Questa solenne Eucaristia, che celebriamo insieme in questa grande chiesa di Grosio, è il momento più intenso che viviamo come vicariato, a chiusura della visita pastorale di questi giorni, che ho definito come “lo sguardo benevolo di Dio su questo territorio e su questa gente che lo abita”.
Siete presenti, con i vostri pastori, tutti voi, rappresentanti delle diverse comunità parrocchiali, con doni e carismi diversi, quale segno di unità attraverso le varie differenze. “A ciascuno è data una manifestazione dello Spirito per il bene comune”, abbiamo ascoltato nella seconda lettura.
Abbiamo bisogno gli uni degli altri per poterci sostenere a vicenda, partecipando ciascuno al bene posseduto dall’altro, così che tra noi non c’è che scambio.
Nessuno è tanto ricco da non poter ricevere da un altro e nessuno è tanto povero da non avere nulla da donare. Vogliamo evitare qualunque occasione di campanilismo, o qualsiasi posizione di prestigio, credendoci migliori o superiori agli altri. Tutti riceviamo e godiamo ciò che lo Spirito elargisce per l’utilità comune.
Già ieri ho ricordato come nel vostro vicariato, da piccole comunità, apparentemente modeste, sono nati fratelli e sorelle che la Chiesa intende additare come autentici modelli di vita cristiana. Alludo a don Giuseppe Quadrio, salesiano e a madre Caterina Lavizzari, suora contemplativa, entrambi nativi di Vervio. Così come è bello ricordare i diversi sacerdoti nativi di vostre piccole comunità, che Dio ha scelto per il servizio del suo popolo. È la conferma dello stile di Dio, che si serve dei piccoli e degli umili per compiere le sue meraviglie di grazia.
Ascoltando poi il vangelo, che ricorda il primo dei segni con cui Gesù, durante una festa di nozze, a Cana di Galilea, ha manifestato l’irruzione del Regno di Dio nella storia umana, mediante l’acqua tramutata in vino, comprendiamo che Dio vuole vivere in festa in compagnia del suo popolo, con la stessa gioia nuziale.
Si, il nostro è veramente il Dio della gioia, e desidera che la festa dei suoi figli non abbia mai fine. Il nostro compito è quello di annunciare e trasmettere, anche alle giovani generazioni, la gioia della fede, ossia la certezza dell’amore di Dio che ci ama sempre, nonostante i nostri fallimenti nell’amore.
A volte siamo proprio noi che spegniamo il clima di gioia e di festa, interrompiamo cioè l’abbondanza di vita che Dio ci propone, a causa del nostro cuore chiuso, per le difficoltà di intesa tra persona e persona, per la nostra conflittualità orgogliosa, che deturpa una sana armonia, che fa fatica a comprendere le ragioni degli altri.
Maria, a Cana di Galilea, è la prima ad avvertire che sta per venire meno il vino nella festa di nozze e dà l’allarme a Gesù. Anche oggi Maria, che da Cristo morente sulla croce ci ha ricevuto come suoi figli, svolge il compito materno perché non venga meno la gioia della fede.
Ella interviene presso il Cristo suo figlio perché noi non soccombiamo a causa del nostro egoismo o della nostra incapacità di amare, di comprenderci, di accettarci, di camminare insieme, ma impariamo ad accoglierci fraternamente.
Chiede a ciascuno di noi di “fare ciò che Gesù ci dirà”.
È l’invito che rivolgo a ciascuno di voi perché nelle vostre comunità non venga meno il vino della gioia e della festa e così non si spenga l’amore vicendevole, il prendersi cura di tutti, perché si espanda in abbondanza l’amore di Dio.
Oscar card. Cantoni