Vicariato di Lenno Menaggio

Tremezzo, 16 febbraio 2025

Abbiamo oggi la possibilità di sperimentare una bella immagine di Chiesa con questo raduno di fedeli da tutte le nostre parrocchie. Chi è la Chiesa? Un popolo radunato dal Signore risorto dai morti che celebra la sua Pasqua. “annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, in attesa della tua venuta” ci fa ripetere la liturgia dopo la consacrazione.

Un popolo, non un singolo fedele. Ciascuno con storie originali, con doni e carismi diversi, con ogni vocazione e missione. Insieme, come popolo di Dio, radunato nel suo nome, nonostante le nostre differenze.

Cade così una immagine privatistica della Messa, tanto che uno si sente a posto perché ha “preso Messa”, la sua Messa. Celebrare una Messa con pochi fedeli, magari anche sparpagliati qua e là lungo la navata della chiesa, è svilire il senso della Messa.

Ecco le sante memorabili parole di un nostro vescovo, il compianto mons. Ferraroni, che ci diceva a suo tempo: “Meno Messe, più Messa”.

La riduzione del numero delle Messe non è solo per evitare ai preti di correre via in fretta per celebrare altrove una seconda o una terza Messa, tralasciando così un incontro più personalizzato con i fedeli presenti.

È per dare dignità al popolo di Dio, che ha bisogno di sentirsi atteso, di essere accolto, di riconoscersi come popolo e non come massa indistinta, di pregare insieme, senza fretta, di sentirsi corpo di Cristo, frutto della Eucaristia che celebriamo insieme.

È l’Eucaristia che fa la Chiesa. Ed è perché ci nutriamo del medesimo pane che diveniamo un solo corpo nel Signore.

Un popolo radunato insieme, che ascolta e si nutre della Parola, con cui Dio ci viene incontro e ci ammaestra con parole di vita e di luce. Ed è lo Spirito Santo che ci illumina, così da comprenderla e farla diventare nostra, una Parola che dirige, guida, orienta il nostro modo di pensare e di scegliere.

Alla luce del vangelo di oggi, la Chiesa è chiamata a presentarsi al mondo e a definirsi come il “popolo delle Beatitudini”. Un popolo che si lascia determinare dall’orientamento di vita espresso da quelle parole così rivoluzionarie del Signore, che ribaltano la logica del mondo e non cessano di stupirci.

Proclamando beati i poveri, i sofferenti, gli affamati Gesù ci invita a imparare a riconoscere la bellezza dello sguardo di Dio che trasfigura perfino le fragilità e le sofferenze della nostra vita, fino a trasformare il dolore in speranza.

Siamo invitati a non cercare la felicità dentro tante proposte illusorie che ci vengono vendute a buon mercato dal mondo. Il Signore ci promette una felicità non effimera se ci riconosciamo bisognosi, cioè poveri davanti a lui. Se siamo capaci di condividere quel poco che possediamo con i nostri fratelli.

Celebrando l’Eucaristia, che ci fa sperimentare la nostra unità tra di noi, il Signore ci permette di fare di noi dei custodi delle Beatitudini, capaci di costruire ponti e non strumenti di divisione nelle nostre comunità, capaci di scaldare i cuori di tante persone che non possiamo lasciare nella loro solitudine e nello smarrimento esistenziale.

Ci è affidata una grande missione, che insieme sapremo affrontare con coraggio e determinazione nella misura in cui sapremo essere insieme testimoni della bontà, della misericordia, della tenerezza di Dio dentro questo nostro territorio, che ha tanto bisogno di questo messaggio di vita e di speranza.

Oscar card. Cantoni

 

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