; tutti coinvolti, attraverso i diversi spazi di comunione e luoghi di partecipazione, in una Chiesa dal respiro sinodale, che sa mettere Gesù al centro e, alla sua luce, cerca di rispondere alle sfide che oggi la realtà ci presenta.
Un saluto affettuoso a ciascuno di voi, mentre, nello stesso tempo, ricordo in particolare i nostri missionari “fidei donum”, i sacerdoti anziani e ammalati, tutte le persone sofferenti e in difficoltà, ma anche le monache dei monasteri di Grandate e della Visitazione, quest’ultime presenti a Como, nel succedersi delle sorelle, da ben duecento anni.
In questa celebrazione, il Crisma, ossia l’olio santo, che già nel Primo Testamento ungeva sacerdoti, profeti e re, assume un particolare risalto. S. Efrem il Siro ricorda che: “quest’olio è un caro amico dello Spirito Santo, lo serve e lo accompagna come un discepolo. Come un sigillo imprime la sua traccia sulla cera, così con l’olio, il sigillo nascosto dello Spirito, è impresso sui corpi unti al battesimo”.
Con la purificazione, operata dallo Spirito Santo al battesimo, inizia in ciascuno di noi un processo di santificazione, opera della grazia, ma che richiede anche la corrispondenza della nostra libertà.
Con il nuovo olio, tra poco benedetto, avremo una occasione in più per ravvivare e sviluppare i doni dello Spirito, che a ciascuno di noi sono stati offerti, per compiere generosamente il ministero proprio a ciascuno, nella vita familiare, nell’impegno sociale, come nei compiti pastorali e così tendere più facilmente alla santità, che è la meta comune della vita cristiana.
Una nuova, copiosa effusione dello Spirito santo viene oggi invocata su quanti hanno ricevuto l’ordinazione presbiterale, che dispone a servire il popolo di Dio per promuoverne il cammino di fede, di speranza e di carità e accompagnare i cristiani nell’opera di santificazione mediante il dono della Parola, l’energia propria dei Sacramenti e della Carità.
A voi, cari fratelli presbiteri, vorrei rivolgermi ora in modo particolare.
Questa è una occasione tra le poche per poter indirizzare a tutto il presbiterio insieme parole di incoraggiamento e di speranza.
Dopo avervi dapprima ricordato che la “gioia” è una caratteristica indispensabile per annunciare il Vangelo nel nostro tempo, lo scorso anno ho centrato la riflessione sul tema della “benevolenza”, quale condizione per testimoniare un clima di vera fraternità nel presbiterio, indispensabile per essere credibili davanti al popolo di Dio.
Oggi vorrei aiutarvi a interpretare nella fede questa particolare stagione di Chiesa, molto difficile e sofferta, alla luce della consolazione di Dio, per essere in grado di affrontare e superare possibili momenti di smarrimento, di desolazione e di polemiche anti evangeliche attraverso un nostro rinnovato amore alla Chiesa, fervente e disinteressato, nel rispetto della libertà delle persone.
Assistiamo oggi, soprattutto in Europa, a una forte crisi della fede. I cristiani che frequentano le assemblee domenicali e che celebrano i sacramenti sono sempre più pochi, soprattutto i giovani. Sono decresciuti i battesimi dei bambini in varie parrocchie, rarefatte le confessioni, il numero dei matrimoni si è notevolmente ridotto!)
La figura del sacerdote ha perso il fascino e la stima che aveva nel passato. La Chiesa sembra non incidere più sul vissuto storico, a tal punto che anche molti cristiani vivono scelte spesso anti evangeliche. Gli scandali e le divisioni interne alla Chiesa, poi, hanno suscitato un’eco impressionante.
Non ultimo, le difficoltà personali nel gestire i compiti impegnativi del ministero quotidiano portano facilmente a un senso di sfiducia e di scoraggiamento. È la tentazione più grande che ci insinua il Maligno, così da generare in molti uno spirito di disfattismo e di sconfitta, sostenuti da profeti di sventura.
Si tratta di peccati contro la fede e la speranza. Davanti a questa situazione, occorre chiedere con forza la grazia di saper vedere Dio all’opera, non ostinarsi a considerare la vita solo con criteri empirici e senza una prospettiva soprannaturale.
Occorre affermare con decisione e coraggio che oggi “il Signore sta purificando la sua Sposa e ci sta convertendo tutti a sé. Ci sta facendo sperimentare la prova perché comprendiamo che senza di Lui siamo polvere. Ci sta salvando dall’ipocrisia, dalla spiritualità delle apparenze. Egli sta soffiando il suo Spirito per ridare nuova bellezza alla sua Sposa”, come afferma Papa Francesco.
Osiamo credere che il Signore, mediante questo tempo di purificazione, ci sta avviando, se sapremo collaborare, mediante la nostra conversione personale e comunitaria, verso una Chiesa più pura, perché priva di mondanità spirituale; più povera, quindi più libera; più santa, perciò più profetica; più comunionale, in cui non c’è spazio per le chiusure individualistiche.
Sogniamo una Chiesa umile e serva, che si prende cura delle persone, quindi dei più poveri e dei dimenticati dalla società, dei più vulnerabili. Una Chiesa che indica con coraggio di tornare a Cristo, ponendolo al centro, senza altre priorità che non siano l’interesse e la passione per il Regno e la promozione delle persone. Gli uomini, infatti, hanno relegato Dio fuori della loro vita, confidando esclusivamente in loro stessi e solo nelle loro potenzialità.
Certo, occorre accettare di buon grado che la Chiesa attualmente non sia più maggioritaria, per molti versi venga messa ai margini, ma si tratterà sempre più di una “minoranza creativa”, una presenza che serve l’uomo e ne difende la sua altissima dignità. Da qui ne verrà un contributo non lieve alla società per aiutarla a diventare più umana, più accogliente e solidale. Papa Francesco ha sottolineato che: “Il problema non è essere poco numerosi, ma essere insignificanti, diventare un sale che non ha più il sapore del Vangelo o una luce che non illumina più niente!” (31 marzo 2019)
Nello stesso tempo, occorre avvertire che non mancano cristiani (o coloro che vogliono ricominciare ad esserlo, o coloro che provengono dal mondo della non credenza) che hanno fame di conoscere la Parola di Dio. Altri ci chiedono di essere aiutati nella loro ricerca di senso, desiderano celebrazioni liturgiche dignitose, ben curate, senza fretta, con linguaggi e simboli facilmente comprensibili. Non manca chi desidera accedere al sacramento della Riconciliazione, che per noi sacerdoti deve ritornare ad essere un “compito prioritario”. Inoltre non sono pochi quanti coltivano la gratuità dell’amore mediante scelte di accoglienza e di solidarietà. Sono numerose le sorelle e i fratelli che desiderano essere accompagnati nelle loro vicissitudini, nei loro drammi personali e familiari, che gradiscono essere aiutati nella cura della qualità della loro vita evangelica, ed essere da noi accompagnati con tenerezza e con misericordia.
Cari fratelli presbiteri, vi ringrazio per la vostra generosa testimonianza di vita, consumata nel dono di voi stessi, nel lavoro faticoso, svolto nel quotidiano impegno pastorale.
Continuiamo ad essere segno vivo di fraternità, alla quale il Padre ci ha chiamato e che il popolo di Dio attende da noi.
Allontaniamoci dalla tentazione della rassegnazione perché, come credenti, sappiamo che il Signore Gesù ci precede sempre e apre inediti spazi di speranza anche là dove tutto sembra perduto.
Lo Spirito di Dio ci aiuti a portare frutti in abbondanza, anche come risposta all’impegno del Sinodo, oramai felicemente avviato.