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Le singole Chiese locali, diffuse su tutta la Terra, affidano in questi giorni alla Trinità santissima il Papa emerito, Benedetto XVI, l’umile operaio nella vigna del Signore: tanto gli devono per il servizio ecclesiale che egli ha svolto lungo gli anni del suo pontificato. Anche noi a Como, e in contemporanea a Sondrio, facciamo grata memoria di questo grande Pontefice che il Signore ha regalato alla sua Chiesa.
Dotato di una fervida intelligenza, unita a profonda modestia, papa Benedetto ha illuminato la Chiesa con la sua sapienza teologica, tanto da essere definito “il Papa teologo”. Ha saputo presentare con semplicità e chiarezza la verità di Dio, mentre ha lasciato trasparire attraverso il suo insegnamento la sua profonda spiritualità.
Tanto umile quanto coraggioso, da giungere alle dimissioni dal ministero petrino, con determinazione profetica, quando le sue forze fisiche e psichiche venivano meno, senza tuttavia abbandonare la Chiesa, che ha sorretto con la forza della sua assidua preghiera in questi nove anni in cui ha vissuto nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano in uno stile monastico e con una lucida attenzione alla realtà ecclesiale.
Lo ricordo nei vari incontri personali vissuti con Lui: fu proprio la Conferenza episcopale Lombarda ad essere ricevuta per ultima in una visita “ad limina” pochi giorni prima del suo trasferimento a Castel Gandolfo. Dotato di una gentilezza squisita, unita a tenerezza, era capace di concentrare la sua attenzione con la persona che aveva di fronte, come fosse l’unica, con una cordialità di rapporto veramente sorprendente. Fino all’ultimo incontro, il giorno del Concistoro, lo scorso 27 agosto, dove completamente afono, si è limitato a parlare con i suoi occhi vivaci ai nuovi cardinali, incoraggiandoli e offrendo loro la sua benedizione. Un momento davvero indimenticabile, commovente e di alto profilo.
Qualche riflessione ora a partire dalla Parola di Dio appena proclamata.
Il Vangelo proposto è l’incontro tra il Signore Gesù e l’apostolo Pietro, sulle rive del lago di Tiberiade. Gesù risorto sorprende Pietro con questa domanda:
“Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?” Pietro ha saputo offrire una timida, seppur sincera risposta. Con risolutezza il successore di Pietro, il nostro amato papa emerito Benedetto XVI, si è invece pronunciato senza nessuna esitazione.
Al dire di chi gli è stato vicino nelle ultime ore della sua vita terrena, papa Benedetto ha ripetuto in lingua italiana, come ultime sue parole, l’espressione: “Signore, ti amo!“.
Ha concluso così il suo ininterrotto dialogo d’amore con Cristo, mediante questa solenne professione di fede, che rivela una amicizia profonda e sincera, che, come ogni vera amicizia, comporta una comunione del pensare e del volere.
Papa Benedetto ci ha ripetuto più volte che Gesù ci conosce per nome, in modo del tutto personale. L’amicizia che Egli ci dona ci conduce a conoscerlo sempre meglio nella Scrittura, nei Sacramenti, nella preghiera, nella comunione dei Santi, nelle persone che ci avvicinano e che Egli ci manda.
L ‘amicizia è soprattutto comunione del volere. La volontà del Signore Gesù non è per noi una volontà esterna ed estranea. Nell’amicizia la nostra volontà si unisce sempre più alla sua. La volontà del Signore diventa così la nostra, fino che giungiamo a diventare una cosa sola con Lui. Papa Benedetto ci ha insegnato a vivere la nostra vita non più per noi stessi, ma con il Signore Gesù a vantaggio degli altri. E più volte ha ripetuto: “Aiutami a diventare sempre di più Tuo amico“. Ecco un primo tesoro che Egli ci ha lasciato: la sua profonda e tenera comunione con Cristo Gesù, vissuta attraverso una spiritualità profondamente radicata nella tradizione ecclesiale.
Vorrei sottolineare un altro elemento che mi ha colpito dell’insegnamento di papa Ratzinger. La fede cristiana non dice “io credo in qualcosa, bensì in Qualcuno.” Papa Benedetto ci ha ripetuto più volte che soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese profonde di ogni cuore umano e rispondere agli interrogativi più inquietanti sul dolore, l’ingiustizia e il male, sulla morte e sull’al di là. Il centro della vita deve essere quindi nient’altro che il Signore. Annunciare la ragionevolezza della fede è stata un costante preoccupazione del nostro amato Papa emerito, tanto che egli ha voluto sottolineare questa verità riprendendola anche nel suo testamento spirituale, appena pubblicato.
Vorrei infine rimarcare l’espressione della seconda lettura, là dove s. Paolo annuncia che “la nostra patria è nei cieli”. La sequela di Cristo non è soltanto imitazione delle sue virtù, ma è un cammino che ha una meta precisa. Papa Benedetto ci ha fortemente richiamato alla grande prospettiva della vita eterna mediante la quale il cristianesimo rivela tutto il suo senso. La verità e l’amore ci aprono a tutta la larghezza del progetto di Dio con noi, al coraggio di vivere nell’attesa della vita eterna.
Ora papa Benedetto contempla la verità stessa nell’infinito amore della santissima Trinità misericordia. Come i grandi Santi, è stato chiamato e accolto alla pienezza della vita alla vigilia di una grande festa: quella della Madre di Dio, titolo da cui derivano tutti gli altri titoli con cui la Chiesa onora la Madonna. Così ha potuto godere in cielo ciò che noi, ancora in forma imperfetta, godiamo quaggiù.
Oscar Card. Cantoni