Una volta ancora il Signore Gesù ci ha comandato di amarci gli uni gli altri con la stessa intensità con cui Gesù ci ha amato, come Lui stesso è amato dal Padre.
E dove ci sono due o più che vivono la loro vita secondo questo programma, lì c’è profumo di Vangelo.
Credo che la vostra Comunità faccia parte di questa schiera di amici e amiche di Dio che hanno preso sul serio questa parola del Signore.
Le vostre sorelle che vi hanno preceduto lungo i due secoli della storia di questo monastero, fra queste ricordiamo suor Benigna Consolata Ferrero e madre Dolci, dal cielo sorreggono il vostro impegno quotidiano perché non solo amiate questo programma di vita, ma lo facciate diventare sempre più vero, desiderandolo vivamente e incarnandolo nella vita della vostra piccola comunità, che diventa così un luogo privilegiato dove si respira un “profumo di Vangelo”.
Un buon profumo è destinato a espandersi e a dilatarsi, dà un tono e nello stesso tempo purifica, mentre attira l’attenzione di chi lo respira, rinnova l’ambiente circostante e lo rende un luogo attraente e desiderabile.
Non è l’edificio, ma siete voi, sorelle che lo abitate, che mentre cercate di vivere secondo il Vangelo, vi impegnate a dare un tono di unità, di comunione reciproca, di serenità, di gioia e di pace a tutto il complesso. Questo vostro ambiente di vita e di comunione nello Spirito, senza volerlo, suscita interesse, desta ammirazione, (e perché no?), invita anche alla imitazione.
Soprattutto oggi, le comunità cristiane, le parrocchie, i nostri gruppi, ma anche gli istituti di vita consacrata, sono chiamate anch’esse a caratterizzarsi come luoghi privilegiati di vita fraterna, dove si può respirare un’ aria di novità evangelica, dove si dilata e si può finalmente gustare un buon profumo di Vangelo.
Voi che componete questa comunità siete degli avamposti, delle anticipatrici, dei modelli veri e credibili di quella novità evangelica che ci rende, a imitazione di Gesù, profondamente umani. Questa è la sfida che oggi la società ci impone come luogo di verifica della credibilità della nostra sequela di Gesù.
Lo sappiamo bene, la società in cui viviamo respira un’aria inquinata, ha bisogno di sperimentare, per sopravvivere, un’ ecologia esistenziale fondata su rapporti interpersonali di fiducia, di solidarietà e di comunione. La situazione mondiale, poi, è dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro, e cerca disperatamente nuove alternative a questo modo di vivere.
Noi cristiani abbiamo il compito non di ritirarci in noi stessi, come se la Chiesa fosse una cittadella sotto assedio, accerchiata da una società che deve combattere. Il nostro appassionato impegno consiste piuttosto nel mostrarci in tutta semplicità, e senza farne motivo di vanto, presentarci come costruttori di ambienti di accoglienza fraterna, luoghi di pace e di gioia, dove vivere integrandoci nella nostra diversità complementare, frutto della presenza di Dio Trinità, testimoniata dalla qualità delle nostre libere relazioni, in una vita che è comunione.
So bene che coltivare e mantenere questo clima di amore fraterno, anche in una comunità come la vostra, non è un atto automatico, né viene da sé, ma è frutto di una vera e propria lotta quotidiana, individuale e comunitaria, un impegno che richiede una rinuncia alla mondanità spirituale. Noi infatti tendiamo sempre a prevalere e a imporci sugli altri.
E’ facile affermare le nostre vedute, confermate da idee sacrosante, senza accorgerci che, così agendo, imponiamo ancora noi stessi.
Permettiamo piuttosto che lo Spirito del Signore agisca in noi e lentamente ci trasformi, alla luce degli insegnamenti evangelici, per voi ripresi e attualizzati da S. Francesco di Sales, il saggio e prudente maestro di vita evangelica, di cui oggi facciamo memoria. Egli ci ha insegnato non a tendere a cose alte, ma ad esercitarci nelle piccole virtù, “perché questo Re di gloria non dà ai suoi servi le ricompense secondo il livello dei compiti assegnati, ma secondo l’amore e l’umiltà che hanno messo nell’esercitarli” (cfr da “introduzione alla vita devota” terza parte, cap.2.)