“Innalzate canti di gioia, fate udire la vostra lode, il Signore ha salvato il suo popolo”.
“Grandi cose ha fatto il Signore per noi”.
Queste espressioni di gioia, di stupore e di gratitudine per il Signore che ama il suo popolo, proclamate nella prima lettura, ben si addicono a tutti voi, membri di questo vicariato, per questi giorni di grazia, durante i quali avete sperimentato con me la presenza forte del Signore.
Egli ci ha visitato e ci ha parlato attraverso la voce di tanti fratelli e sorelle, che si sono uniti alla mia voce di pastore e a quella dei miei fratelli sacerdoti.
La gioia e la consolazione dello Spirito Santo, che insieme abbiamo constatato, pur dentro le difficoltà che permangono e che abbiamo rilevato, sono la prova inequivocabile del fecondo passaggio del Signore tra noi, così come un giorno Egli è passato a Gerico, dando nuova vita, coraggio e speranza al cieco Bartimeo.
Egli, una volta riavuta la vista, si è subito posto alla sequela del Signore: “e subito vide e lo seguiva lungo la strada”.
Vorrei che la visita pastorale fosse ricordata come una sorprendente occasione di grazia che il Signore vi ha offerto, come ha ascoltato il grido di Bartimeo, il cieco che mendicava lungo la strada.
Vorrei augurarmi che il mio ministero episcopale fosse interpretato come il servizio rivolto a Bartimeo da coloro che gli erano vicini.
Essi, senza giri di parole, lo hanno interpellato dicendogli: “coraggio, alzati, ti chiama”. E subito, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù, non più esitante, senza aspettare oltre e con grande fiducia.
Anch’io come gli amici di Bartimeo, vi ho rivolto il medesimo invito: quello di rialzarsi, senza paura, in vista di una fede che si rinnova, per una testimonianza più coraggiosa del vangelo di Gesù, per una presenza più incisiva dentro questo territorio, per la costruzione di una comunità che osa affrontare il futuro con speranza, senza esitazioni, contando non sulle proprie forze, ma nella fiducia in Dio, che crea nuove e insperate occasioni di salvezza.
Il Signore accoglie il nostro grido di invocazione di aiuto, come un giorno ha ascoltato il grido del cieco Bartimeo: “Figlio di Davide, abbi pietà di me. Rabbuni, che io veda di nuovo”.
Fa’ che noi vediamo i segni benefici della tua presenza in mezzo a noi.
Fa’ che scopriamo e valorizziamo i multiformi segni di speranza che non mancano tra noi, attraverso le tante persone, adulte e giovani, che fanno della loro vita e delle loro competenze una occasione di fraternità.
Fa’ che insieme ci impegniamo a costruire non una nuova Chiesa, ma una Chiesa nuova, dove toccare con mano, sperimentare ogni giorno la bontà di Dio, che tutti accoglie, anche le persone ferite, e tutti valorizza, senza escludere nessuno.
“Rabbuni, che io veda di nuovo” è l’umile richiesta del cieco Bartimeo rivolta a Gesù. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”.
La fede è il grande sommo bene che dobbiamo chiedere come singoli e come comunità per prima cosa.
“La tua grazia, vale più della vita”, ripetiamo spesso con un salmo. Prima ancora di altri beni, pur necessari, è la fede che dobbiamo chiedere con insistenza come il dono più grande e indispensabile.
Attraverso di essa sapremo intravvedere e proclamare la gloria di Dio che si manifesta anche attraverso le situazioni più drammatiche e dolorose della vita, come la morte di persone care.
La fede che vince il mondo e che ci aiuta a vivere con il Signore risorto e testimoniare la sua fedeltà nei confronti di ciascuno di noi.
Coraggio, quindi, e in cammino…
Oscar card. Cantoni