Lunedì Santo – Via Crucis dei Giovani 2025
Giovani e speranza
“La tristezza è lo sguardo rivolto verso sé stessi, la felicità è lo sguardo rivolto verso Dio”.
Alla luce della luminosa testimonianza di Carlo Acutis, tra poco dichiarato santo, vorrei riflettere con voi sul tema della speranza, tenendo come sottofondo questo passo della Scrittura: “Svegliati, tu che dormi, destati dai morti, Cristo sarà la tua luce” (Ef 5,14).
Per molti, anche tra voi giovani, la speranza oggi sembra essere la grande assente. Sono tanti, infatti, i giovani e gli adolescenti, anche vostri coetanei, coinvolti in esperienze di violenza, di guerra, di bullismo, da tante forme di disagio, afflitti dalla disperazione e dalla paura. Si sentono rinchiusi in una prigione buia, incapaci di vedere i raggi del sole. Lo dimostra anche l’alto tasso di suicidi tra i giovani, anche nei nostri ambienti.
Oggi si parla poco di speranza. Anzi, la speranza è proprio una parola che sembra essere passata di moda. Come mai? Perché è così difficile avere speranza in un tempo come il nostro?
Sperare richiede un futuro
Innanzitutto, sperare richiede che ci sia un futuro, che ci sia un tempo diverso dal presente a partire dal quale vivere e dare un senso anche a ciò che si vive nel qui e ora. Senza futuro, in cosa si può sperare? La stessa idea di speranza verrebbe meno. Si potrebbe forse parlare più vagamente di ottimismo o di sentimenti positivi, ma non di speranza.
E in effetti, una delle grandi questioni del nostro tempo è proprio questa: il futuro oggi, soprattutto per voi che siete giovani, si presenta sempre più incerto. Le cause sono molteplici e si susseguono da tempo.
Di certo, come ampiamente dimostrato, la pandemia da Covid è stata un potente acceleratore di paure. L’uso intensivo dei social network ha favorito inoltre la crescita di un’ansia generalizzata, senza nome. A ciò vanno aggiunte le guerre, vicine al nostro Paese come non lo erano da molti decenni; l’aumento costante degli effetti devastanti dei cambiamenti climatici, che preoccupano i giovani in modo particolare (eco-ansia); la crescita delle tensioni economiche tra Stati, che rendono molto difficile fare progetti di vita a lungo termine.
Dobbiamo però essere onesti: il futuro è sempre più incerto anche perché voi giovani faticate a trovare adulti che vivano una vita felice, compiuta, che possa essere di guida e di esempio.
È ormai assodato che voi giovani rischiate di incamminarvi verso il futuro dentro una società che vi offre minori possibilità di riuscita in confronto ai giovani di alcune generazioni che vi hanno preceduto. Il mondo che gli adulti vi hanno lasciato è decisamente meno promettente di quello che avevano trovato.
Che sia difficile guardare al futuro è chiaro anche dalle statistiche sulla qualità della vita: non c’è mai stata una società con un tasso di depressione così alto come la nostra società occidentale contemporanea. È noto che la depressione è la malattia del nostro tempo! Come si può dunque chiedervi di sperare, se gli adulti che dovrebbero guidarvi conducono vite mediocri, tristi, se fanno proposte non sufficientemente all’altezza dei desideri di vita piena che voi avete nel cuore?
Anche quanti dovrebbero prendersi cura della vostra vita e del vostro futuro, sembra che non riescano ad uscire dalla logica del “tutto subito”, con la sola preoccupazione di procurarsi una pura soddisfazione immediata. Siamo ormai in un clima culturale in cui trionfa la “dittatura del presente”.
Non si può sperare da soli: qualcuno deve sperare con te e in te
Un altro motivo per cui è difficile oggi parlare di speranza è che non si può sperare da soli. La speranza è sempre diffusiva, partecipata, relazionale. Da soli non si può sperare perché il peso di un mondo che sembra aver perso la ragione, il senso, la bellezza, diventa insostenibile. Una prova ne è la crescita esponenziale anche tra voi giovani di disturbi psichici e psichiatrici associati alla solitudine e all’assenza di senso che la accompagna.
Il nostro, infatti, è un tempo estremamente individualista: ci troviamo soli a condurre una vita competitiva, che sembra tendere insidie da ogni parte. L’assenza di qualcuno con cui condividere le sfide, i progetti, le bellezze e le fatiche dell’esistenza, lascia scappare ogni fiducia.
La solitudine è generata dalla sfiducia. Essa non vi aiuta a sperare. La speranza è infatti sempre figlia di una promessa relazionale a cui non si può non rispondere. Questa promessa è quella che ogni figlio chiede ai genitori, e che potremmo formulare così: “mamma, papà, assicuratemi che la vita abbia un senso, che venire al mondo ne valeva la pena!”.
Oggi so che faticate a sperare perché faticate a trovare adulti capaci di assicurare, anche con voce flebile, che questa vita vale la pena di essere vissuta e che essa è una porta che conduce a sperimentare la bellezza. So che voi tutti desiderate che la speranza in voi venga custodita, coltivata, fatta emergere!
Una Comunità cristiana che dà fiducia e promuove la capacità di relazione
Tuttavia, i cristiani, anche in un tempo così complesso, non smettono mai di sperare. Papa Francesco definisce la speranza “virtù umile”, minore, eppure fondamentale”. Non possiamo vivere senza speranza. Essa è il sale della quotidianità.
I cristiani hanno la fondata certezza della speranza innanzitutto perché credono fermamente che Cristo crocifisso e risorto, che ha sperimentato la morte, l’ha vinta, essa non ha più l’ultima parola. I discepoli del Signore sanno che, anche se il mondo è macchiato, triste e solo, la vita non smette di fiorire in virtù della morte e risurrezione di Gesù Cristo, che ci ha salvato dalla morte, dal male, dal grigiore, dal pessimismo, da quel senso di sconfitta che blocca le energie di vita. E l’espandersi di questa fioritura, come la primavera in atto proprio in queste settimane, non può essere fermata, certi che anche nel ramo che d’inverno sembra secco, in realtà si nasconde una gemma pronta a fiorire.
I cristiani sanno che la speranza è un dono di Cristo risorto, ma allo stesso tempo anche qualcosa che si può imparare, a cui ci si può educare. La speranza è alimentata dalle nostre scelte quotidiane, frutto delle nostre scelte fondate tutte sull’amore, sull’impegno, sulla solidarietà, anche costosa. È proprio l’esistenza dell’amore – che, esercitato in tante forme nel dono di sé, come la primavera, continua a fiorire, fa in modo che la speranza non può essere soffocata.
Quando il Signore Gesù vince la morte, risorgendo, è l’amore stesso che esplode sulla terra. Come discepoli del Signore, impariamo da Lui, che ci ha fatto dono della sua vita, l’arte di amare. Anche noi possiamo vivere nel modo dell’amore. Sostenuti dalla forza trasformante e vivificante dello Spirito Santo, anche noi possiamo affrontare il mondo e costruirlo con un’altra logica: quella dell’amore, del dono di noi stessi, secondo i doni ricevuti da ciascuno.
L’unica tentazione da scacciare è quella di credere che la risurrezione di Gesù non sia sufficiente, che non abbia effetti reali, che sia troppo lontana. Qualcuno potrebbe pensare: “se io mi dono, se consumo le mie forze offrendo il meglio di me stesso, chi mi garantisce che non vengo calpestato e basta?
È allora che occorre chiedere aiuto allo Spirito, colui che versa nei nostri cuori l’amore del Padre (Rm 5,5). Lasciandoci guidare dallo Spirito, se viviamo nel modo dell’amore, anche noi saremo capaci di fare dei gesti d’amore. Questi gesti ci faranno certamente perdere qualcosa – l’amore è dono di sé, consuma – ma allo stesso tempo, proprio perché non sono solamente frutto di un nostro sforzo, ma sono sostenuti da una potenza vitale divina, potremo sperimentare la forza della risurrezione (Fil 3, 10), potremo gustare il modo di una vita divina, bella, pienamente relazionale, e provare un’intima gioia.
I cristiani, quindi, non hanno paura della sofferenza del mondo, e anzi in qualche modo la condividono, ne prendono parte. La differenza è che, nell’amore, tale sofferenza è proprio ciò che consente di vivere la risurrezione, di fare esperienza di una vita che non muore, di una vita che donandosi si rigenera e si apre. È così che si riaccende la speranza.
In effetti “la Chiesa chiama la morte ‘dormizione’; come ogni sera ci abbandoniamo pacificamente al sonno, nella fiducia e nell’attesa scontata del nostro gioioso risveglio al mattino, così la Chiesa ci insegna ad abbandonarci alla morte con la stessa fiducia, nella speranza dei doni del nostro Sposo e Amante”.
Perché la speranza si rigeneri non si tratta allora di seguire moralisticamente delle convinzioni, norme, o ideologie – anche religiose –, ma di partecipare ad un modo di vivere cristiano, capace di relazioni belle, intense, arricchenti e pacificanti, nella misura in cui ci abbeveriamo alla fonte dell’acqua viva!
Proprio a partire da questa vita che non muore il futuro si riapre, il presente smette di essere una “dittatura” e l’esistenza torna ad essere felice, condivisa, bella.
La sacra Scrittura ci mette in guardia contro le false speranze, smascherando la loro insensatezza. denuncia la falsità degli idoli a cui l’uomo è tentato costantemente di riporre la propria speranza. Davanti a tante difficoltà siamo spesso tentati di ricorrere a consolazioni effimere, che sembrano riempire il vuoto della solitudine e lenire la fatica del credere. Siamo tentati di credere di trovare la nostra sicurezza nel denaro, nel piacere dei sensi, nella mondanità, idoli che alla fine si dimostrano impotenti e menzogneri, che si sciolgono come neve al sole. Non lasciatevi soffocare dalle paure, dalle preoccupazioni, dalle incombenze quotidiane, ma continuate ad alimentare la speranza con la dolce brezza dello Spirito Santo, attraverso la vostra quotidiana preghiera, che serve per alimentare e così tenere sempre accesa la scintilla della speranza.
Diventate seminatori di speranza nella vita dei vostri amici e di tutti quelli che vi circondano, riferendovi continuamente a Cristo Signore: “Ecco Colui che fu dato a speranza e che vive in eterno ed offre sé stesso fino alla consumazione dei secoli e più non muore, per amore dei suoi fratelli: Gesù, il Cristo, il Figlio del Dio vivente, Trinità santissima. In Lui Dio è amore, carità e misericordia. Guardate a Lui!
Oscar card. Cantoni